La Redazione ringrazia il sen. Luigi D’Ambrosio Lettieri (Componente della Commissione Sanità del Senato) per l’intervista rilasciata a NurseTimes, giornale online di specifico settore sanitario – infermieristico.
Il Sen. D’Ambrosio Lettieri, già segretario della 12a Commissione Igiene e Sanità del Senato recentemente ha indirizzato una lettera aperta (VEDI) al prof. Bevere (Direttore Generale dell’Agenas) chiedendo in sostanza di dedurre l’attendibilità e il confronto con i dati in disponibilità dell’Agenas presentati dal Governatore della Puglia Emiliano sulla sanità pugliese emersi da uno studio commissionato dalla Puglia all’Istituto Superiore S. Anna di Pisa (VEDI).
Senatore D’ambrosio Lettieri:
D. Qual è la situazione reale della sanità pugliese?
La regione Puglia si colloca complessivamente, a livello nazionale e nel confronto con le regioni con risultati mediamente peggiori rispetto alla media nazionale e con livelli di variabilità intra-regionale fra i più elevati. Per quanto riguarda i Livelli essenziali di assistenza, dal Rapporto Agenas 2015 (VEDI) emergono alcune inadempienze e criticità in relazione a prevenzione (coperture vaccinali in bambini a 24 mesi per una dose di vaccino contro morbillo, parotite, rosolia e screening oncologici); DRG ad elevato rischio di inappropriatezza; riorganizzazione delle rete delle strutture pubbliche e private eroganti prestazioni specialistiche e di diagnostica di laboratorio; percorso diagnostico terapeutico assistenziale del paziente oncologico; gestione del rischio clinico e sicurezza dei pazienti; percorso nascita, prevenzione in sicurezza alimentare e sanità pubblica veterinaria.
In sintesi, siamo di fronte ad una regione che non ha potenziato la rete della prevenzione, della presa in carico della cronicità e delle cure domiciliari. La popolazione invecchia ed esige risposte adeguate per affrontare malattie croniche e degenerative, ma la sanità pugliese non può rispondere a questa domanda in modo efficace e omogeneo sul territorio anche perché la continuità ospedale-territorio attraverso i servizi sanitari territoriali, la gestione delle prestazioni specialistiche e l’attivazione di percorsi diagnostici appropriati, insieme a quelli terapeutici, è debolissima.
Vi sono forti criticità legate anche all’emergenza-urgenza 118, al percorso oncologico, alla terapia del dolore e alle liste di attesa. Tutto ciò alimenta la mobilità passiva, il ricorso al privato a causa di ticket inaccettabili e anche la rinuncia a curarsi, soprattutto dalla fascia più fragile della popolazione. Si tratta di dati emersi dal Programma Nazionale Esiti dell’Agenas che, in quanto ente pubblico di riferimento di Stato e Regioni nelle politiche di governo dei servizi sanitari attraverso attività di ricerca, monitoraggio, valutazione, formazione e innovazione, presenta ogni anno appunto il PNE, un prezioso strumento operativo per le regioni, compresa la Puglia, dove vengono messe a nudo le forti criticità della sanità, in questo caso, pugliese evidenziando con il rigore dei numeri dati per lo più negativi già percepiti dalla comunità. Ora, anche lo studio Sant’Anna – che mi auguro non abbia comportato esborso economico da parte della Regione e quindi della collettività – evidenzia, in contrasto con la lettura positiva fatta dal presidente della giunta regionale pugliese nella conferenza stampa di presentazione, lo stato di grande affanno di una sanità ancora ospedalocentrica, non sempre propriamente efficiente, e non certo per demeriti degli operatori sulla cui abnegazione e competenza, invece, si regge.
D. In Puglia è in corso un piano di riordino della rete ospedaliera che vedrebbe ancora la riduzione dei posti letto, in realtà già al di sotto degli standard nazionali, tagliando probabilmente servizi ai cittadini pugliesi, quale sarebbe la sua visione di riforma sanitaria regionale?
La Puglia presenta una variabilità intra-regionale estremamente elevata con evidenti problemi di equità di accesso alle cure. E’ un punto importante da tenere presente nella riorganizzazione della rete ospedaliera che deve puntare alla eliminazione della forte frammentazione delle attività. I posti letto non devono essere ridotti, ma accorpati puntando all’eccellenza. E’ necessario aumentarli soprattutto in relazione alla lungodegenza. La soluzione, innanzitutto, non può essere quella di chiudere ospedali e tagliare posti letto tout court senza avviare un concreto, efficiente e serio piano di attivazione di servizi territoriali. La Puglia ha il dovere di assicurare una dotazione di 3,7 posti letto per mille abitanti, comprensivi degli 0,7 posti letto per mille abitanti da destinare alla riabilitazione e alla lungodegenza post-acuzie. Il taglio di ulteriori posti comporterebbe il mancato rispetto dei livelli essenziali di assistenza – che già oggi sono compromessi come ha evidenziato anche una inchiesta sull’efficienza e l’efficacia del Ssn realizzata in Commissione Sanità del Senato di cui sono stato promotore – l’incremento della mobilità passiva e la contrazione delle risorse nella ripartizione del Fondo Sanitario Nazionale a favore di altre regioni. Detto questo, occorre lavorare su efficienza, economicità e appropriatezza, le tre parole d’ordine per restituire un modello virtuoso al sistema senza tagliare diritti. Assegnare agli ospedali le risorse umane e le dotazioni strumentali in linea con l’innovazione tecnologica adeguate ai fabbisogni, garantendo, attraverso la gestione efficace della manutenzione ordinaria e straordinaria, l’efficienza della struttura è condizione essenziale. La riorganizzazione della rete ospedaliera deve tenere conto, inoltre, dei bacini di utenza e dei fabbisogni, poggiandosi su una solida rete di servizi articolati per patologia. Come accennavo sopra, non si può poi pensare di cambiare il volto di una sanità ospedalocentrica senza il contestuale potenziamento dei servizi territoriali in una logica di continuità assistenziale che contribuisca a fare da filtro al flusso in entrata e in uscita dagli ospedali. Spesso, il paziente dimesso che ha bisogno di un percorso terapeutico o riabilitativo adeguato alla sua patologia, non sa a che santo votarsi. Le cosiddette “dimissioni protette” e un percorso di accompagnamento gioverebbero al paziente, ma anche all’intero sistema e alla comunità.
