…di Veneranda Aurelio
Abstract
Il posizionamento del catetere venoso ombelicale (CVO) nel neonato critico o estremamente prematuro ha lo scopo di garantire un accesso vascolare immediato per stabilizzare le funzioni vitali attraverso la somministrazione di liquidi, farmaci e nutrizione parenterale totale.
Il ruolo degli infermieri nella gestione dei cateteri ombelicali richiede una preparazione specifica ed una accurata presa in carico.
La formazione, individuale e multidisciplinare, garantisce cure di qualità e risultati in termini di prevenzione delle complicanze e di sopravvivenza.
Lo scopo di questo lavoro è quello di descrivere lo stato dell’arte nella gestione dei cateteri venosi ombelicali e di proporre un inquadramento generale della tematica rivolgendo particolare attenzione alle strategie di cura e di prevenzione delle complicanze.
Obiettivo secondario è quello di fornire uno strumento di riferimento per tutti coloro che per la prima volta si approcciano ad un neonato critico o molto prematuro.
Keywords: Umbilical Venous Catheter position, umbilical venous catheter complications
Introduzione
Il cordone ombelicale è una formazione anatomica decidua, quindi temporanea, contenente i vasi sanguigni di collegamento tra feto e placenta.
Alla nascita, il cordone o funicolo ombelicale, misura mediamente 50-60 centimetri in lunghezza e 20 mm in diametro.
La sua presenza permette il trasferimento di gas ed altre sostanze tra madre e feto, senza che vi sia uno scambio diretto tra il sangue dei due organismi.
Al suo interno, il cordone ombelicale, contiene tre vasi sanguigni: una vena e due arterie.
Strutture che nel feto compiono una funzione diversa rispetto a quella degli adulti: la vena ombelicale è la struttura che apporta il sangue ossigenato dalla placenta al feto, mentre l’arteria porta sangue contenente rifiuti (anidrite carbonica, urea) espulsi dal feto verso la placenta, ossia dopo che il feto ha estratto dal sangue della vena ombelicale l’ossigeno e i nutrienti necessari per il proprio sviluppo.
In media la portata ematica del cordone può arrivare fino a 30 litri giornalieri.
Le fibre dei vasi sanguigni ombelicali sono particolarmente ricche di cellule muscolari; il significato fisiologico di questa caratteristica è insito nella necessità di interrompere rapidamente il flusso sanguigno in caso di rottura del cordone ombelicale.
I vasi, inoltre, sono immersi in un tessuto connettivo mucoso (gelatina di Warthon), che li avvolge e li protegge, traendo nutrimento per via interstiziale.
Il primo utilizzo della vena ombelicale risale a circa 70 fa ad opera di Louis K. Diamond, quando alcuni neonati, affetti da eritroblastosi fetale, furono trattati con exsanguinotrasfusione per via ombelicale (1).
Indicazioni
Il cateterismo dei vasi ombelicali è divenuto una delle principali procedure nelle terapie intensive neonatali; esso consente un accesso vascolare rapido, indolore ed affidabile per i neonati ad alto rischio.
Il suo utilizzo permette la somministrazione di liquidi ed emoderivati, concentrazioni di glucosio > 10%, farmaci inotropi, calcio e bicarbonato nonché un mezzo per le determinazioni degli esami di laboratorio ed un accurato monitoraggio della Pressione Venosa Centrale (PVC).
La procedura non è particolarmente complessa, tuttavia il suo impiego può generare complicanze a volte anche fatali per il neonato.
Sia il posizionamento che la gestione del catetere richiedono la formazione di tutti gli operatori sanitari per prevenire o ridurre i rischi connessi alla sua permanenza in situ.
La procedura è completamente indolore e non richiede alcuna sedazione, in quanto il moncone è privo di terminazioni nervose, ma è importante eseguirla in tempi non troppo lunghi per non sottoporre il neonato a stress inutili e a perdita di calore soprattutto nei neonati con peso alla nascita estremamente basso.
