Sono stati definiti, sin dall’inizio di questa emergenza coronavirus, degli “eroi” o, in alcuni casi, gli angeli senza volto. Sono le decine di migliaia di infermieri, medici e operatori sanitari in prima linea in questa “guerra” contro il Covid 19. Quella che pubblichiamo è la testimonianza di un infermiere del servizio di emergenza-urgenza 118 in questa domenica delle Palme.
Ore 7 del mattino: inizi il turno sperando che sia una buona giornata. Arrivo in postazione India e dò il cambio al collega che prima di andar via mi lascia le consegne. Sistemo le mie cose e vado a salutare il mio team composto da autista e soccorritore. Andiamo in ambulanza e facciamo la check-list. Risaliamo e controlliamo i kit Covid-19; mentre si parla squilla il cellullare della centrale, il tablet suona l’alert e cominci a pensare “speriamo non sia un Covid-19”.
La centrale conferma che si tratta di un caso di Covid: un paziente con dispnea e oncologico. Rivolgo alcune domande ulteriori e faccio presente che a mio avviso serve il medico. Il collega riflette, si confronta e conferma: mi dice che posso annullare l’intervento e che manda la Mike. Non penso che ci sia andata bene ma che semplicemente era opportuno mandare la Mike per il bene del paziente stesso.
Ore 11,10: squilla il cellulare della centrale, la Mike non è ancora rientrata per la chiamata precedente. Chiedo info più dettagliate come al solito, cerco di farmi un quadro sulla base di quello che mi dicono ed elaboro. I parenti del paziente, dicono sia apiretico e non abbia dispnea, ma non ci credo. I presentimenti, recentemente, sono giusti. Dico alla centrale che mi vesto preventivamente perché devo tutelare me e il mio team.
Ci vestiamo e partiamo. Per strada si discute sulle patologie confermateci dalla centrale. Arriviamo sul posto, faccio una valutazione soggettiva/oggettiva del paziente, misuriamo i parametri e il paziente ha ipertermia a 38. È vero, si tratta di un parametro che dice tutto e niente, ma io devo comunicarlo alla centrale. Telefono e mi confronto, alla fine mi consigliano il trasposto al reparto Covid più vicino! Prepariamo il paziente al meglio per il trasposto e nel frattempo passa un’ora: la tuta e gli altri DPI cominciano a farsi “sentire”, inizi a sudare e ad avere un aumento della FC e della CO2, lo capisci dal mal di testa.
Chiudo gli occhi e respiro lentamente per ridurre la FC e limitare una iperventilazione. Mettiamo il paziente in ambulanza e si parte a sirene spiegate verso il centro Covid. Arrivati sul posto ascolti le solite lamentele, dissensi e indignazioni del medico del Pronto soccorso che non trova giusto l’organizzazione del sistema. Attendiamo per sbarellare e nel contempo, contemplo, penso e rifletto. Dopo circa due ore dall’inizio dell’intervento ci fanno sbarellare; trasmetto i dati al triage e spiego tutto al collega. Esco dal Pronto soccorso e parlo col figlio del paziente, il quale preoccupato mi chiede informazioni. Dò delucidazioni sul tampone, alla fine mi saluta e mi ringrazia dicendomi: “Buona domenica delle Palme”.
Realizzo che giorno è, lo ringrazio e si riparte. Lungo la strada cerco di rilassarmi ma non è poi tanto semplice, fortuna che c’è lo stereo e accendo la radio istintivamente, la musica aiuta. Parte la canzone di Eros Ramazzotti “La nostra vita” rifletti sulle parole e improvvisamente osservo il mio team, ragazzi giovani operativi ma soprattutto meravigliosi, mi sorridono e lo capisco dagli occhi, non diciamo nulla ma ci tocchiamo i pugni, come per dire ben fatto. Un brivido lungo la schiena mi fa capire quanto amo questo lavoro anche in questo periodo infausto.
Il silenzio regna nell’ambulanza ma intanto continuo a pensare e mi verrebbe voglia di urlare al Governo e ai politici, un urlo di rabbia e speranza! Spero che quando tutto sarà finito, non vi dimentichiate di quello che facciamo e come lo facciamo! Ricordatevi di noi. Anche noi abbiamo una famiglia che ci aspetta a casa, ma quello che facciamo vale 1500€?
Buona Domenica delle Palme da una squadra India 118.
Salvatore Petrarolo
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