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La libertà è terapia: come evitare la contenzione?

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La pratica della contenzione è un fenomeno antico, spesso sottaciuto nell’idea della sua inevitabilità in situazioni organizzative difficili in cui la carenza di risorse umane produce una sorta di giustificazione orientata ad una strana forma di tutela dell’assistito.

Un fenomeno che tutti, organizzazioni e professionisti, devono identificare per quello che rappresenta, ovvero una deprivazione della libertà personale dell’individuo e un’ammissione delle difficoltà dell’intera équipe assistenziale di farsi carico dei bisogni espressi e inespressi di tante persone fragili.

La pratica della contenzione meccanica non è che quindi la punta di un iceberg nella cui parte sommersa si nascondono i diritti privati degli anziani, spesso residenti in istituzioni che tentano di custodire e di promuovere la qualità di vita e di autonomia oppure accolti in strutture ospedaliere spesso con ricoveri inappropriati.

Il fenomeno delle cattive pratiche quali la contenzione è ampio e diffuso all’interno delle strutture assistenziali del Paese, talvolta in maniera silente da parte dell’opinione pubblica e delle istituzioni e si assimila a quelle pratiche assistenziali che costituiscono il patrimonio di una cultura prestazionale, molto incentrata sull’organo e sulla patologia e poco sulla persona e sui suoi diritti. Superare la contenzione significa quindi permettere la diffusione capillare di una cultura tanto rivoluzionaria quanto necessaria.

Sin dagli anni ’70 è iniziato il dibattito sulla contenzione che continua tutt’ora sia dal punto di vista etico sia rispetto ai gravi danni fisici e psicologici che essa comporta.
Il quesito che ci si pone e su cui vuol fare chiarezza è se la contenzione si possa attuare e quali sono i riferimenti legislativi che ne fanno da sfondo.

Prima su tutti la Costituzione italiana nell’articolo 13 afferma che ”La libertà personale è inviolabile. Non è ammessa alcuna forma di detenzione, d’ispezione o perquisizione personale e qualsiasi altra restrizione della libertà personale […]”, quindi l’articolo tutela uno dei più elementari diritti: il diritto alla libertà del proprio corpo a non essere contenuto o legato.

Si potrebbe dire che si tratta di qualcosa che va al di là del diritto: è la condizione necessaria ad una vita umana.

Altri riferimenti sono il Codice Penale, nel quale si punisce l’abuso dei mezzi di contenzione con l’articolo 571, così come il codice deontologico dell’infermiere nell’articolo 30, in cui si afferma che ”L’infermiere si adopera affinchè il ricorso alla contenzione sia evento straordinario, sostenuto da prescrizione medica o da documentate valutazioni assistenziali’.

Anche la comunità scientifica si è interrogata sulla contenzione ed è giunta alla conclusione che la contenzione non può essere prescritta in quanto non è un atto terapeutico poichè non cura, non previene e non riabilita, anzi può causare lesioni, grave disabilità e morte della persona assistita.

Infine, il Collegio Nazionale della Federazione IPASVI ha abbracciato questa teoria e la nuova stesura del codice deontologico detta all’articolo 32: ”L’infermiere pone in essere quanto necessario per proteggere la persona assistita da eventi accidentali e/o dannosi mantenendo inalterata la di lei libertà e dignità”, ed ecco che la contenzione non viene nemmeno più citata.

Per superare il fenomeno bisogna però capire i fattori che lo determinano e quali possono essere:

  • Fattori legati all’assistito che, a causa di una malattia o di più comorbidità, si trova in una situazione di estrema fragilità nella cronicità come persona a rischio di caduta, con deficit cognitivi, con agitazione psicomotoria, nel post sedazione, con più devices;
  • Fattori legati all’operatore, come una mancata formazione e sensibilizzazione, carenze di organico, eccessivo carico di lavoro, la stanchezza, lo stress, la demotivazione professionale che ne deriva;
  • Fattori legati all’ambiente, come un’organizzazione gerarchica, poco sensibile al tema, che non accetta il dialogo e la personalizzazione delle cure, anzi predilige una standardizzazione delle cure che rappresenta un buon terreno per la contenzione e per una mancata innovazione.

Contenzione

Superare il fenomeno significa migliorare la vita di ogni persona fragile soprattutto in un momento emblematico della perdita di equilibrio che la malattia per definizione comporta.

Le strategie vertono verso un iniziale consapevolezza del fenomeno per poi avere un cambiamento sia organizzativo che professionale che non risulta affatto un processo facile e veloce ma che, anzi, richiede moltissimi sforzi e cambiamenti culturali e organizzativi notevoli.

Occorre comunque perfezionare i punti fondamentali della formazione e di una buona sensibilizzazione in una rete trasversale, oltre che l’incremento della ricerca e il monitoraggio attento alla prassi quotidiana verificando i casi di contenzione, la commissione di uno studio multidisciplinare e multi-professionale costituito da professionisti che trovino insieme delle strategie alternative e un modello di assistenza che garantisca agli assistiti l’autonomia e diminuisca la dipendenza.

E’ importante, inoltre, individuare i rischi per mettere in atto le giuste strategie per lenire il fenomeno così come supportare la centralità della persona e la partecipazione della famiglia e dei care givers in quanto non sono degli intralci ma delle persone che possono aiutare ed essere altrettanto protagonisti nel processo di cura.

La contenzione è un fenomeno da superare, un evento che se costretto sia davvero straordinario grazie allo studio, all’impegno, alla diffusione di buone pratiche organizzativo – assistenziali, di proposte innovative che vedano l’impegno sempre crescente della nostra collettività professionale.

Spetta dunque a tutti i professionisti il potere di mettere in atto ogni sforzo possibile per rendere concreti i cambiamenti nell’assistenza al fine di superare finalmente la contenzione, facendosi promotori dei princìpi espressi dalla Costituzione, in nome e per conto dei fondamentali diritti alla salute e alla libertà della persona forte o fragile che essa sia.

 

Anna Arnone

 

Sitografia
www.ipasvi.it

www.evidencebasednursing.it

www.ncbi.nlm.nih.gov

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