Introduzione di Marco Parracciani
Di seguito è presentato un lavoro di tesi prodotto dalla collega Francesca Pisa, infermiera laureata all’Università degli Studi di Firenze, dal titolo “Persone affette da demenza: gli effetti della musica”. Questo lavoro di ricerca sugli effetti della musicoterapia è stato fatto all’interno della RSA “Villa Ersilia” a Marradi (FI).
Nell’articolo è presentata solo una parte del lavoro; per tutte le informazioni e per approfondimenti potete contattare la collega all’indirizzo email [email protected]
Cosa si intende per musicoterapia?
Rolando Omar Benenzon, autore e docente argentino di musicoterapia, definisce questo approccio dividendo il piano scientifico da quello terapeutico: “Da un punto di vista scientifico, la musicoterapia è un ramo della scienza che tratta lo studio e la ricerca del complesso suono-uomo, sia il suono musicale o no, per scoprire gli elementi diagnostici e i metodi terapeutici ad esso inerenti. Da un punto di vista terapeutico, la musicoterapia è una disciplina paramedica che usa il suono, la musica e il movimento per produrre effetti regressivi e per aprire canali di comunicazione che ci mettano in grado di iniziare il processo di preparazione e di recupero del paziente per la società”.
In termini più semplici possiamo definire la musicoterapia come l’uso della musica e/o degli elementi musicali (suono, ritmo, melodia e armonia) – nei confronti di un singolo utente o di un gruppo – con lo scopo di facilitare e favorire la comunicazione, la relazione, l’apprendimento, la motricità, l’espressione, l’organizzazione e altri rilevanti obiettivi terapeutici, al fine di soddisfare le necessità fisiche, emozionali, mentali, sociali e cognitive della persona.
Gli elementi chiave che stanno alla base della musicoterapia devono essere innanzitutto un coinvolgimento attivo della persona, un continuo adattamento e personalizzazione della tecnica e inoltre è di fondamentale importanza che si stabilisca un rapporto di fiducia, fatto di scambi reciproci di proposte, tra il musicoterapeuta e l’assistito. La musicoterapia è espressione, comunicazione, e come tale ha bisogno di feedback.
Il ricorso alla musicoterapia ad oggi sta diventando sempre più ampio: questa particolare disciplina trova infatti molti campi di applicazione, come ad esempio la riabilitazione o la terapia in reparti di medicina oncologica, palliativa, geriatrica e di terapia intensiva.
Per quanto riguarda la riabilitazione, gli ambiti di intervento riguardano prevalentemente la neurologia e la psichiatria con particolare riferimento a: autismo infantile, ritardo mentale, disabilità motorie, morbo di Alzheimer ed altre forme di demenza, psicosi, disturbi dell’umore, disturbi somatoformi (in particolare sindromi da dolore cronico) e disturbi del comportamento alimentare (anoressia nervosa).
A questo punto è opportuno spostare e focalizzare l’ attenzione, visto i molteplici settori in cui si può far ricorso a questa tecnica, sugli effetti che la musicoterapia può avere su le persone istituzionalizzate in case di riposo ed affette da demenza senile.
Per questo l’obiettivo generale dello studio è quello di valutare gli effetti della musica, sia da un punto di vista fisico (qualità della vita) che psichico (benessere emotivo), su un gruppo di persone anziane affette da demenza istituzionalizzate in casa di riposo. Successivamente sono stati confrontati gli effetti su un gruppo di anziani non affetti da demenza.
Lo studio condotto dalla collega si è diviso in una ricerca in letteratura con l’analisi di molti articoli utilizzando la piattaforma PubMed e in uno studio “sul campo”. Di seguito sono riportate le fasi della seconda parte, relativa all’attività di musicoterapia nella RSA.
Lo studio
Si tratta di uno studio non sperimentale, qualiquantitativo e attuato da un punto di vista temporale prospettico-longitudinale.
Il campione di studio
Il campione in esame è stato diviso in due gruppi A e B. il gruppo A formato da persone affette da demenza , mentre il gruppo B formato da persone senza demenza.
Criteri adottati per l’inclusione delle persone nel campione dello studio:
– Età uguale o superiore ai 65 anni
– Entrambi i sessi
– Essere istituzionalizzato in casa di riposo
– Essere istituzionalizzato in casa di riposo da un periodo non inferiore ad 1 mese
– Per il gruppo A = essere affetti da demenza
– Per il gruppo B = non essere affetti da demenza
Strumenti
Le scale utilizzate in questo studio, al fine di valutare gli effetti della musica, sono state la scala di Cornell (valutazione dei sintomi depressivi nelle persone con demenza) la scala A.D.L (per valutare un eventuale recupero funzionale nelle attività di vita quotidiana) e il test di Pfeiffer (per indagare i disturbi cognitivi).
Interventi
Verranno svolti degli interventi di musicoterapia e al termine di ognuno di questi, saranno compilate delle scale, grazie al supporto del personale sanitario (infermieri e psicologa). Le modalità e i tempi, sia degli interventi di musicoterapia che di compilazione delle scale, saranno descritti dettagliatamente nel protocollo operativo.
Outcomes misurati
I principali outcomes misurati saranno:
– Qualità della vita;
– Variazione dello stato fisico, cognitivo ed emotivo tra la prima valutazione e le successive.
