La vicenda che ha coinvolto Maurizio Plescia, cittadino ischitano che ha dovuto trascorrere un periodo in Rianimazione tra la vita e la morte ha dell’incredibile. Ricoverato in stato di coma e intubato, sarebbe stato fotografato mentre era nel letto di ospedale. Non si sa come né quando, la sua immagine sarebbe finita in mano alla multinazionale del tabacco Philip Morris, venendo utilizzata come deterrente per i fumatori. È stata infatti apposta sopra su milioni di pacchetti di sigarette distribuiti in tutto il mondo. Il legale dell’uomo ha dovuto intentare una causa per uso illecito dell’immagine del suo cliente.
“Siamo pronti a sostenere la sua battaglia contro le multinazionali del tabacco che si sono impossessate, a sua insaputa, di una foto scattata mentre era intubato in un letto d’ospedale per usarla sui pacchetti di sigarette”, racconta il consigliere regionale dei Verdi, Francesco Emilio Borrelli, sottolineando come “la storia del commerciante ischitano raccontata da Il Golfo è incredibile e inaccettabile”.
Plescia ha scoperto casualmente di essere ritratto sui pacchetti di sigarette distribuiti in ogni angolo del pianeta. L’immagine utilizzata sarebbe stata scattata in un ospedale colombiano nel quale l’italiano era stato ricoverato alcuni anni fa. La permanenza in ospedale fu per una patologia che nulla aveva a che fare con il fumo.
“È assurdo – sostiene ancora Borrelli – che una multinazionale abbia commesso un errore del genere e, se anche avesse preso la foto da qualche agenzia, deve ritirare immediatamente tutti i pacchetti con la foto del commerciante ischitano e risarcirlo per lo choc di ritrovare quella sua foto in giro per il mondo. Non si capisce perché non l’abbia ancora fatto, nonostante l’azione legale avviata da Plescia. Questo episodio conferma la sensazione di onnipotenza di certe multinazionali, che, forti della loro potenza economica, pensano di poter calpestare i diritti delle persone, a cominciare dal diritto di preservare la propria immagine, soprattutto quella in un letto d’ospedale”.
Simone Gussoni
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