Ad un anno dal crollo del Ponte Morandi proponiamo la testimonianza del medico e dell’infermiera dell’automedica del 118, giunti sul luogo della tragedia prima di ogni altro mezzo di soccorso.
Ore 11.36 del 14 agosto 2018: a pochi secondi dal crollo del ponte arrivano numerose le telefonate al centralino del 118 del San Martino.
La prima automedica che interviene è quella con a bordo il medico, Francesco Patrone e l”infermiera, Patrizia Montalbetti, che erano in servizio in Valpolcevera. Quando arrivano sul greto trovano solo due agenti del nucleo cinofili. Poi solo silenzio irreale, fra i suoni degli allarmi delle auto precipitate e il lamento dei pochi feriti. Tanti i morti. Il medico accertato che una persona non respirava più e non aveva parametri vitali, lo lasciava e passava ad un altro ferito.
Non c’era tempo di provare a rianimare. “La priorità in quei terribili istanti”, come racconta Patrone, “è stato cercare di salvare chi dava ancora segni di vita”. Ma purtroppo alla fine, come ammette con un filo di voce l’infermiera Montalbetti, i feriti sono stati pochi e i morti tanti “ci passavano dentro sacchi bianchi”.
Il medico e l’infermiera sono stati gli unici ad intervenire per 10 lunghi ed interminabili minuti prima dell’arrivo dei altri medici, di sanitari in servizio ma anche volontari, il primo medico è giunto dall’Ikea dove stava facendo la spesa. “In quel lasso di tempo in cui eravamo soli fra le macerie, i morti e i feriti, ci siamo sentiti piccoli come formichine”, ammette l’infermiera per rimarcare il senso di impotenza provato.
Redazione Nurse Times
Fonte: TeleNord
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