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La tesi di laurea in infermieristica che vi presentiamo è stata dissertata dalla dott.ssa Renata Rulli, laureatasi presso l’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia.
La tesi dal titolo “Burnout infermieristico in emergenza pandemica covid-19”
INTRODUZIONE
Nel dicembre 2019, un’epidemia di una nuova polmonite, vale a dire la malattia da coronavirus 19 (COVID-19), ha colpito Wuhan (Hubei, Cina). Durante le settimane successive, sono stati segnalati altri focolai significativi di COVID-19 in tutto il mondo e l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) ha dichiarato l’epidemia di COVID-19 una pandemia globale 11/03/2020. La rapidità con cui l’emergenza sanitaria si è diffusa, l’impatto generato sulla salute di tutti i cittadini, la scarsità di risorse professionali, di presidi che garantiscano la sicurezza del personale e di adeguati ed attrezzati luoghi di cura con cui i sanitari si sono trovati a far fronte all’epidemia, il tutto aggravato dal loro perdurare nel tempo, hanno posto i professionisti della cura nella condizione di vivere in maniera straordinaria e repentina tutti quei disagi organizzativi, fisici e psicologici da cui sono afflitti in condizioni ordinarie, ma in maniera più diluita nel tempo. Infatti, anche al di fuori di questa grave epidemia, chi lavora in ambiente infermieristico ha quotidianamente a che fare con la gestione di emergenze ed urgenze, con turni stressanti, reperibilità, oltre ad un confronto continuo con situazioni di estrema sofferenza. Per questi motivi il lavoro sanitario è considerato fra quelli che con più facilità possono portare allo sviluppo della sindrome da burnout.
Diverse evidenze sono emerse già durante l’epidemia della SARS-1 del 2003, gli operatori sanitari temevano particolarmente il contagio e l’infezione della famiglia, degli amici e dei colleghi; avvertivano incertezza e stigmatizzazione; riferivano riluttanza al lavoro o contemplavano le dimissioni; riferivano di sperimentare alti livelli di stress, ansia e depressione. In conseguenza di questa epidemia Covid-19 è stato osservato un’aumentata incidenza di disturbi post-traumatici da stress negli operatori più esposti al rischio di contagio.
È quindi legittimo immaginare come il peso della crisi generata da Covid-19 possa avere un impatto negativo anche nel lungo periodo sul benessere psicofisico dei sanitari.
Durante l’epidemia di COVID-19, infermieri e medici hanno dovuto affrontare sfide crescenti che non erano state affrontate prima come, decisioni da prendere rapidamente, che vanno dal triaging efficiente e dall’isolamento dei pazienti con sospetto di infezione, alla decisione se chiudere i dipartimenti e le sale operatorie quando un paziente o uno staff risultano positivi; e tutto con risorse limitate.
Gli infermieri si trovano quindi ad affrontare situazioni critiche che aumentano il rischio di soffrire per l’impatto psicologico derivante dall’affrontare una serie di condizioni sfavorevoli, con conseguenze che potrebbero spaziare dal disagio psicologico ai sintomi di salute mentale.
Le cariche più comuni psicosociale erano la tensione sul lavoro (aumento del carico di lavoro, cambiamenti organizzativi nel gruppo di lavoro, conflitti con i colleghi, mancanza di DPI) che inizialmente ti può far vivere una condizione lavorativa di stress, ma l’emergenza pandemica a distanza di mesi è ancora presente può portare gli operatori sanitari in una condizione di burnout della professione.
L’obiettivo del presente elaborato è quello di effettuare, mediante la selezione di articoli empirici, una revisione critica della letteratura, per valutare il burnout infermieristico nell’emergenza pandemica Covid-19.
La parte iniziale della tesi, ossia il primo capitolo, propone la correlazione tra l’infermieristica e pedagogia. In quanto elaborato che valuta la parte psico-pedagogica della pandemia covid-19. Le parte successiva, ossia capitolo due, propone la spiegazione del burnout e l’infermiere come categoria a rischio burnout. Il terzo capitolo, propone una breve spiegazione del virus attuale Sars-CoV-2.