E’ fondamentale a tal proposito utilizzare un riscaldatore radiante che consentirà al neonato di mantenere un’adeguata temperatura corporea.
Tipologia di catetere ombelicale
Per cateterismo venoso ombelicale si intende il posizionamento di un catetere di varie dimensioni all’interno della vena ombelicale prima che il flusso venga interrotto in seguito al clampaggio del funicolo, con lo scopo di assicurare un accesso vascolare sicuro e far fronte alle condizioni critiche in cui versa il piccolo paziente.
La scelta della tipologia del catetere dipende dal peso alla nascita nel neonato e dalle sue condizioni di salute: per un peso inferiore ai 1500 gr si utilizzerà un catetere di grandezza 3.5 Fr; se il peso supera i 1500 gr si utilizzerà un catetere da 3.5 Fr a 5 Fr.
La scelta tra il mono lume e il bi-lume dipende dalla criticità del neonato, dalla tipologia e dalla quantità dei farmaci che verranno somministrati (farmaci, fluidi o exsanguinotrasfusione).
I materiali che costituiscono i dispositivi intravascolari tra i quali i cateteri ombelicali possono essere correlati a complicanze trombotiche e infettive.
I cateteri in PVC o in poliuretano (PUR) sono stati associati ad una riduzione di queste complicanze, essi sono costituiti da materiali emocompatibili che riducono il rischio trombogenico ed evitano il rilascio di plastificanti.
Tuttavia il catetere deve essere posizionato solo se strettamente necessario, per un uso terapeutico o diagnostico limitato, e rimosso nel più breve tempo possibile.
Le Linee-guida CDC 2011 (Centers for Disease Control and Prevention) per la prevenzione delle infezioni catetere-correlate raccomandano la permanenza in situ del catetere per non più di 14 giorni.
Una volta inseriti, per evitare il dislocamento, i cateteri vengono ancorati con un filo di sutura non riassorbibile alla gelatina di Warthon, per non creare lesioni al moncone ombelicale.
Controindicazioni assolute al posizionamento del CVO
Le principali controindicazioni al posizionamento del catetere venoso ombelicale riguardano le patologie a carico dell’addome, che richiedono un’incisione sopra l’ombelico:
- Le infezioni:
- onfalite;
- enterocolite necrotizzante;
- peritonite;
- I difetti della parete Addominale:
- Onfalocele;
- Gastroschisi.
- La fistola ombelicale.
Inserimento
Durante l’inserimento del catetere il neonato viene posizionato supino.
Il posizionamento sul lato destro tuttavia risulta ben tollerato ed inoltre contribuisce a ridurre il mal posizionamento nel sistema portale (12).
La preparazione del sito andrà effettuata con un’accurata antisepsi del moncone, che risulta essere una delle più importanti misure da mettere in atto per prevenire le infezioni associate ai dispositivi intravascolari.
Prima di effettuare l’antisepsi, la pelle dovrà essere detersa accuratamente in modo da rimuovere qualsiasi materiale organico.
Studi hanno dimostrato che la soluzione di clorexidina al 2% è risultata più efficace nel ridurre le infezioni catetere correlate rispetto allo iodio-povidone.
Particolare attenzione nella disinfezione della cute viene posta nel caso si trattasse di un neonato prematuro; dopo l’antisepsi la cute andrà lavata con acqua sterile o soluzione di sodio cloruro 0.9% per evitare che l’azione chimica della soluzione alcolica leda la cute del neonato.
Sarebbe altresì indicato, evitare l’utilizzo dello Iodio-povidone per gli effetti tossici che quest’ultimo provoca a danno della tiroide.
La metodologia comunemente utilizzata per guidare l’inserzione del catetere è rappresentata dall’utilizzo di monogrammi basati sulla lunghezza del neonato e sulla distanza spalla-ombelico (13) oppure prendendo in esame il peso alla nascita e la lunghezza del catetere (14).
