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Il pianeta “professioni sanitarie”: i cambiamenti avvenuti, quelli attesi e le resilienze di tanti!

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Il pianeta “professioni sanitarie”: i cambiamenti avvenuti, quelli attesi e le resilienze di tanti!
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Pensieri e riflessioni di Marcello bozzi

Pochi giorni fa leggevo su riviste di settore  le affermazioni di illustri medici (ricoprenti cariche nazionali) del genere “… la vaccinazione è un atto medico” (invece è un atto sanitario), altri che sostenevano “… anche gli infermieri possono vaccinare, ma sotto supervisione medica” (il badantaggio è tutelato da norme … ma pare  non riguardare l’operatività dei professionisti in questione), fino al pensiero di altri che continuano a sostenere che “la responsabilità è del medico” (mentre la responsabilità è individuale, di ogni professionista afferente ad una delle professioni sanitarie … rif. l. 24/2017).

C’è da capire se tali situazioni sono collegabili all’ignoranza (nel senso, ovviamente, di non conoscenza dei cambiamenti avvenuti), o alle difficoltà ad accettare i cambiamenti e rimanere ancorati ad organizzazioni medioevali o gerarchico-militari (il reparto, la divisione, il permesso, il congedo ordinario, il congedo straordinario, i sottoposti, etc. etc.).

Proviamo a fare un po’ di chiarezza, a partire dalla storia e, a seguire, i cambiamenti che hanno interessato le normative inerenti la formazione degli infermieri e di tutte le professioni sanitarie, le normative che disciplinano le professioni sanitarie e le normative che regolamentano il funzionamento del sistema.

Alcune “pillole” di storia

Nel periodo della pubblicazione della L. 833/1978 il sistema sanitario (prevalentemente ospedaliero) era regolamentato dal DPR 128/1969, a forte natura gerarchica, con un sistema assistenziale all’interno dei contesti assistenziali generalmente costituito da una caposala (spesso suora), da Infermieri professionali (pochi, solo di genere femminile, raramente presenti nelle turnazioni H24), da molti Infermieri Generici (vero motore per il funzionamento delle strutture …con la cultura e la formazione di quel tempo) e da Ausiliari.

In questo percorso storico è importante ricordare:
  • la l. 124/1971che estende l’ammissione ai corsi di formazione anche al genere maschile, con i primi diplomati nell’annualità 1973);
  • la chiusura delle Scuole di Infermiere Generico (1980)
  • l’attivazione di percorsi alternativi (ausiliario socio sanitario, ausiliario socio sanitario specializzato, O.T.A.)
  • l’attivazione dei Corsi di Operatore Socio Sanitario (2001)
I cambiamenti più rilevanti riguardanti la formazione infermieristica possono essere così esemplificati:
  • la legge 795/1973 (accordo Europeo di Strasburgo) – porta a 10 anni di scolarità pregressa per l’ammissione ai corsi e a 3 anni di corso;
  • la l. 341/90 Riforma Universitaria – Istituisce il Diploma Universitario triennale (requisito di ammissione 5 aa Scuola Media Superiore);
  • I decreti MIUR 2 aprile del 2001 determinano le classi di laurea delle professioni sanitarie (superamento dei DD.UU.);
  • Il DM 70/2004 «Modifiche al regolamento recante norme concernenti l’autonomia didattica degli atenei» classifica i titoli rilasciati dall’Università:
    • 1. Laurea (dottore),
    • 2. Laurea Magistrale (dottore magistrale),
    • 3. Diploma di specializzazione,
    • 4. Dottorato di Ricerca (Dottore di Ricerca);
  • dall’A.A. 2004/2005 vengono attivati i corsi di Laurea Magistrale / Specialistica per le singole classi o aree (infermieristico-ostetrica, tecnica, della riabilitazione e della prevenzione).

Nel corso di 25 anni si è passati da 12 anni di percorso formativo complessivo (percorso professionalizzante in scuole regionali) a 16 anni per il corso di laurea di I livello, che diventano 18 anni con il completamento del II livello.

