Rilanciamo un articolo del Sole 24 Ore sull’attuazione del Programma nazionale della ricerca 2015-2020 e sull’utilizzo del piano europeo Horizon 2020.
L’Italia si conferma avara sulla ricerca. Sia quando gestisce fondi propri sia quando maneggia quelli altrui. Come testimoniano le ultime statistiche sull’attuazione del Programma nazionale della ricerca (Pnr) 2015-2020 – con 1,7 miliardi spesi in tre anni sui 2,4 a disposizione – e sull’utilizzo del piano europeo Horizon 2020, di cui abbiamo intercettato appena 1’8%. Una performance che ci vale il quinto posto in Europa e che ci ha fatto superare anche dalla Spagna.
Numeri su cui il Governo giallorosso dovrebbe riflettere. Anche perché ha due compiti davanti a sé. Il primo – mettere a punto il nuovo Pnr 2021-2027 – lo ha ereditato dall’esecutivo precedente. Il secondo se l’è dato da solo, annundando l’arrivo di un collegato alla Legge di bilancio per istituire un’Agenzia nazionale ad hoc. Senza un cambio di passo, resteremo indietro nella classifica Ue per investimenti in R&S, con il nostro 1,33% sul Pil contro un obiettivo dichiarato del 3% entro il 2020.
Il Piano nazionale
Varato a maggio 2016 dal Governo Renzi, il Pnr 2013-2020 doveva rappresentare, nelle intenzioni dei proponenti, la svolta per la ricerca italiana. Con una massa di ricerca mobilitabile che sarebbe potuta arrivare ai 14 miliardi tra fondi nazionali e Ue. Invece ci si assesterà molto più in basso. Dei 24 miliardi stanziati per il periodo 2013-2018, al 31 luglio ne risultavano investiti solo 1,7. E per il periodo 2018-2020 andrà anche peggio, visto che la delibera integrativa del Cipe, necessaria a veicolare altri 5 miliardi “tricolori”, non è mai arrivata. E difficilmente arriverà.
I fondi europei di Horizon 2020
A complicare il quadro ci sono le nostre scarse performances nella corsa a Horizon 2020, che ha distribuito negli ultimi cinque anni oltre 40 miliardi dei 70 previsti. Dagli ultimi dati sulle domande arrivate a Bruxelles, risalenti a inizio agosto, emerge che restiamo ben dietro la Germania, che finora, grazie ai progetti dei suoi ricercatori, ha incassato 7 miliardi, il doppio dei nostri 3,5. Siamo superati anche dall’Inghilterra, che in attesa della Brexit si porta a casa ben 5,8 miliardi, mente la Francia arriva a 4,8.
La notizia, però, è che siamo superati dalla Spagna, che con 4 miliardi scarsi diventa il quarto Paese per fondi Ue conquistati, mentre precediamo l’Olanda di soli 60 milioni. Quando ormai mancano solo un paio di anni alla fine del maxi programma Horizon 2020, l’Italia si piazza dunque al quinto posto, con il rischio di scivolare al sesto. Non proprio un buon risultato: in pratica, il nostro Paese si è fermato alla soglia dell’8,6% di fondi conquistati, lontano dall’asticella di almeno il 10% che il precedente Pnr aveva posto come obiettivo. Senza contare che con una hard Brexit si potrebbero liberare nel prossimo Piano della ricerca diversi miliardi per i nostri ricercatori e le imprese.
La “bozza” Valditara
Il compito di non perdere questo treno spetta al ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti. Sul tavolo trova la bozza del nuovo Pnr 2021-2027, messa a punto dal capo dipartimento Altaformazione, Giuseppe Valditara, sotto il Governo precedente. Con un lavoro durato quasi sei mesi, Valditara ha coinvolto un migliaio di docenti e ricercatori di tutte le università italiane che hanno partecipato ai 14 diversi tavoli di lavoro. Ne è venuto fuori un documento di 237 pagine che Il Sole 24 ore ha potuto visionare. E che invoca “un efficace coordinamento tra politiche di ricerca, sviluppo e formazione e politiche industriali, volte a potenziare la presenza di settori tecnologicamente innovativi” per “evitare una regressione economica e invertire la tendenza in atto”.
Come? Aumentando le risorse a disposizione e usandole in maniera sinergica, scommettendo sull’open science, facendo cooperare pubblico e privato, sostenendo sia la ricerca di base che quella applicata. E, infine, rendendo l’Italia un Paese attrattivo per i nostri cervelli. Specie se in fuga. Da qui ripartirà Fioramonti, che deve avviare un confronto con il mondo produttivo e procacciarsi le risorse. Quante e quali lo vedremo nella versione finale del Pnr 2021-2027. Così come sapremo se a gestirle sarà l’Agenzia nazionale a cui è dedicato uno dei 22 disegni di legge collegati alla Legge di bilancio citati dalla Nadef.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Sole 24 Ore
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