Riceviamo e pubblichiamo un contributo a opera della dottoressa Stefania Marturano – Unità operativa di Neurologia all’ospdale Santissima Annunziata di Taranto.
Mentre mi accingo alla stesura di questo articolo si respira aria di grande incertezza e confusione, le limitazioni sono notevolmente diminuite rispetto ai mesi precedenti, ora siamo nel mese di luglio ed a livello mondiale i casi di positività iniziano a risalire. I media cercano di fare informazione e proiettano le idee di varie personalità illustri, come virologi epidemiologi e professionisti di terapia intensiva, che spesso però risultano essere contrastanti tra chi sostiene che è tutto passato, chi sostiene che nei mesi autunnali possa esserci un ecatombe e chi afferma che la prima ondata non si sia mai arrestata.
A chi credere? Di sicuro la medicina è una scienza inesatta e il futuro non è prevedibile pertanto l’unica cosa da fare sarebbe farsi trovare pronti per affrontare il peggio. Questa pandemia ci ha portato a implementare una serie di adattamenti in sanità e, poiché spesso non ci sono linee guida ufficiali a cui fare riferimento, risulta difficile capire quali sono i cambiamenti corretti da seguire.
Per quanto riguarda la mia realtà, lavorando nell’unità operativa di Neurologia dell’Ospedale Santissima Annunziata di Taranto, dotata di STROKE UNIT, balza agli occhi la necessità di ottimizzare il percorso stroke che già in tempi normali fa fatica a rientrare nella cosiddetta golden hour. Non essendoci il tempo di aspettare che vengano prodotte linee guida ufficiali riguardanti il percorso stroke, sarebbe opportuno (come accaduto) che ogni realtà individui la migliore ottimizzazione del percorso e la condivida al fine di poter implementare e migliorare il protocollo.
Nella mia realtà lavorativa, sino ad oggi, non vi è stato nessun caso di paziente con ictus e infezione da Covid 19 concomitante, ma come detto inizialmente non bisogna farsi trovare impreparati. Da una revisione della letteratura vi è un modus operandi comune con qualche piccola variante nelle varie realtà sanitarie nazionali ed internazionali. Il mio fine è quello di riassumerlo in questo articolo, incastrando vari protocolli esaminati.
Il paziente con sospetto ictus e sospetta o conclamata infezione da Covid 19 che si presenta al DEA con mezzo proprio o 118 viene accolto in una zona antistante il dea ed effettua anamnesi, prelievo venoso per codice stroke, ecg e il tampone, questa zona possiamo definirla come ZONA ROSSA. Successivamente il paziente visitato dal neurologo ed inquadrato come sospetto ictus viene condotto nella SALA TC adiacente alla zona rossa. Qui il paziente effettua TC CRANIO E POLMONE ed angio Tc. Dopo di ciò, in base al referto, il neurologo consulta il neuroradiologo per la decisione terapeutica.
Già in questa prima fase si rende necessario un percorso definito, chiaro, e risulta preferibile che strutturalmente siano apportate modifiche che prevedano una sala TC dedicata, un percorso pulito, un percorso sporco, una zona filtro affinchè non vi sia contaminazione sia nei vari percorsi che durante la fase di vestizione e svestizione del personale. E’ chiaro che, trattandosi di un sospetto Covid positivo vanno utilizzati tutti i dpi specifici (di cui il dea deve possederne ampia scorta) quali:
- Camice monouso
- Guanti con polsino allungato
- Occhiali di porotezione
- Cuffia per capelli
- Copriscarpe
- Maschera facciale ffp2 o ffp3( in caso di nebulizzazione ed aerosol)
Tali dispositivi devono essere utilizzati da tutta l’equipe. Nel momento in cui si fa diagnosi la decisione terapeutica per un ictus può essere di vari tipi, e ovviamente varia la procedura da adottare.
- Se il paziente NON E’ IDONEO ALLA TERAPIA DI RIPERFUSIONE, dovrebbe essere trasportato nell’unità di isolamento per ripetere dopo 24 ore il tampone il cosiddetto tampone di conferma che se negativo indirizzerà il paziente verso il reparto di Neurologia, se positivo indirizzerà il paziente verso il reparto di malattie infettive o reparto covid.
- Se il paziente E’ IDONEO AL TRATTAMENTO TROMBOLITICO, al fine di ottimizzare i tempi e rispettare il percorso per sospetta positività, una unità del personale infermieristico della stroke alla presenza del neurologo, somministrerà il farmaco nella zona destinata del DEA. Per evitare la contaminazione del materiale,è necessario che all’interno di questa sala vi sia: la pompa infusionale, il materiale di consumo, il monitor parametri vitali per valutare in tempo reale le condizioni cliniche del paziente.
Solo quando verrà fatta la TC di controllo alle 24 ore ed arriverà il test di conferma per Covid 19 il paziente se positivo andrà in reparto covid se negativo in STROKE UNIT.
- Se il paziente E’ IDONEO A TRATTAMENTO DI TROMBECTOMIA MECCANICA, viene trasportato nel DIPARTIMENTO DI NEURORADIOLOGIA INTERVENTISTICA, dove viene eseguita la procedura. In questo caso vi sono due possibilità. La condizione ottimale prevede la creazione di una sala operatoria separata dalla struttura ospedaliera adibita all’esecuzione di procedure in pz con sospetta positività Covid 19 ,dotata di spogliatoi e unità per la decontaminazione e strutturata in modo che il paziente possa essere trasportato dal DEA bypassando i corridoi dell’ospedale. L’altra possibilità in assenza di sala dedicata prevede l’immediata disinfezione al passaggio e al termine della procedura da parte di personale ausiliario preparato. Al termine della procedura il paziente viene trasportato nella sala del DEA e solo dopo TC DI CONTROLLO alle 24 ore dalla procedura e risultato del test di conferma. Se positivo, viene trasferito in reparto Covid. Se negativo, in stroke unit.
- Se il paziente è IDONEO ALLA TROMBOLISI ED ALLA TROMBECTOMIA MECCANICA, viene eseguita la procedura indicata al punto 3 e la trombolisi venosa viene effettuata da un infermiere della stroke unit alla presenza del neurologo all’interno del dipartimento di neuroradiologia interventistica. Il paziente viene poi trasportato nella sala del DEA e solo dopo TC DI CONTROLLO alle 24 ore dalla procedura e risultato del test di conferma. Se positivo. viene trasferito in reparto Covid. Se negativo, in stroke unit.
Avere protocolli, percorsi definiti è necessario sia per impedire la diffusione del virus sia per far lavorare il personale in sicurezza sia per garantire un livello assistenziale elevato basato su efficacia ed efficienza. Come sappiamo, l’ictus è una patologia tempo dipendente, e nel 2020 non può essere minacciata da ritardi imposti dal momento pandemico. Purtroppo da febbraio a oggi, come dimostrano alcuni studi, ma anche i dati della mia realtà, il paziente preferisce non entrare affatto in ospedale, e pertanto manca la finestra terapeutica per il trattamento ottimale.
Noi, in qualità di professionisti, abbiamo il dovere di far sentir il cittadino sicuro nell’entrare nella struttura ospedaliera e siamo chiamati anche a rimodulare l’assistenza ai pazienti con fattori di rischio a livello territoriale. Bisognerebbe implementare campagne d’informazione sull’ictus cerebrale acuto, rivolte alla popolazione in generale e in particolare alla popolazione a rischio, al fine di riconoscere rapidamente i sintomi di sospetto stroke per attivare tempestivamente il percorso. Non dimentichiamo che TIME IS BRAIN, nello stroke.
Stefania Marturano
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