Le evoluzioni normative che hanno interessato le professioni sanitarie:
  • il DM 739/1994 (ed i Decreti istitutivi degli altri 21 Profili Professionali – autonomia e responsabilità professionale);
  • la l. 42/1999  (riconoscimento Professioni Sanitarie e superamento concetto “ausiliarietà”, eliminazione mansionari, equiparazione ed equipollenza precedenti titoli, autonomia e responsabilità professionale);
  • la l. 251/2000 (disciplina delle professioni sanitarie – ripresa dei concetti di autonomia e responsabilità e possibilità da parte delle aziende di attivare i servizi infermieristici aziendali con inquadramenti dirigenziali collegabili all’art. 15 septies del D.Lgs. 502/92 e s.m.i.)
  • la l. 43/2006 (disposizioni in materia di professioni sanitarie – abilitazioni all’esercizio professionale – la filiera professionale costituita da professionista generalista, professionista specialista, professionista coordinatore, professionista dirigente)

Nel corso di 12 anni (per tutte le 22 professioni sanitarie) si è passati da un preciso riconoscimento di autonomie e responsabilità, al riconoscimento di “professione sanitaria”, al superamento della “ausiliarietà”, fino alla chiara definizione dell’articolazione organizzativa che prevede il professionista generalista, il professionista specialista, il professionista coordinatore e il professionista dirigente.

Altri importanti riferimenti vanno ricercati:
  • nel CCNL Area del Comparto (con la possibilità di riconoscere ruoli e responsabilità di più alto rivello con l’assegnazione di incarichi di funzione organizzativi e professionali);
  • all’interno del CCNL Area della Dirigenza Sanitaria (con il riconoscimento pieno della dirigenza delle professioni sanitarie, con la necessità di adeguamenti, ben specificati nelle note congiunte n.6 e 7  del vigente CCNL.);
  • nel Codice deontologico del Medico e nel Codice Deontologico dell’Infermiere (con particolare riferimento alle citazioni riguardanti le collaborazioni / integrazioni multi-professionali, al rispetto reciproco, al rischio e al governo clinico, agli strumenti di lavoro per garantire la continuità ed uniformità dei percorsi clinico-assistenziali. Guardando al futuro, la possibilità / necessità  di prevedere un tronco comune identico per tutte le professioni);
  • nella l. 24/2017  (Disposizioni in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie).  Come ben specificato nel titolo della norma, si fa riferimento a tutte le professioni sanitarie e a tutti i professionisti.
Alcune riflessioni:
  • le grandi evoluzioni che hanno riguardato i percorsi formativi delle 22 professioni sanitarie, unitamente ai cambiamenti radicali delle normative che regolamentano e disciplinano le professioni sanitarie, non hanno prodotto i cambiamenti attesi (o comunque in maniera estremamente ridotta rispetto alle aspettative);
  • le organizzazioni del lavoro sono rimaste invariate (prevale il compito e il mansionismo);
  • la “concettualizzazione e la progettualità”, caratteristiche fondamentali della Disciplina Infermieristica, risultano essere ben presenti nel percorso formativo e poco applicate nella quotidianità (prevale la consuetudine e il “si è sempre fatto così” … trascurando le possibili ripercussioni amministrativo-giuridiche);
  • i meccanismi di integrazione faticano a decollare (ne è un esempio la scarsa conoscenza dei principi fissati dalla l. 24/2017 che raccomanda la definizione e la condivisione di progetti, percorsi e processi);
  • in tanti si sono accorti dei cambiamenti … ma ostacolano i cambiamenti (va bene il professionista con formazione avanzata … ma ad invarianza di ruoli, gerarchie e responsabilità!!  E questo non è ovviamente possibile!

Nel periodo covid-19 e post covid-19 sono arrivati innumerevoli attestati e riconoscimenti alle professioni sanitarie, in particolare a medici ed infermieri, da inviti a concerti e commemorazioni, a riconoscimenti Presidenziali, fino al “red carpet” festivaliero veneziano … ma non è questo che serve per lo sviluppo e la valorizzazione delle professioni sanitarie.  Magari aiuta!!!! … ma equivale a “una pacca sulle spalle”!

