Aurelio Bertolotti era un infermiere del Mondino con la passione per la pittura, per la lettura e per la scrittura. Il suo amore per i bambini lo ha spinto a donare ogni suo avere all’Unicef. Era conosciuto dai pazienti e dagli amici semplicemente come Elio.
Tutti i conoscenti di Elio lo descrivevano come un uomo buono, dedito ad aiutare il prossimo in qualsiasi circostanza.
Ha dimostrato questa sua grande bontà d’animo lasciando ogni suo avere ai bambini bisognosi dell’Unicef, il Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia che dal 1946 opera perbene ridurre la mortalità infantile, la povertà e la fame, consentendo ai bambini poveri di frequentare la scuola e poter combattere HIV, AIDS e malaria.
Ha lasciato 137.000 euro, i suoi quadri e la sua Fiat 600 in eredità. Le sue opere saranno in mostra a Santa Maria Gualtieri ed il ricavato sarà anch’esso devoluto in beneficenza.
Elio è morto nel 2015, all’età di 73 anni. Rita Vitali, la presidente del comitato locale Unicef di Pavia, lo ricorda con le seguenti parole:
“Bertolotti faceva l’infermiere perché voleva avere un lavoro sicuro ma per anni aveva fatto il figurinista per alcune case di moda a Milano”, ha spiegato la Vitali. “Era schivo, solitario. I suoi quadri parlano di emozioni. Teneva un quaderno su cui annotava tutto. Appunti, riflessioni, proverbi, episodi dell’infanzia e della vita. Racconti sui genitori. Studiava da autodidatta informatica e non solo, in casa aveva libri di psicologia di Silvia Vegetti Finzi, libri di pittura”, prosegue ancora.
Una lettera trovata nella sua abitazione spiega perché volesse lasciare ogni suo avere ai bambini poveri del mondo. “Ha annotato anche questa, di Kennedy”, mostra la Vitali, “Il Pil, prodotto interno lordo, misura tutto, tranne ciò per cui vale la pena vivere. Infatti, non misura la libertà, la felicità, la serenità, la gentilezza, il rispetto, l’amore, eccetera”.
Di ciò che ha lasciato Elio non ha beneficiato solo l’Unicef. Grazie all’intervento di Vitali i mobili sono stati usati nella Casa delle associazioni di San Martino Siccomario.
Simone Gussoni
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