Grazie a questi metodi, i cateteri vengono fatti avanzare alla cieca fino alla lunghezza prestabilita.
Nonostante la procedura d’inserimento risulti indolore è indispensabile che il neonato rimanga immobile per facilitare l’introduzione del catetere e per ridurre i tempi necessari alla manovra.
A tal proposito andrebbero messe in atto tutte le misure possibili per assicurare il maggior confort del neonato quali somministrazione di soluzione glucosio al 33% per os o l’uso del ciuccio.
Vanno inoltre monitorizzati la frequenza cardiaca, la saturazione dell’ossigeno e il colorito delle estremità.
Precauzioni
Controllare sempre il posizionamento del catetere prima di effettuare l’exsanguinotrasfusione (che non potrà essere effettuata se la punta del catetere si proietta nel sistema portale o nelle vene intraepatiche).
Una volta posizionato, il catetere non và mai sfilato e reinserito.
Non infondere soluzioni ipertoniche se la punta del catetere non è localizzata a livello della vena cava inferiore.
Non lasciare aperta l’estremità del catetere (rischio di embolo gassoso). Posizionare in neonato supino o in posizione laterale per le 24 ore successive alla procedura.
Se clinicamente indicato il bambino può essere posizionato prono passate le 24 ore (e su prescrizione medica); Assicurarsi che il catetere non faccia trazione. Valutare e documentare il moncone ombelicale per sanguinamento o iniziali segni di infezione. La permanenza oltre il 14 giorno necessita di motivazione reale. Osservare e segnalare eventuali segni di complicanze.
La documentazione della posizione del CVO è imperativa.
Complicanze
La procedura per l’inserimento, le dimensioni e la tipologia del catetere, così come la corretta posizione, il farmaci somministrati, il tempo di permanenza in situ, la gestione e la formazione del personale sono i principali fattori che influenzano il rischio di complicanze connesse al catetere ombelicale (24).
Nonostante il rispetto delle norme di sterilità adottate, la presenza del catetere espone il neonato ad un aumentato rischio, che risulta essere direttamente proporzionale alla durata della permanenza in situ.
La valutazione giornaliera della reale necessità di mantenere il CVO è fondamentale, questo per procedere alla rimozione quando lo stesso non risulta più essenziale per la cura del neonato. Il posizionamento errato del CVO è ben riportato in letteratura e associato a numerose e gravi complicazioni. (3,4,5,7,17-22)
L’errato posizionamento del catetere ombelicale può contribuire ad una riduzione della gittata cardiaca (23), all’insorgenza di aritmie (24) alla formazione di trombi e stenosi potenzialmente pericolosi o a lesioni interne da decubito che possono avere anche conseguenze drammatiche.
Ragion per cui, una volta posizionato, il controllo radiografico è d’obbligo.
Tra le complicanze rientrano inoltre:
- Infezione;
- Tromboembolismo;
- Tromboflebite;
- Perdite ematiche: dal moncone ombelicale o per disconnessione del catetere;
- Mal posizionamento del catetere nel cuore o nei grossi vasi:
- perforazione del muscolo cardiaco;
- versamento pericardico/tamponamento cardiaco;
- aritmia cardiaca;
- endocardite trombotica;
- infarto emorragico polmonare;
- Idrotorace;
- Mal posizionamento del catetere nel sistema portale:
- enterocolite necrotizzante o perforazione del colon;
- necrosi epatica (trombosi delle vene epatiche o infusione di soluzioni ipertoniche o vasospastiche nel tessuto epatico);
- cisti epatiche;
- ipertensione portale e varici esofagee;
- perforazione del peritoneo;
- Rottura e migrazione del catetere;
- Migrazione di frammenti del catetere.
