Il presidente dell’Ordine, Stefano Giglio, denuncia la situazione e auspica un’inversione di tendenza.
“Almeno il 20% degli infermieri che formiamo qui se ne vuole andare per mancanza di stimoli”. Così Stefano Giglio, presidente di Opi Udine, in un’intervista rilasciata al Gazzettino. Argomento: la fuga degli infermieri dal Friuli Venezia Giulia.
I motivi? Innanzituttio il ricorso alle agenzie interinali per le assunzioni: quando un infermiere in quella condizione contrattuale si vede aprire una qualche porta in concorsi che prevedano inquadramenti migliori, saluta tutti e se ne va. In tale contesto si inserisce il discorso inerente un “concorsone” dalle cui graduatorie l’Azienda sanitaria universitaria Friuli Centrale sta attingendo, che non prevede numeri ancora significativi (circa 180 posti).
E poi una paventata, futura difficoltà nell’individuare chi dovrà ricoprire il ruolo di infermiere di famiglia/comunità, nuova figura di raccordo tra cittadino e sistema sanitario. Soprattutto considerando, come sottolineato da Giglio nell’intervista, che i professionisti appositamente formati devono poter esibire un’esperienza di almeno due anni in ambito distrettuale/territoriale, domiciliare o esperienza di percorsi clinico-assistenziali (Pdta), di integrazione ospedale-territorio, di presa in carico di soggetti fragili.
La priorità, secondo il presidente di Opi Udine, è trattenere in loco gli infermieri, una volta formati: “E’ un tema che dobbiamo affrontare, per cui serve aprire subito un tavolo con la Regione al fine di migliorare l’attrattività delle nostre aziende”. Le soluzioni proposte dall’Ordine sono molteplici e vanno dalla mensa gratuita agli alloggi agevolati. Soluzioni peraltro già adottate in altre zone d’Italia.
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