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Infermiere militare in missione in Afghanistan: la storia di Rocco Mergola

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L’infermiere Rocco Mergola racconta in una dettagliata intervista la propria esperienza lavorativa in Afganistan

Il collega ha lavorato in uno scenario di guerra prestando assistenza sanitaria al contingente internazionale

Benvenuto Rocco, raccontaci come si sia svolta la missione alla quale hai preso parte.

“La missione internazionale Resolut Support, alla quale ho partecipato, è mirata a dare supporto alle forze armate afghane e al contingente internazionale che le affianca. Io stavo e lavoravo presso un pronto soccorso Role 1 situato ad Herat, dove c’erano prevalentemente soldati statunitensi, spagnoli, sloveni ed ungheresi, mentre i colleghierano soprattutto statunitensi e spagnoli.

Ho prestato sevizio sanitario durante la visita dell’ex presidente del Consiglio Matteo Renzi, rispondendo ad alcune domande personalmente e ricevendo, per suo tramite, il ringraziamento dell’intera nazione per il lavoro che stavamo svolgendo in un territorio così ostile”.

L’attività infermieristica veniva svolta esclusivamente all’interno del campo base?

“Le forze alleate istruivano le forze armate locali per le azioni militari, e spesso è capitato che dovessimo dare sostegno diretto durante le missioni, per questo uscivamo a bordo dei mezzi blindati. Certo la paura era molta, poiché poteva capitare un ordigno rudimentale sul nostro cammino e saremmo rimbalzati sulla stampa internazionale come gli ennesimi eroi a perdere la vita; spesso sentivamo anche i proiettili che cozzavano contro il mezzo blindato: era un modo per farsi sentire da parte dei guerriglieri del posto”.

Hai avuto occasione di assistere anche le popolazioni locali?

Era un’attività che non veniva svolta quasi più, l’abbiamo ripresa, io e pochissimi altri”. Mai pentitosi di essere andato in Afghanistan, nonostante il pericolo, Rocco parla di “un’esperienza unica, carica di emozioni, molto formativa dal punto di vista sia umano che professionale. Tra l’altro io per carattere amo rimettermi sempre in nuove sfide“.

Quali sono stati i momenti più toccanti?

Quando uscivamo dal campo e avevamo a che fare coi bambini, non hanno davvero niente, scalzi sporchi ma con gli occhi che sorridono, vedi scene che ti toccano. La prima volta non mi ero portato dietro niente, nelle uscite successive prendevo dalla mensa pane e acqua per darla a loro; era tutto così difficile, la temperatura insopportabile, 50 gradi, il pericolo sempre in agguato ma lo rifarei per altre mille volte solo per il vedere il sorriso di quei bambini”.

Hai intenzione di ripetere questa esperienza?

“Sto già istruendo le pratiche per un altro periodo di volontariato, probabilmente in Libia o in Iraq. Intanto ringrazio i miei Coordinatori del 118 e la Direzione Sanitaria dell’Azienda USL della Romagna per avermi dato la possibilità di vivere questa esperienza e di avermi fatto realizzare un sogno. Un pensiero anche al mio compagno di avventura il dottor Dario Zazzaro e al mio personal trainer caporal maggiore capo scelto Alessandro Polo. Mentre un ringraziamento speciale va ai militari del secondo Reggimento Genio Guastatori di Trento che mi hanno accolto come un fratello e mi hanno messo sotto la propria ala protettiva spiegandomi sempre tutto, dandomi coraggio durante le uscite sul territorio afgano facendomi sentire uno di loro, grazie di cuore eroi”.

Simone Gussoni

Fonte: Riminitoday

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