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In Svezia si sperimentano le sei ore lavorative

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In Svezia si sperimentano le sei ore lavorative
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La Svezia sta sperimentando la giornata lavorativa di 6 ore, questo consentirà di lavorare di meno con ricadute positive sulla produttività, assicurando una qualità di vita migliore ai lavoratori. I primi risultati sulla produttività dei dipendenti sono incoraggianti e anche il ritorno in termini di qualità della vita. Unico problema: il costo.

La sperimentazione prevede che i dipendenti continuino a percepire lo stipendio pieno pur lavorando due ore in meno. E per poter garantire gli stessi servizi è necessario aumentare il numero di lavoratori. Una ricaduta di per sé positiva per l’occupazione, ma che in tempi di crisi si scontra con la necessità delle amministrazioni pubbliche di ridurre le spese.

Questa formula che sta interessando un numero crescente di aziende, insieme a qualche amministrazione locale illuminata, sta riducendo l’orario di lavoro dalle classiche otto ore a sei per favorire il benessere fisico e mentale dei propri dipendenti, e al contempo aumentare la produttività.

In altre parole: non si lavora mai otto ore effettive, e dunque è più utile scremare il tempo che si trascorre in azienda dalle pause, consentendo ai dipendenti di godere di più tempo libero, e ottenere in cambio una maggiore intensità produttiva durante l’orario di ufficio. La Toyota di Goteborg ci è arrivata molto tempo prima, all’inizio del nuovo millennio, e i risultati sono stati straordinari: dipendenti più felici, basso tasso di avvicendamento e profitti in crescita del 25%.

Alla stessa conclusione è giunta una casa di riposo di Goteborg, che ha iniziato questa sperimentazione con la riduzione dell’orario di lavoro di infermieri e personale medico, migliorando non solo la loro esistenza ma anche quella dei pazienti. Certo, per coprire le esigenze degli anziani clienti della struttura è stato necessario assumere 14 persone in più e non tutte le aziende sono in grado di permettersi questo tipo di contromisura.

I dirigenti si sono dati tempo fino alla fine del 2016 per determinare se il costo delle assunzioni necessarie per coprire la mancanza di personale sia compensato da uno staff con un morale migliore e di conseguenza con una migliore assistenza ai pazienti.

Il caso di Göteborg non è stato ancora esteso a tutto il paese. L’orario settimanale in Svezia rimane a 36,5 ore. Ma la soglia fissata per legge in realtà non significa molto. In Francia, dove esistono da oltre dieci anni le famose 35 ore settimanali, l’orario effettivo è in media di 38 ore. Alla fine dell’anno, secondo i dati Ocse, un francese lavorerà però meno di uno svedese (1482 contro 1636 ore). La Turchia è il paese con la settimana lavorativa più pesante, ben 49 ore, mentre l’Irlanda ha 34,9 ore, la Norvegia 33,9 ore. I più fortunati sono gli olandesi con poco meno di 30 ore settimanali.

Quello che è stato definito “il grande esperimento sociale svedese” è partito nell’aprile 2014, con l’annuncio da parte del governo cittadino di Goteborg di voler diminuire l’orario di lavoro nel settore pubblico, con l’obiettivo ambizioso di aumentare la produttività, tagliare i costi e migliorare la qualità della vita dei lavoratori. L’esperimento è stato un pieno successo.

Purtroppo in Italia siamo invece alle prese con una riorganizzazione del lavoro in sanità, dovuta al recepimento della direttiva europea sull’orario di lavoro, che si sta trasformando in una vera e propria emergenza, con una serie di annunci di assunzioni da parte del Ministero della Sanità, regioni.

In attesa che si passi dalle parole ai fatti,  la riduzione dell’orario di lavoro in Italia anche sperimentale così come viene proposto in Svezia resta un miraggio.

 Massimo Randolfi

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