L’anno accademico 2018/2019 è ormai alle porte e nuovi capitoli carichi di vergogna per la professione infermieristica sono già stati scritti.
Gli insegnamenti riguardanti il rifacimento dei letti liberi, la pulizia dei comodini e il taglio delle unghie dei piedi allieteranno gli studenti del primo anno.Laboratori tanto incredibili quanto incomprensibili verranno organizzati per trattare argomenti quali il rifacimento del letto libero o la sanificazione degli ambienti ospedalieri nonostante siano state scritte decine di sentenze nelle quali un giudice ha stabilito che tutto ciò non competa in alcun modo all’infermiere. Non è chiaro a nessuno per quale motivo sulle slides propinate agli studenti del primo anno siano presenti le definizioni di comodino, di sedia o di armadio.
Ma per quale motivo continua ad accadere tutto ciò? Perché regolarmente, nella stragrande maggioranza degli atenei, vengono insegnate mansioni domestico alberghiere che nulla hanno a che vedere con una professione intellettuale?
Quanto accaduto negli scorsi giorni durante le prove di selezione per la Laurea Magistrale in Scienze Infermieristiche oltre ad apparire inspiegabile ha assunto caratteristiche a dir poco grottesche.In una delle domande sarebbe stato chiesto agli aspiranti dottori magistrali in Scienze Infermieristiche quali fossero i movimenti migliori da eseguire con la scopa a trapezio per pulire i pavimenti.Ai molti increduli hanno risposto gli eterni giustificatori.
Gli stessi che giustificano gli insegnamenti universitari sopracitati dicendo che sia necessario saper pulire i comodini per poter controllare l’operato del personale di supporto oppure che durante il prezioso giro letti si possa instaurare una relazione empatica con il paziente e potergli valutare la cute.
Dunque un futuro manager dovrebbe “conoscere cosa si manipola nel basso per poter dirigere dall’alto” e ancora “un dirigente infermieristico responsabile dell’igiene o del comfort alberghiero è tenuto a saperlo dal momento che approva e firma una procedura affidata ad una ditta appaltatrice!”
Qualcuno si è anche ribellato a tutto ciò sui social: “Sarebbe stato il caso di alzarsi e andare via tutti quanti… Magari radunandosi sotto la sede dello FNOPI per avere spiegazioni sull’aberrante situazione!!”
Ma perché accade tutto ciò? È ormai scientificamente provato che il popolo italiano sia da diversi decenni il più ignorante d’Europa. È altresì noto che negli ultimi anni, come riportato “dall’Index of Ignorance” (indice di ignoranza) annualmente pubblicato da Ipsos, il popolo italiano sia salito sul podio per avere i cittadini più ignoranti al mondo.
Potrebbe essere la situazione disastrosa dei corsi di laurea in infermieristica e della professione in generale essere causata da una profonda ignoranza nostrana?
Forse solamente in parte. Non posso credere che tutto ciò sia dettato dalla sola incompetenza di chi dovrebbe formare gli infermieri del domani e da chi li dirige, il più delle volte senza avere idea di cosa stia facendo. Non posso più pensare che si tratti solo di misconoscenza della normativa e dei relativi profili professionale.
Appurato oramai come vi siano ingenti interessi economici nella costante riduzione del personale e nella spremitura dei tirocinanti, sfruttati come manovalanza di reparto a costo zero, forse sarebbe giunto il caso di dimostrare un minimo di rispetto a ciò che resta di quella che avrebbe dovuto essere una professione intellettuale, ma che di fatto, lo è solo per i giudici al momento della lettura delle condanne nei confronti degli infermieri.
È evidente che le forze responsabili di questo sfacelo siano in netta maggioranza rispetto a chi vorrebbe cambiare la situazione.
Cosa dovrebbe fare dunque un giovane che intende affacciarsi a questa pseudo-professione intellettuale?
Può rassegnarsi ed auto-convincersi che rifare i letti o sapere come passare la scopa a trapezio sul pavimento sia doverosamente parte del “Core Curriculum” che ogni bravo infermiere debba avere, oppure si può non intraprendere o abbandonare il percorso di studi o la professione.
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