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Jena Valve, la nuova frontiera della CCH

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JENA VALVE: DA ROMA A BARI PER LA NUOVA TECNICA

La valvola aortica è una valvola cardiaca situata nel bulbo, tra il ventricolo sinistro e l’arteria aorta che permette lo svuotamento ventricolare e il passaggio del sangue nell’aorta impedendone il reflusso durante la diastole.  Le cause che portano a patologia valvolare possono essere molteplici e possono causare stenosi e/o insufficienza valvolare:

  • anomalia congenita che può essere corretta alla nascita o predisporre ad una degenerazione nel prosieguo della vita (es. bicuspidia),
  • degenerazione senile un indurimento naturale della valvola causata da depositi di calcio,
  • malattia reumatica che provoca fusione e retrazione cicatriziale dei lembi
  • endocarditi
  • prolasso di una cuspide
  • malattie dell’aorta stessa quali aneurismi e dissezioni.

Tra i sintomi:

  • affaticabilità
  • dispnea da sforzo in principio e poi a riposo
  • angina pectoris
  • palpitazioni
  • vertigini
  • sincopi
  • scompenso cardiaco.

Inizialmente i sintomi sono presenti sotto sforzo, ma col progredire della malattia compaiono per sforzi sempre più lievi ed infine anche a riposo compromettendo seriamente la qualità di vita del paziente. Nella fase iniziale la terapia farmacologia può essere d’aiuto ad alleviare i sintomi ma col tempo si ricorre all’intervento chirurgico.

Esistono, in linea generale, due tipi di protesi valvolari oggi disponibili:

  • meccanichecaratterizzate dall’ottima durata in quanto create con materiali poco usurabili ma che necessitano di terapia anticoagulante quotidiana;
  • biologiche costruite partendo da valvole cardiache o da altri animali (bovini e suini)che richiedono terapia anticoagulante solo per un breve periodo ma hanno come svantaggio la breve durata nel tempo soprattutto in giovane età.

In casi particolari possono essere utilizzati altri tipi di protesi, gli homograft aortici, prelevati da cadavere umano e autograft, valvole dello stesso paziente  (valvole polmonari) usate al posto della valvola aortica malata.

La tecnica chirurgica tradizionale per la sostituzione di valvola aortica prevede oltre che ad una anestesia generale, la sternotomia mediana verticale ovvero l’apertura della gabbia toracica mediante taglio dello sterno. Il paziente viene connesso ad una macchina cuore polmone che permette l’ossigenazione sanguigna poi si ferma il cuore un una sostanza chimica e si interviene sul bulbo sostituendo la valvola. Questo tipo di intervento ha molte complicanze soprattutto quando esistono fattori di rischio negativi quali ad esempio, la presenza di molteplici patologie concomitanti.

Un trattamento alternativo è rappresentato dalla TAVI ( transcatheter aortic valve implantation) una tecnica mininvasiva scelta in caso di controindicazioni alla tecnica tradizionale e/o alto rischio chirurgico.

Oggi esiste un’ulteriore alternativa a queste tecniche, il sistema Jena Valve che consiste nella sostituzione della valvola malata con la valvola biologica Jena. L’innovazione consiste nel fatto che non è necessaria la sternotomia, l’accesso alla valvola da sostituire si ottiene mediante  un’incisione intercostale di 5 centimetri. Da questa incisione si introduce un dispositivo che, raggiunto l’apice ventricolare, aggancia la valvola Jena  a quella malata con l’ausilio di un meccanismo a graffetta e tutto senza cardioplegia (senza fermare il cuore). Questa tecnica inoltre  non provoca sanguinamenti, non comporta danni estetici (la cicatrice è piccola), garantisce tempi di ripresa e di degenza molto brevi ed un importante flusso di sangue alle coronarie.

Questa tecnica ha origini tedesche ma è arrivata anche in Italia ed in particolare nel capoluogo pugliese dove, nella clinica  Anthea Hospital, è stata utilizzata per la prima volta su una paziente sessantanovenne romana. Questa paziente affetta da una insufficienza valvolare importante, non poteva essere trattata con la tecnica tradizionale di sostituzione valvolare in quanto il rischio sarebbe stato troppo alto a causa di pregressi interventi di cardiochirurgia  per il posizionamento di due bypaqss.

Ciò che rende interessante questo caso è sia la metodica innovativa con cui per la prima volta a Bari, è stato condotto l’intervento sia l’inversione di tendenza nella migrazione verso le cliniche d’avanguardia. Se fin ora, infatti era usuale vedere gente del sud spostarsi al nord Italia alla ricerca di cliniche e tecniche all’avanguardia, con questo caso, una paziente romana si sposta a Bari e quindi al sud per una tecnica chirurgica innovativa.  La paziente in una intervista ha affermato infatti :

“Ho deciso di farmi operare in Puglia perché  mi sono informata e ho scoperto che qui la cardiochirurgia è molto avanti, vengono eseguiti interventi all’avanguardia che riducono i dolori post operatori e permettono una ripresa più rapida. Non volevo e non potevo sottoporre il mio corpo ad altri stress, come in passato”.

Un caso questo che ci fa comprendere come, in un momento storico segnato da problematiche importanti quali carenza di personale, ristrettezza economica, investire sulla formazione, investire in nuove tecniche non può far altro che portare all’eccellenza.

 

SCALZO MARIA

FONTE:

www.nursetimes.org

www.pugliain.net

 

 

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