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Intramoenia, gli italiani spendono un miliardo l’anno per saltare le liste d’attesa

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Intramoenia, gli italiani spendono un miliardo l’anno per saltare le liste d’attesa
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È la fotografia scattata da Altroconsumo, che ha confrontato i dati relativi a 41 strutture sanitarie di 10 città.

Ogni anno gli italiani spendono in media almeno un miliardo di euro per saltare la coda negli ospedali e curarsi senza aspettare mesi. Sempre più spesso, infatti, si rivolgono a medici ospedalieri che, dopo l’orario di lavoro, visitano e fanno esami nei reparti come liberi professionisti. È il cosiddetto intramoenia, un regime ufficiale, stabilito per legge e praticato dal 47% dei dottori, mentre il 75% dei pazienti sceglie questo sistema per velocizzare i tempi di diagnosi e cura, bypassando le lunghe liste d’attesa con cui il Sistema sanitario nazionale deve fare i conti per via della carenza di fondi, personale e mezzi.

Pagando il medico ospedaliero che, tolto il camice da dipendente pubblico, indossa fuori orario quello di libero professionista, le attese si riducono a una decina di giorni per il 64% di visite ed esami, mentre il 27% viene fornito entro un mese e il 9% oltre i 30 giorni. Lo dicono le statistiche ufficiali del ministero della Salute. Non tutti, però, possono permettersi cure pubbliche a pagamento o cure private: 4 milioni di italiani vi rinunciano per mancanza di fondi. A fotografare la situazione, attraverso un viaggio in 41 ospedali pubblici, è un’inchiesta di Altroconsumo che ha battuto la penisola, scandagliando i reparti di dieci città, da Palermo a Torino, e inserendo in rete i risultati, così che ognuno possa controllare dove fare l’esame che gli interessa e quanto gli costa.

E se i tempi di attesa rilevati dall’associazione in difesa dei consumatori sono praticamente gli stessi tra pubblico a pagamento e privato, anche i costi medi si equivalgono. Ad esempio, nel privato il prezzo medio di un’ecografia all’addome è di 109 euro, mentre è di 112 negli ospedali pubblici in intramoenia. La vera differenza sta nella forbice di prezzo: in ospedale, per l’ecografia all’addome, si pagano al massimo 200 euro; 258 nel privato. Un altro esempio? Per la risonanza magnetica alla colonna vertebrale il prezzo medio è di 257 euro nel privato e di 256 nel pubblico, ma nella peggiore delle ipotesi costa 540 euro in ospedale, mentre arriva anche a 800 nel privato. Lo stesso per la gastroscopia, che nel pubblico va dai 200 ai 600 euro, e nel privato dai 100 agli 800.

Prezzi diversi a seconda dell’ospedale, ma anche del medico, come sottolinea Matteo Metta, giornalista di Altroconsumo: «In regime di intramoenia il prezzo più basso da noi rilevato per la risonanza magnetica è di 120 euro, all’ospedale “Di Venere” di Carbonara (Bari), dove la stessa risonanza può però costare anche 200 euro. Dipende dal medico che la esegue: chi sceglie di farsi visitare dal primario pagherà una tariffa più alta rispetto al paziente che sceglie un giovane specialista». Stesso discorso per il Sant’Orsola di Bologna, dove una visita ginecologica va da 102 a 258 euro, a seconda del medico scelto. Alcune strutture, come il Niguarda di Milano, hanno poi due prezzi per ogni prestazione nel proprio tariffario: quello più alto lo paga chi sceglie lo specialista. Per la gastroscopia, invece, chi sceglie il medico paga fino a 500 euro, altrimenti la tariffa è di 250.

Non mancano i nemici del pubblico che fa anche il privato. Tra i critici più severi figurano il governatore della Toscana, Enrico Rossi, il presidente dell’Istituto di ricerche farmacologiche, Mario Negri, e il ricercatore scientifico Silvio Garattini, che invocano l’abolizione in toto dell’intramoenia o solo dell’extramoenia (medici ospedalieri che visitano in centri privati), in nome dell’equità del Servizio sanitario nazionale.

«È una pratica che nel tempo ha conosciuto abusi, scandali e conflitti di interesse – sottolinea Altroconsumo –. L’intramoenia allargata si presta a fenomeni di evasione e abusi maggiori. Se invece resta all’interno dell’ospedale, contribuisce all’emersione del nero, aiuta le aziende ospedaliere e i medici». Su una cosa, comunque, concordano tutti: per combattere liste di attesa e rendere il sistema più efficace ed equo bisogna potenziare l’offerta sanitaria pubblica, che deve rimanere centrale. Perché è un diritto sancito dalla Costituzione.

Redazione Nurse Times

Fonte: Repubblica

 

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