I criteri per una corretta gestione e mantenimento del catetere comprendono:
- la misura del catetere (proporzionata al peso del neonato);
- la verifica del corretto posizionamento attraverso il controllo radiografico;
- la misura del catetere dalla rima ombelicale/addominale;
- l’appropriatezza del posizionamento del catetere nel neonato;
- la compatibilità dei farmaci e dei liquidi con l’accesso ombelicale;
- la verifica del ritorno venoso attraverso la linea infusionale.
Gestione del catetere
La principale azione da mettere in atto al termine della procedura è il controllo radiografico (2,6,15) che assicura la corretta posizione del catetere e dunque ci permette di procedere con l’utilizzo dello stesso.
Se il controllo radiografico non mostra una posizione chiara si potrà ricorrere ad un secondo controllo in proiezione laterale.
La posizione ideale è alla giunzione fra vena cava inferiore e atrio destro (posizione corretta a livello di T8-T9), e comunque lontana dall’origine dei vasi epatici e della vena porta. La gestione del neonato portatore di CVO è un’attività infermieristica complessa, ed è fondamentale che gli infermieri siano adeguatamente formati per prendersi cura del piccolo paziente anche nel caso in cui dovessero sopraggiungere situazioni d’emergenza legate alla presenza del catetere, come l’occlusione, la dislocazione e la migrazione dello stesso.
I neonati dovranno essere valutati giornalmente per monitorare eventuali segni e sintomi di complicanze; il monitoraggio include la palpazione del sito di inserzione e l’ispezione visiva, l’annotazione di eventuali rialzi febbrili, dolore o dolorabilità addominale o ombelicale, rossore e/o sanguinamento.
La corretta gestione del catetere ombelicale, come tutti i cateteri venosi centrali, prevede la messa in atto di tutte quelle azioni volte a ridurre i rischi connessi alla permanenza in situ del catetere.
L’igiene delle mani è la principale precauzione da osservare, dovrà essere evitato rigorosamente lo smalto, le unghie artificiali e gli anelli inoltre, ogni contatto con il catetere avverrà applicando le massime precauzioni sterili e di barriere.
Gestione delle vie infusionali
E’ necessario evitare o limitare il più possibile le aperture del circuito infusivo.
Le porte di accesso al sistema devono essere sempre pulite con alcool 70% o con clorexidina. In caso di CVO con due o più lumi, usare il minor numero di vie necessarie per la gestione della terapia, dedicando un lume esclusivamente alla NPT.
Sostituire la linea infusionale usata per la NPT ogni 24 ore in coincidenza della sostituzione della sacca, per le infusioni di sangue ed emoderivati usare un deflussore per ogni sacca e non infondere nella via utilizzata per la NPT.
Verificare sempre la compatibilità tra farmaci somministrati nella stessa via. Sostituire la linea infusionale (deflussori, prolunghe e rubinetti a tre vie) ogni 72 ore.
Il set di misurazione della PVC mediante utilizzo di astina graduata va sostituito ogni 48 ore se utilizzato in concomitanza di infusioni standard, ogni 24 ore in caso di infusioni lipidiche.
Il deflussore, tra una misurazione e l’altra, non deve essere disconnesso dal CVO ma lasciato al letto del paziente per un utilizzo successivo. Se non ci sono altre infusioni in corso va rinnovato ad ogni rilevazione del parametro.
Rimozione del catetere venoso ombelicale
Il CVO deve essere rimosso quando è venuta meno l’indicazione che ha portato al suo inserimento, quando si ha un’occlusione che non risponde a disostruzione endoluminale, in caso di rottura o dislocazione della punta, quando si verifica una sepsi catetere-correlata, in presenza di trombosi venosa sintomatica (raccomandabile prima della rimozione uno studio ecodoppler per escludere la presenza di coaguli sull’apice). Non è raccomandata la coltura routinaria della punta del CVO.
Questa tecnica trova indicazione per un completamento diagnostico nei casi di rimozione del catetere per sospetta infezione.