La parte finale, ossia quarto e quinto capitolo, descrivono, rispettivamente, in dettaglio le fasi della ricerca della letteratura attualmente disponibile: materiali e metodi, risultati degli studi, discussione dei risultati, conclusione e implicazioni per la pratica.
REVISIONE DELLA LETTERATURA
Disegno di Ricerca
Obiettivo
L’obiettivo di questa revisione della letteratura è verificare se gli infermieri impegnati nell’assistenza a pazienti in reparti Covid-19 hanno sviluppato o sono a maggior rischio sviluppare sindromi da stress lavoro correlato o burnout e problematiche possono o hanno manifestato a livello personale, organizzativo e sociale.
Problema
Nel corso dei miei due ultimi tirocini, effettuati nei reparti di ginecologia e di servizio infermieristico domiciliare presso l’Azienda Santa Maria Nuova di Reggio Emilia ho avuto modo di confrontarmi con infermieri impegnati nei mesi precedenti nell’assistenza a pazienti positivi al virus Covid-19. Da tale confronto è emerso più volte che durante l’emergenza Covid-19 il loro stato d’animo era caratterizzato da maggiore stress, stanchezza e demotivazione.
P Infermieri di reparti Covid-19
O Aumento dello stress da lavoro
Quesito di ricerca
Esistono in letteratura evidenze che mostrino che gli infermieri che operano nei reparti covid-19 presentino livelli più elevati di stress?
Parole chiave
Covid-19; worker covid-19 ward (lavoratori reparti covid-19); psychological distress (disagio psicologico); covid-19 ward( reparto covid-19); nurse (infermiere); burnout; healthcare professionals ( professionisti sanitari); mental health(salute mentale)
Materiale e metodi
La revisione bibliografica che ho trattato riguarda il contributo che le migliori
evidenze scientifiche sullo stress degli infermieri che lavorano in reparti covid-19.
Le Banche Dati consultate sono: Pubmed e Cinahl.
Le fonti che sono state selezionate sono sia di tipo primario che di tipo secondario, con revisioni sistematiche, review, studi trasversali.
Combinando tra di esse le parole chiave e servendosi dei filtri sopracitati nelle diverse banche dati, sono stati reperiti articoli e attinenti al contesto per un totale di 43.
Di questi ne sono stati selezionati 5, ritenuti i più significativi e pertinenti ai fini dello studio.
Tra gli articoli reperiti sono stati esclusi articoli in cui si parlava di prevenzione della sindrome di burnout
CONCLUSIONI E IMPLICAZIONI PER LA PRATICA
Gli operatori sanitari che lavorano e stanno lavorando in questa emergenza pandemica Covid-19, hanno un impatto sulla propria salute mentale.
Tuttavia, l’Organizzazione mondiale della sanità ha identificato gli operatori sanitari come un gruppo particolarmente a rischio di sviluppare un’ampia gamma di problemi fisici/mentali come risultato del lavoro diretto o indiretto con pazienti COVID-19 (Koh et al., 2003).
Gli operatori sanitari sono particolarmente esposti alla minaccia di trasmissione (Huang et al. 2020) a causa del loro lavoro in prima linea con pazienti con elevate cariche virali e dispositivi di protezione personale non ottimali (Christian et al., 2004); (Ehrlich et al. 2020); (Nam et al. 2017).
Allo stesso tempo, grave stress, elevato carico emotivo, orari di lavoro lunghi, timori di essere infettati o di infettare i loro parenti, la mancanza di un supporto adeguato nell’ambiente di lavoro e la mancanza di trattamenti di supporto efficaci possono influenzare la salute mentale del personale sanitario (Moazzami et al. 2020); (Vieta et al. 2020).
Le cause più comuni del carico psicosociale erano la tensione sul lavoro come aumento del carico di lavoro, cambiamenti organizzativi nel gruppo di lavoro, conflitti con i colleghi e l’incertezza sul futuro (sistema sanitario e crisi economica).
Anche le preoccupazioni per la propria sicurezza e la sicurezza della famiglia, così come i rapporti di mortalità per infezione da Covid-19, sono stati segnalati come fattori afflittivi. Durante le epidemie, gli operatori sanitari subiscono uno stress considerevole.
