Etica & Deontologia

#iostoconpisa

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Il dibattito sul’art. 49 pare spostarsi con il passare dei giorni. Centinaia i commenti rispetto alle posizioni prese dal Collegio di Pisa.

Le posizioni pro e contro sembrano irrigidirsi, pochi sono coloro che cercano di affrontare la questione da un punto di vista propositivo, si osserva una lenta ma irrimediabile corsa alla “conta”. Una “conta” che potrebbe avere l’obiettivo di portare ad una soluzione legata più ad una decisione da “dittatura della maggioranza” che ad una scelta condivisa e soprattutto evolutiva.

Si sta alla finestra ad attendere quale sarà il prossimo Collegio a sfilarsi o a mantenere la propria fiducia nella FNC. Perché anche di questo si tratta.

Nell’era di twitter è più semplice scrivere un hastag, #iostoconpisa secondo me non restituisce il giusto merito al coraggio scaturito dalla decisione del Consiglio Direttivo pisano ne aiuta a mettere allo stesso tavolo chi contesta e chi, almeno nei fatti, ad oggi difende l’art 49 del Codice Deontologico.

Appare evidente come anche all’interno della nostra professione si sia scelta la strada del tifo piuttosto che del ragionamento, invece di parlarci tra colleghi preferiamo una militanza ultras che non è propedeutica a nessuna soluzione.

Pur non essendo un esperto di etica, pur osservando il Codice Deontologico e pur subendo nella quotidianità la “de-professionalizzazione” non ho nessuna intenzione di farmi trascinare dentro una guerra che ha come obiettivo politico la classe dirigente, non voglio che questo aspetto formale diventi un referendum tra gli Infermieri rispetto alle Federazione.

Il problema non è schierarsi, il problema è perché ci si schiera.

Pur essendo contro l’art. 49, lo dico senza se e senza ma, non sono sicuro che il mio essere “contro” sia uguale a quello di altri colleghi, per questo motivo ritengo che sia doveroso da parte di chi si oppone dare la sua motivazione, onde evitare di costituire un fronte variegato e per questo debole.

Pisa ha rotto il ghiaccio di una discussione che non era affatto visibile, seppur ci fosse negli intenti della Federazione l’intenzione di rimettere mano al Codice Deontologico e con esso anche l’art 49, questo intento è rimasto segregato nelle stanze romane, senza che gli infermieri potessero esserne a conoscenza.

Nel mentre i nostri Dirigenti discutevano sul Codice Deontologico, nel web le lettere e gli articoli di approfondimento sulla questione “demansionamento” assumeva via via sempre maggior risalto, con interventi autorevolissimi di esperti e Presidenti di Collegi Provinciali. Un susseguirsi di appelli e contro-appelli che, nella sostanza, contribuivano a scavare un enorme solco tra chi ha responsabilità di guidare una professione ed i professionisti, un solco che è divenuto un abisso tale che parlarsi ma soprattutto sentirsi è diventato impossibile.

Nel mentre aumentava la distanza, le scelte dialettiche nell’affrontare il problema dell’art. 49 si divaricavano. Potrei dividere l’approccio alla discussione su due importanti filoni: quello del pensiero politico e quello del pensiero normativo.

Ammetto senza riserve di essermi appassionato più al primo che al secondo, non perché il secondo non rivestisse una certa importanza ma semplicemente perché lo subito trovato noioso ma soprattutto miope. La miopia di chi affrontava la questione “demansionamento” all’interno del pensiero normativo la imputo all’incapacità di vedere come lo stravolgimento delle regole del mercato del lavoro, trovava nell’art.49 un inaspettato alleato che poteva essere utilizzato non solo come “metodo” ma soprattutto come “ricatto”.

Il lettore attento sa perfettamente che chi scrive ha una particolare simpatia e per certi versi ne condivide ampiamente il pensiero politico sulla Sanità di Ivan Cavicchi ed ho trovato il suo articolo pubblicato sul “Manifesto” particolarmente azzeccato e soprattutto portatore di quel “pensiero politico” necessario per affrontare il dibattito sull’art 49.

Nel suo appassionato articolo, Ivan Cavicchi, coglie esattamente il senso dell’art.49 quando afferma che il momento di definanziamento del Sistema Sanitario non comporterà una diminuzione dei carichi di lavoro, anzi si prospetta proprio il contrario a fronte di una diminuzione degli operatori.

In questo passaggio io colgo tutto il dibattito che la Professione dovrebbe affrontate, laddove in un momento di forte crisi economica con quali risorse intellettuali gli Infermieri intendano rispondere.

È necessario evitare che il Codice Deontologico si offra ad essere in conflitto con quelli che sono i diritti di chi esercita la professione ma diventi invece “arma” per rivendicare la propria professionalità e pretendere non solo che venga rispettata in quanto tale ma perché il rispetto dovuto è necessario per il benessere dell’oggetto di interesse della categoria infermieristica ovvero il paziente.

Da professionista sono preoccupato, perché la stagione contrattuale non riesce a decollare e sono già stati annunciati altri 4 anni di blocco economico.  Mi preoccupa la deriva che il Servizio Sanitario che pare destinato al mercimonio della professione, mercimonio che potrebbe diventare tale se le “competenze avanzate” si trasformassero magicamente in un nuovo “mansionamento” per gli Infermieri. Mi preoccupo perché il Job’act è destinato a molti giovani professionisti, con tutti i rischi di essere di fatto fuori dall’ombrello di protezione di cui godono coloro che oggi operano nella Sanità Pubblica”, non intendo scomodare i trattati internazionali come TTIP e TISA

Dunque oggi ci vuole coraggio non per mettere in discussione una classe dirigente nazionale, ma per schierarsi senza sé e senza ma a difesa di una categoria che ancora troppo disomogenea sul terreno del mercato del lavoro. Pisa ha scelto coraggiosamente di schierarsi, spero che la riflessione del Presidente Emiliano Carlotti e del Direttivo abbia dentro un pensiero politico con una visione di tutela non solo della Professione, dei suoi Professionisti e dei Cittadini ma anche e soprattutto del “lavoro”.

Io mi schiero tra e per coloro che sono pronti a manifestare il loro disagio professionale, che non intendono sottostare a ricatti sociali che all’alba del XXI secolo si pensava appartenere a epoche lontane.

Per questo schierarsi con Pisa è l’occasione per riportare dentro al dibattito professionale i problemi della de-capitalizzazione del lavoro, della sua precarietà e del suo scarso riconoscimento sociale ed economico.

Ad oggi su queste posizioni siamo una minoranza ma “Non dubitare mai che un piccolo gruppo di cittadini responsabili possa cambiare il mondo. È invece l’unico modo in cui ciò è sempre accaduto” (Margaret Mead)

Piero Caramello

 

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