Sarebbe molto utile anche lavorare, attraverso il potenziamento di una rete di collaborazione interprofessionale, all’adozione di strumenti idonei che concorrano ad ottimizzare l’uso dei farmaci, migliorare l’aderenza alle terapie, ridurre gli effetti collaterali e gli sprechi, producendo di fatto un ritorno positivo del capitale pubblico impiegato per fornire prodotti e servizi adeguati ai cittadini.
D. Quanto importante è la figura dell’infermiere in questo contesto di riorganizzazione dei servizi e della rete territoriale?
Ricercare nuove e più efficaci sinergie organizzative per potenziare i servizi sanitari territoriali, soprattutto in relazione all’assistenza domiciliare integrata, è essenziale, a mio parere. L’interazione tra istituzioni, le diverse figure che operano in ambito sanitario come i medici, gli infermieri, i farmacisti, e i pazienti, rappresenta il percorso giusto su cui costruire un sistema efficiente ed efficace. Una nuova governance sanitaria, dunque, dipende necessariamente anche da un più efficace livello di collaborazione tra gli operatori e dalla loro partecipazione attiva ai processi decisionali che riguardano l’evoluzione del nostro sistema sanitario in una logica di sostenibilità, solidarietà ed equità.
Questa strada va compiuta in una logica di condivisione fra tutti gli stakeholder della sanità, nel rispetto del ruolo e delle competenze di ciascuno. Il problema è governare la spesa, garantendone la qualità, attraverso l’introduzione di sistemi adeguati di appropriatezza che puntino all’efficientamento delle terapie e a migliorare i livelli di aderenza e continuità terapeutica.
D. Tornando alle politiche nazionali, la legge sulla stabilità porta con sé gli emendamenti sul Rischio clinico e responsabilità professionale, tanto attesa perché dovrebbe liberare risorse da destinare alle assunzioni di medici e infermieri, a che punto siamo?
Come è noto, la legge di stabilità – che ha visto il nostro voto contrario – lascia fuori la responsabilità professionale. In un primo momento il Governo aveva inteso trasferire nella manovra finanziaria l’intero impianto del ddl sulla responsabilità professionale, ritenendo, a mio parere impropriamente, di poter destinare gli auspicati, ma assolutamente incerti benefici economici, alla copertura del piano assunzionale di medici e infermieri per far fronte alla entrata in vigore della normativa europea sull’orario di lavoro. E’ evidente, come più volte ho avuto modo di sottolineare, che la Ragioneria dello Stato non deve aver dato il disco verde a questa ipotesi, considerato che si parlava di risparmi – da destinare allo sblocco del turn over necessario per rispondere alle criticità legate alla carenza di organico – incerti e dunque non fruibili immediatamente, oltretutto derivanti da una legge non ancora approvata. Sul piano assunzionale, a mio parere, questa legge di Stabilità propone soluzioni assolutamente inadeguate e rischia di diventare un bluff, lasciando alle regioni il compito di trovare le coperture necessarie, senza tuttavia destinare risorse aggiuntive e certe, è facile intuire come la strada non sia spianata. Sono proprio le stesse Regioni, come ad esempio la Puglia, a evidenziare i forti limiti, nonché le ampie contraddizioni del provvedimento rimettendo come già abbiamo visto la palla nel campo del Ministero della Salute. Come pure resta incomprensibile in che modo si potrà rispondere ai reali fabbisogni degli ospedali con un numero risicato di assunzioni, molte delle quali – ammesso che ciascuna Regione trovi le risorse – saranno il frutto di rapporti di lavoro precari già in essere. Per non parlare delle modalità con cui le stesse Regioni proveranno a trovare risorse utili. La Puglia sino ad oggi non ha brillato per lotta agli sprechi, ma luccica a dismisura per l’aumento delle tasse.
Il ddl sulla responsabilità professionale, approvato qualche giorno fa alla Camera, continuerà il suo iter al Senato – dove presenteremo alcune proposte migliorative – nel segno di un confronto costruttivo e un impegno super partes e mi auguro, come auspica il suo relatore, l’on. Gelli, che possa trovare approvazione entro la prossima primavera. Dobbiamo certo guardare alla situazione complessiva, considerato che non può sfuggire a nessuno che il rischio professionale aumenta laddove maggiori sono le criticità del sistema, soprattutto sotto il profilo della carenza di personale.
Giuseppe Papagni
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