Potrebbe essere necessario applicare una garza imbevuta con 0,9% di NaCl al moncone ombelicale per ammorbidirlo; applicare per 15 min. Disinfettare il moncone con clorexidina.
Tagliare il filo di sutura facendo attenzione a non ledere il catetere.
Estrarre delicatamente il catetere con trazione lenta e costante e controllarne l’integrità. Inviare la punta del catetere per la cultura solo se si sospetta infezione. Osservare attentamente il sito nelle ore successive alla rimozione del CVO e documentare eventuali segni di sanguinamento.
Nel caso in cui dovesse verificarsi, premere con decisione appena sopra l’ombelico o tamponare con un pizzico tra pollice e indice. Lasciare il neonato in posizione supina e senza pannolino, evitare la pronazione per le 4 ore successive per meglio osservare il sito ombelicale.
Controllo delle infezioni
La patogenesi delle CRBSI è legata anche alla migrazione della flora cutanea attraverso il sito di ingresso percutaneo. Particolare attenzione va posta alle connessioni degli apparati di infusione per il rischio di grave emorragie e sepsi, motivo per il quale la profilassi si deve basare sul rispetto scrupoloso delle norme di asepsi durante il posizionamento e durante la gestione, piuttosto che sulla copertura antibiotica (10,11).
Sono inoltre necessari scrupolosi controlli microbiologici, compreso l’esame del catetere alla rimozione quando si sospetta un infezione in atto.
La stabilizzazione del catetere ombelicale risulta essere una manovra efficace nel prevenire la flebite, la migrazione del catetere e la dislocazione, e può essere vantaggiosa nella prevenzione delle CRBSI.
Per ottenere la riduzione delle infezioni riveste un ruolo cruciale la messa a punto di programmi ben organizzati di formazione degli operatori sanitari, così come il monitoraggio e la valutazione della qualità dell’assistenza.
Studi condotti nelle ultime quattro decadi hanno costantemente dimostrato che il rischio di infezione decresce standardizzando i protocolli di asepsi e che l’impianto e la gestione dei cateteri intravascolari da parte di personale non sufficientemente esperto può aumentare il rischio di colonizzazione del catetere e quindi il rischio di CRBSI (10,11).
La presenza di un team specializzato ha una sicura efficacia nel ridurre l’incidenza di CRBSI, delle complicanze ad esse associate e dei costi. Inoltre il rischio di infezione aumenta con la riduzione del personale infermieristico sotto un livello critico (carenza di organico). Non sono invece stati rilevati aumenti delle infezioni nei neonati portatori di catetere ombelicale bi-lume rispetto a quelli monolume (25).
Le liste di controllo e raccomandazioni pubblicate per garantire la diminuzione dei tassi di CRBSI includono la pulizia delle mani prima (e dopo) il posizionamento, le massime precauzioni di barriera (MSB) e la valutazione giornaliera della necessità di lasciare in situ il catetere (4).
L’igiene delle mani, la gestione del catetere e un protocollo appropriato di asepsi durante le manipolazioni del catetere forniscono una protezione efficace contro le infezioni.
Conclusioni
Sebbene il moncone ombelicale costituisca un sito particolarmente colonizzato dai batteri subito dopo la nascita, la cateterizzazione dei vasi ombelicali è spesso usata come accesso vascolare nei neonati.
L’assenza di linee guida specifiche per la cura ed il mantenimento dei cateteri ombelicali potrebbe portare il personale ad una errata gestione degli stessi. A tal proposito, uno studio è stato condotto con l’obiettivo di valutare la fattibilità dell’attuazione di linee guida (LG) per la standardizzazione dell’ uso dei cateteri ombelicali e del loro impatto sull’incidenza delle infezione e sull’uso delle risorse (11).