Proviamo a pensare qualcosa di diverso:
  • il sapere individuale:
    • se un professionista è meglio formato di un tempo è ragionevole e logico che oggi possa esprimersi diversamente rispetto a ieri.  Pertanto vanno riviste le organizzazioni del lavoro, con la forte possibilità che alcune attività svolte fino ad oggi da un medico passino “in carico” ad altri professionisti. A titolo esemplificativo, con riferimento all’infermiere, a metà degli anni ’70 il prelievo ematico era una esclusiva del medico (l’infermiere provvedeva alla attenta distribuzione del materiale ematico nelle provette) e oggi, lo stesso infermiere chiede l’utilizzo dell’ecografo per il corretto e sicuro posizionamento di un PICC.  Qualcuno afferma che trattasi di “task-shifting” … utile per un risparmio economico. Proprio no!! Si tratta di una evoluzione di conoscenze e competenze di alcuni professionisti che, attraverso le riorganizzazioni necessarie (e inevitabili) possono consentire ad altri professionisti (medici) l’utilizzo del tempo lavoro per altre funzioni a maggiore complessità diagnostica o clinica, e comunque a favore dell’utenza. La stessa questione riguarda in identica misura tutte le altre professioni.
Le integrazioni professionali e multi professionali
  • Ogni professione sanitaria ha la sua articolazione organizzativa  (generalista, specialista, coordinatore, dirigente).
  • Il sistema è multi-professionale e multi-disciplinare e pertanto è indispensabile la massima integrazione ad ogni livello delle articolazioni organizzative (es. infermiere / medico, coordinatore / direttore, coordinatore dipartimento / direttore dipartimento, dirigente-direttore professioni sanitarie / direzione aziendale) per un più favorevole raggiungimento degli obiettivi pre-definiti.
I ruoli e le responsabilità
  • Nel livello “di linea operativa” è abbastanza semplice. Massima integrazione tra dirigente medico e professionista sanitario. Le norme sono chiare, il livello di conoscenza forse meno …senza differenze per le professioni considerate.
  • Nel livello di coordinamento sono intervenute normative contrattuali che hanno definito – a grandi linee – il ruolo e la responsabilità del coordinatore. È bene ricordare che in capo a tale figura ricade la responsabilità programmatica ed organizzativa della strutture, ovviamente definita e condivisa con il Direttore della struttura, con parallele ricadute sull’organizzazione del lavoro e di tutte le professioni sanitarie.
  • Nel livello dirigenziale le regole sono quelle della dirigenza e quelle definite dai CCNL della dirigenza sanitaria. Forse per aspetti di carattere culturale (o forse  per timori di perdere qualcosa), in tanti fanno fatica a comprendere le evoluzioni, i cambiamenti e le ridistribuzioni di ruoli e responsabilità.
  • Non si tratta di “punti di forza”  o di “potere”.  Molto più semplicemente di caratterizzazioni e specificità formative e professionali, che consentono l’afferenza a status giuridici diversi, che obbligano alla massima integrazione possibile, tenuto conto della diversità dei saperi e della non mutuabilità degli stessi.
In ultimo una riflessione sull’unica figura non laureata del SSN che è l’Operatore Socio Sanitario (riferimento non corretto perché la maggior parte di questi è in possesso di un Diploma di Laurea, non specifico per l’esercizio professionale).

Intanto è bene ricordare:

  • non è classificata come “professione sanitaria”  …ma lavora sulle persone!
  • ha un percorso formativo e un profilo professionale stabilito 20 anni fa, molto più forte dell’infermiere generico degli anni ’70 …ma ha una operatività (da profilo professionale) inferiore.

Forse è giunto il momento di ripensare il percorso formativo e il profilo professionale dell’Operatore Socio Sanitario e, parallelamente, privilegiare l’azione concettuale e progettuale dell’infermiere nella strutturazione del progetto assistenziale e nella relativa verifica e valutazione, in linea con gli insegnamenti disciplinari universitari, con anche una contestuale rivisitazione degli staffing assistenziali.

Probabilmente il cambio di paradigma richiederà un supporto formativo particolarmente lungo e impegnativo, indispensabile per il cambiamento.

L’esperienza COVID-19 può essere una importante occasione per il ripensamento del sistema, con il coinvolgimento diretto di tutti i professionisti interessati.

Non sarà semplice … ma questa non può essere una giustificazione per non fare!!!

Marcello Bozzi

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