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La malnutrizione nell’anziano

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Alla vigilia della chiusura di Expo2015 si può affermare che finalmente quest’anno si è cominciato a capire l’importanza di avere una sana alimentazione.

Il cibo è un potentissimo strumento a nostra diposizione, ma che dobbiamo imparare ad usare con attenzione. Al giorno d’oggi, con l’allungarsi della vita media, vi è di pari passo l’aumentare di patologie croniche che insieme ad altri fattori come quelli ambientali e sociali, vanno a condizionare in maniera significativa la vita degli anziani che sempre più spesso si confrontano con la realtà ospedaliera.

Spesso l’impatto con l’ospedale per queste persone diventa un vero e proprio trauma: portando ad una vera e propria sindrome nosocomiale con depressione e preoccupazione riguardo al proprio stato di salute. Le difficoltà incontrate sono dovute tra l’altro a fattori di rischio che vanno da una predisposizione individuale, problematiche economiche, solitudine e perdita del ruolo sociale, nonché alla presenza di problemi psicologici. Tutti questi fattori possono facilmente determinare, in assenza di adeguati interventi preventivi, uno stato di malnutrizione ossia uno stato di alterazione funzionale e strutturale conseguente alla discrepanza fra fabbisogno e introito alimentare che può andare ad aggravare uno stato di salute di per se già precario e andare dunque ad incidere sul tasso di mortalità.

La malnutrizione può dividersi in denutrizione: cioè un’alimentazione deficitaria con il conseguente consumo delle riserve e dei nutrienti dell’organismo oppure una ipernutrizione ossia un introito di calorie superiore al fabbisogno giornaliero del corpo per svolgere le sue attività. Le conseguenze della malnutrizione possono essere moltissime: anoressia, astenia, apatia, dimagrimento, perdita di massa e forza muscolare (rischio di cadute), fragilità ossea ( aumento delle fratture) aumentato rischio di infezioni, alterazioni psico-cognitive, alterazioni del metabolismo glucidico (ipoglicemia, iperglicemia da stress), aumento del rischio d’insorgenza di lesioni da decubito per le persone con una mobilità ridotta, insorgenza di patologie cardiovascolari, tra le prime cause di morte nei paesi sviluppati.

Sebbene l’alimentazione rappresenti un bisogno fondamentale della persona e la mancata soddisfazione di tale bisogno incida in maniera rilevante sullo stato di salute, nella realtà, anche ospedaliera, la nutrizione diviene un aspetto scarsamente considerato nella sua interezza: nella pianificazione delle cure mediche e in quella infermieristica è considerata solo se dipende da cause patologiche.

Gli infermieri ricoprono un ruolo fondamentale nell’assicurare alla persone assistite una buona alimentazione, mediante specifiche attività quali, ad esempio, l’esame dello stato nutrizionale, la gestione e il monitoraggio delle terapie nutrizionali; l’educazione, estesa anche alla famiglia e alla comunità, al rispetto delle indicazioni delle diverse diete e, più in generale, ai principi di una sana alimentazione.
L’ospedale rappresenta un ambito rilevante per l’assistenza infermieristica al bisogno di alimentazione, poiché le condizioni correlate alla malattia acuta e ai trattamenti diagnostici e terapeutici programmati durante la degenza rappresentano fattori che spesso espongono la persona assistita ad un problema nutrizionale.
Nel paziente ospedalizzato, infatti, rappresenta la patologia associata più frequente e in grado di condizionare il decorso e la prognosi della malattia principale.

Semplici accorgimenti come la misurazione della plica sottoscapolare, la circonferenza del polpaccio, la circonferenza mediana del braccio e la plica tricipitale possono fare la differenza su un fattore che incide in maniera rilevante sui costi del SSN.

Ida Baiano

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