Data la severità delle conseguenze legate alle infezioni catetere-correlate, tutti gli sforzi possibili devono essere attuati per ridurne il rischio (10), che, nei pazienti portatori di CVO, è sovrapponibile a quello dei pazienti con altri tipi di cateteri centrali ma con una maggiore prevalenza di infezioni localizzate nel fegato e nel cuore.
Il ruolo infermieristico nella gestione del catetere ombelicale è fondamentale e richiede una preparazione adeguata e specifica per la particolarità e la delicatezza del caso. Questo permetterà di gestire i neonati con le dovute cautele, garantendo la sicurezza dell’assistenza e la qualità delle cure.
Raccomandazione CDC 2011
Educazione, Training e Personale
Tabella 1.
Azioni | Categoria | |
1 | Educare il personale sanitario sulle indicazioni dei cateteri intravascolari, sulle procedure corrette per l’impianto e la gestione dei cateteri intravascolari e sulle misure di controllo corrette atte a prevenire le infezioni correlate a catetere intravascolare | Categoria IA |
2 | Rivalutare periodicamente le conoscenze e l’aderenza alle linee guida di tutto il personale coinvolto nell’impianto e gestione dei cateteri intravascolari | Categoria IA |
3 | Affidare l’impianto e la gestione dei cateteri intravascolari periferici e centrali soltanto a personale addestrato che abbia dimostrato competenza in queste manovre. | Categoria IA |
4 | Assicurare appropriati livelli di preparazione nel personale infermieristico delle Terapie Intensive. Studi osservazionali suggeriscono che una percentuale troppo elevata di infermieri non
specificamente addestrati alla gestione dei CVC e/o un elevato rapporto pazienti/infermieri si associa nelle Terapie Intensive ad un aumento della incidenza di CRBSI |
Categoria IB |
Tabella 2. (Sommario delle Raccomandazioni)
Azione | Categoria | |
1 | Rimuovere, senza riposizionarlo, qualunque catetere arterioso ombelicale che si associ a segni di infezione batteriemica o insufficienza vascolare nelle estremità inferiori o trombosi | Categoria II |
2 | Rimuovere, senza riposizionarlo, qualunque catetere venoso ombelicale che si associ a segni di infezione batteriemica o trombosi | Categoria II |
3 | Non si possono formulare raccomandazioni riguardo alla opportunità di tentare di salvare un catetere ombelicale infetto somministrando antibiotici attraverso il catetere | Problema irrisolto |
4 | Pulire il sito di inserzione dei cateteri ombelicali con un antisettico prima dell’impianto del catetere. Evitare la tintura di iodio a causa dei suoi potenziali effetti indesiderati a carico della tiroide del neonato. Altri prodotti contenenti iodio (es. iodo-povidone) possono essere usati | Categoria 1B |
5 | Non usare antibiotici topici (unguenti o pomate) sul sito di impianto dei cateteri ombelicali,poiché potrebbero favorire la insorgenza di infezioni fungine o resistenze batteriche | Categoria 1A |
6 | Aggiungere basse dosi di eparina (0.25—1.0 U/ml) alle soluzioni infuse attraverso i cateteri arteriosi ombelicali | Categoria IB |
7 | Rimuovere i cateteri ombelicali non appena possibile, quando non sono più necessari, o quando compare qualunque segno di insufficienza vascolare alle estremità inferiori. Idealmente i cateteri arteriosi ombelicali non dovrebbero essere lasciati in situ per più di 5 gg | Categoria II |
8 | I cateteri venosi ombelicali dovrebbero essere rimossi non appena possibile, quando non più necessari, ma possono essere usati fino a 14 giorni se gestiti in modo asettico | Categoria II |
9 | Un catetere ombelicale può essere sostituito se mal funzionante, a patto che non vi sia altra indicazione alla rimozione del catetere e che la durata totale della cateterizzazione non abbia superato i 5 giorni per i cateteri arteriosi ombelicali o i 14 giorni per i cateteri venosi ombelicali | Categoria II |
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