In uno studio cinese durante l’epidemia di Ebola, gli operatori sanitari hanno riferito di estrema somatizzazione, depressione, ansia e ossessione compulsiva.
Durante l’epidemia di SARS, uno studio saudita ha riportato che quasi due terzi degli operatori sanitari si sentivano a rischio di contrarre l’infezione da SARS e si sentivano insicuri sul lavoro. Questi risultati sono coerenti con precedenti situazioni di SARS in cui gli operatori sanitari hanno riportato alti livelli di paura del contagio e di infettare i membri della famiglia, disturbi emotivi, incertezza e stigmatizzazione. Precedenti epidemie hanno mostrato che gli operatori sanitari soffrono di stress significativo e un risultato simile è previsto per COVID-19.
I fattori di rischio per la salute mentale includono situazioni opprimenti, interruzioni sociali della vita quotidiana, sensazione di vulnerabilità, rischio di contrarre infezioni, paura di trasmettere la malattia alle famiglie e ai propri cari. Il monitoraggio dei disturbi mentali emergenti dovrebbe diventare una pietra angolare della cura preventiva durante le pandemie.
Gli approcci preventivi possono includere programmi educativi rivolti agli operatori sanitari per informarli sul rischio di sviluppare specifici risultati di salute fisica / mentale fornendo assistenza diretta o indiretta ai pazienti con COVID-19. Il personale sanitario può essere particolarmente riluttante a rivelare i propri problemi (Chen et al. 2020); (Shanafelt et al. 2020) per ridurre al minimo il carico sui propri parenti (Chen et al. 2020) o perché si considerano troppo autosufficienti.
Gli studi attuali valutano simultaneamente i risultati di salute fisica e mentale, è particolarmente adatto per informare approcci trasversali come gli interventi progettati per migliorare la resilienza e quindi avere un impatto sulla salute fisica e mentale (Maunder et al. 2008).
Potrebbe essere possibile sottoporre a screening gli operatori sanitari ad alto rischio di sviluppare disturbi psichiatrici utilizzando strumenti che sono stati convalidati per rilevare gravi disturbi mentali emergenti (Fusar-Poli et al. 2020), come la valutazione completa degli stati mentali a rischio. Dagli studi è emerso che i partecipanti hanno espresso la necessità di un migliore adeguamento delle infrastrutture alla crisi.
Ciò includeva un aumento del personale/stanze/spazio, una migliore organizzazione e pianificazione del lavoro (es. procedure standard per pz covid-19), migliore comunicazione, un maggiore compensazione monetaria, maggior tempo libero, dispositivi di protezione adeguati, miglior supporto psicosociale.
Le pandemie esercitano un impatto psicologico significativo sugli operatori sanitari, evidenziando la necessità di un adeguato supporto psicologico, interventi e misure di sostegno del personale.
Gli interventi psicologici specifici del COVID-19 per il personale medico in Cina includevano team di supporto per interventi psicologici, consulenza psicologica, disponibilità di helpline, istituzione di sistemi di turni negli ospedali, piattaforme online per assistenza medica, incentivi, fornitura di pause e permessi adeguati, fornitura di un posto riposare e dormire, attività ricreative come yoga, meditazione ed esercizio fisico e sessioni motivazionali.
Proteggere il benessere degli operatori sanitari, attraverso misure appropriate, è uno strumento cruciale nella risposta di emergenza sanitaria nazionale alla lotta contro i focolai. Se non vengono prese misure tempestive, anche se la malattia alla fine si ridurrà, emergerà una nuova ondata di pazienti affetti da morbilità psicologica.
L’implementazione delle seguenti strategie può aiutare a ridurre il peso delle conseguenze sulla salute: l’adeguata fornitura e formazione sull’uso di dispositivi di protezione individuale, pratiche rigorose di controllo delle infezioni, turni più brevi e fornitura di servizi di salute mentale e di supporto.
Renata Rulli
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Allegato
Tesi “Burnout infermieristico in emergenza pandemica covid-19”
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