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La Corte Costituzionale dichiara incompatibili le norme sul ritardo del Trattamento di Fine Servizio

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In una recente sentenza dal grande impatto, la Corte Costituzionale italiana, con la sentenza n. 130 del 23 giugno 2023, ha stabilito che le norme che prevedono il ritardo nel pagamento del trattamento di fine servizio sono incompatibili con la Costituzione.

Questa decisione apre la strada a importanti cambiamenti nella legislazione sul Trattamento di Fine Servizio (TFS) per i dipendenti pubblici.

La Corte Costituzionale ha affermato che il differimento della corresponsione dei TFS ai dipendenti pubblici che cessano l’impiego per raggiunti limiti di età o di servizio contrasta con il principio costituzionale della giusta retribuzione. Secondo la Corte, la tempestività del pagamento costituisce un elemento essenziale di questo principio. Il TFS rappresenta un emolumento volto a sopperire alle peculiari esigenze del lavoratore in una fase più vulnerabile della sua vita, pertanto ritardarne il pagamento è contrario alla giusta retribuzione sancita dalla Costituzione italiana.

La sentenza, tuttavia, si applica solo ai dipendenti pubblici che raggiungono l’età pensionabile, escludendo quindi altre forme di pensione anticipata e di anzianità.

Ciò pone il governo guidato da Giorgia Meloni di fronte alla necessità di rivedere la legislazione sul TFS, allo scopo di adeguarla alle modifiche richieste dalla Corte Costituzionale, senza che ciò abbia un impatto negativo sui conti pubblici.

La Corte ha anche sottolineato che spetta al legislatore individuare i mezzi e le modalità per attuare questa riforma, tenendo conto dell’impatto finanziario rilevante che il superamento del differimento comporta. Ciò implica che il legislatore dovrà trovare soluzioni che rispettino gli impegni assunti nell’ambito della precedente programmazione economico-finanziaria.

Va sottolineato che la sentenza ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale riguardanti alcune disposizioni specifiche, come l’art. 3, comma 2, del decreto-legge n. 79 del 1997 e l’art. 12, comma 7, del d.l. n. 78 del 2010, che prevedevano rispettivamente il differimento e la rateizzazione delle prestazioni.

Tuttavia, la Corte ha precisato che la discrezionalità del legislatore in materia non è illimitata nel tempo e che un’eccessiva inerzia legislativa non sarebbe tollerabile. Inoltre, è stato evidenziato che la normativa che prevede il pagamento rateale delle indennità di fine servizio contempla alcune eccezioni a favore dei beneficiari di trattamenti meno elevati.

La sentenza rappresenta un importante passo avanti per i dipendenti pubblici italiani che, fino ad oggi, dovevano affrontare attese di anni per ottenere la liquidazione del loro TFR.

Redazione NurseTimes

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