Il 25 dicembre 1997 l’infermiera, che all’epoca lavorava all’ospedale Ingrassia, subì il contagio dopo essersi punta accidentalmente con una siringa rimasta per errore e senza protezione nel letto di un paziente affetto da epatite C. Morì 15 anni più tardi. Ora la Corte d’Appello, confermando la sentenza di primo grado, ha condannato l’Asp a riracire la famiglia con oltre 1 milione e 600mila euro.
La seconda sezione civile della Corte d’Appello di Palermo ha condannato l’Asp Palermo a risarcire con oltre 1 milione e 600mila euro la famiglia dell’infermiera morta il 25 ottobre del 2012, a 64 anni, dopo aver contratto l’epatite C in circostanze a dir poco singolari 15 anni prima, quando lavorava all’ospedale Ingrassia di Palermo.
I fatti risalgono al 25 dicembre del 1997. Mentre cambiava le lenzuola a un paziente affetto da epatite C, l’infermiera, all’epoca 48enne, sposata e con figli, subì il contagio dopo essersi punta alla mano con una siringa rimasta nel letto per errore e senza protezione. Iniziò così il suo lungo calvario, terminato col decesso 11 anni fa.
I giudici, sia di primo che di secondo grado, hanno ritenuto, anche in base a una consulenza tecnica, che non sussistessero dubbi sul nesso causale tra l’incidente capitato all’infermiera e la malattia che in seguito l’aveva uccisa.
Confermando dunque la sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale nel 2020, la Corte d’Appello ha respinto il ricorso presentato dall’Asp e l’ha pure condannata a pagare le spese di giudizio ai parenti dell’infermiera (oltre 20mila euro), nonché quelle sostenute dalla Reale Mutua Assicurazioni.
Quest’ultima era stata chiamata in causa proprio dall’Azienda sanitaria, sebbene non fosse l’unica a dover coprire eventuali danni di questo tipo, e ha già pagato il 40% del risarcimento, come previsto dal contratto. Per il resto della somma l’Asp avrebbe dovuto citare singolarmente le altre compagnie assicurative. Cosa che invece non ha fatto, e dunque dovrà ora provvedere di tasca propria (che poi è la tasca dei cittadini).
Redazione Nurse Times
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