Ipotesi di studio:
- La musica è un intervento complementare all’Assistenza Infermieristica in grado di influire positivamente sulla vita delle persone.
- La musica ha dei riscontri positivi, sia da un punto di vista fisico che psichico, sulle persone anziane affette da demenza.
Fra le varie fasi dello studio, sono descritte di seguito la fase 3 e 4, ovvero la prima somministrazione delle scale e primo intervento di musicoterapia e i successivi incontri di musicoterapia:
Prima somministrazione delle scale e primo intervento di musicoterapia
In questa fase si andranno a somministrare per la prima volta le scale di valutazione (Cornell Scale; A.D.L e test di Pfeiffer). Nello specifico la Cornell Scale e l’A.D.L verranno somministrate ad entrambi i gruppi (A e B) mentre il test di Pfeiffer verrà somministrato solo al gruppo A. E’ opportuno specificare che la Cornell Scale è stata somministrata anche alle persone senza demenza perché comunque istituzionalizzate e quindi esposte ad un maggior rischio di alterazione del tono dell’umore. Durante la compilazione delle scale saranno coinvolti, per un maggior supporto, alcuni operatori sanitari come la psicologa o gli infermieri. Terminata la somministrazione delle scale si procederà con il primo incontro di musicoterapia che avrà una durata dai 30 ai 40 minuti. Durante l’incontro verranno cantante e suonate con chitarra acustica le canzoni ritenute più opportune e inoltre si cercherà di coinvolgere attivamente le persone chiedendole di :
– Cantare;
– Battere a tempo le mani;
– Ballare;
– Fare proposte e richieste circa la loro canzone preferita.
Successivi incontri di musicoterapia
Nella quarta fase si procederà con altri incontri di musicoterapia che saranno intervallati da un periodo circa di 2 settimane l’uno dall’altro ad eccezione degli ultimi 2. Questi infatti verranno intervallati da un periodo maggiore (circa un mese) sia per valutare gli effetti a lungo termine della musicoterapia, sia per poter eseguire un follow-up e dimostrare quindi che eventuali risultati raggiunti si sono mantenuti nel tempo. Gli incontri totali saranno 5 ed al termine di ciascuno di questi verrà somministrata, sia al gruppo A che al gruppo B, la Cornell Scale per evidenziare eventuali mutamenti riguardo lo stato emotivo.
Successivamente è stato eseguito un follow-up dopo tre mesi di studio.
https://www.youtube.com/watch?v=TWgiQP6WxGU&feature=youtu.be
Il video è stato girato dalla collega in RSA, ed è visibile il coinvolgimento degli assistiti durante gli incontri di musicoterapia.
Conclusioni
Nonostante la semplicità e la non invasività del trattamento i risultati che si ottengono con la musicoterapia sono veramente notevoli. Questo studio ha messo in luce come la musica sia in grado di aumentare la positività emozionale delle persone sia affette da demenza che non. Purtroppo [come segnalato nel lavoro di tesi] per via del numero esiguo di persone partecipanti allo studio, i risultati ottenuti in merito alla qualità della vita ed allo stato cognitivo non sono stati del tutto soddisfacenti. Comunque questo aspetto è emerso anche in alcuni degli studi esaminati durante la ricerca in letteratura. Quanto appena affermato va ad avvalorare parzialmente la seconda ipotesi formulata nel protocollo di ricerca, ovvero la parte in cui si ipotizza che la musicoterapia sia un trattamento in grado di apportare dei riscontri positivi, da un punto vista psichico, sia nella persone affette da demenza che non. Probabilmente con un campione più ampio ed un periodo più lungo di studio si potrebbero ottenere dei riscontri positivi anche da quel punto di vista.
Già solo dopo 5 incontri di musicoterapia si sono ottenuti risultati rilevanti, riuscendo a trasmettere a queste persone, anche per un solo pomeriggio, l’entusiasmo degli anni passati.
Considerando ciò sarebbe auspicabile che la musicoterapia, come anche la cromoterapia la pet- terapy o la clown terapia, diventassero parte integrante dell’Assistenza Infermieristica.
È vero che ad oggi ci sono ancora delle incertezze circa gli effetti di queste tecniche in merito allo stato prettamente fisico, ma per quanto riguarda il benessere psicologico ci sono numerosi studi che ne testimoniano l’efficacia. Lo stato di salute di un essere umano non è dato solo dal benessere fisico ma anche da quello psicologico e sociale quindi sembra quasi scontato affermare che le suddette tecniche dovrebbero rivestire la stessa importanza di un farmaco.
Si ritiene che la figura professionale più idonea per garantire quest’integrazione assistenziale sia rappresentata dall’Infermiere che, con l’acquisizione delle giuste competenze, potrà rivestire un ruolo di rilievo nell’erogazione di queste tecniche. Con quest’ultima affermazione viene rivalutata la prima ipotesi del protocollo di ricerca in cui si ipotizzava che la musicoterapia potesse diventare un intervento complementare dell’Assistenza Infermieristica. Lo studio ha posto buoni presupposti affinché tutto ciò possa essere applicato nella realtà infermieristica.
Marco Parracciani
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