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Il congedo di paternità e parentale per l’assistenza ai figli, lavoro agile e part time

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Sanità pubblica, Fials: "Congedo di paternità è urgenza che non si può rimandare"
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Entra a pieno regime da oggi 13/08/2022 il CONGEDO DI PATERNITA’ (DECRETO LEGISLATIVO 30 giugno 2022, n. 105)

Dunque alla nascita di un figlio i papà possono chiedere 10 giorni di congedo “obbligatorio” al 100% della retribuzione, anche non continuativi ed in maniera autonoma rispetto a quelli della madre del bambino.

Può essere fruito da 2 mesi prima la data presunta del parto fino a 5 mesi dopo il parto, si estende a 20 giorni in caso di parto plurimo.

Altra novità è l’aumento da 6 a 12 anni del bambino entro cui i genitori possono usufruire del congedo parentale al 30% della retribuzione.

Il congedo parentale al 30% della retribuzione aumenta a 9 mesi così divisi:

3 mesi per ogni genitore (tot. 6 mesi)

3 mesi per uno di loro

Si estende da 10 ad 11 mesi il congedo spettante al genitore solo, con 9 mesi (non più 6) indennizzabili al 30% della retribuzione.

Inoltre è prevista una sanzione amministrativa per i casi di rifiuto, opposizione o ostacolo all’esercizio del diritto al congedo di paternità (variabili fra 516 e 2.582 euro).

I congedi di paternità sono interamente retribuiti (indennità pari alla retribuzione) e coperti da contribuzione utile ai fini pensionistici.

Saranno le Aziende sanitarie locali, le aziende ospedaliere, i servizi socio-sanitari e anagrafici a forni le informazioni complete ed accessibili e tempestive in merito alle modalita’ di fruizione degli stessi.

Congedi parentali per l’assistenza ai figli

Il decreto interviene anche in questo caso modificando il “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità” (d. lgs. n. 151 del 2001) e in particolare gli articoli 32, 34, 36, ma anche il 33, quello che riguarda il prolungamento fino a tre anni di durata nel caso di figli con disabilità grave.

Per congedi parentali si intendono quelli concessi a lavoratori dipendenti per i figli fino al dodicesimo anno di età (con eccezioni nel caso di affido e adozione).

La durata complessiva del congedo, con riferimento ad entrambi i genitori, è pari a undici mesi se il padre lavoratore eserciti il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi (in caso contrario, dieci mesi). In ogni caso la durata massima del congedo per la madre lavoratrice e per il padre lavoratore è pari, rispettivamente, a sei e a sette mesi. Nel caso di genitore “solo” il limite – fino ad oggi – è di dieci mesi. L’indennità riconosciuta finora era al 30 per cento della retribuzione, per un periodo massimo complessivo tra i genitori di sei mesi e fino al sesto anno di età (e con limiti di reddito, fino all’ottavo anno di età).

Le novità sostanziali riguardano:

  • la durata del congedo parentale viene elevata a 11 mesi nel caso di genitore “solo”;
  • vengono riviste le indennità che innanzitutto passano virtualmente fino al dodicesimo anno di età; l’indennità pari al 30 per cento della retribuzione è riconosciuta per tre mesi di congedo per ciascun genitore e tale diritto non è trasferibile all’altro genitore; per un ulteriore periodo di tre mesi l’indennità è riconosciuta ad un solo genitore; la durata dell’indennità sale a nove mesi, qualora vi sia un solo genitore. Nei mesi ulteriori l’indennità al 30% viene riconosciuta solo se il reddito individuale dell’interessato sia inferiore a 2,5 volte l’importo del trattamento minimo di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria o nei casi di fruizione del prolungamento del congedo di maternità per figli con grave disabilità. Inoltre le indennità si applicano fino al dodicesimo anno di età e non più fino al sesto;
  • ulteriore novità: l’indennità include anche il rateo giornaliero relativo alla gratifica natalizia o alla tredicesima mensilità e agli altri premi o mensilità o trattamenti accessori eventualmente erogati al dipendente;
  • infine, i periodi di congedo parentale sono computati nell’anzianità di servizio e non comportano riduzione di ferie, riposi, tredicesima mensilità o gratifica natalizia, ad eccezione degli emolumenti accessori connessi all’effettiva presenza in servizio, salvo quanto diversamente previsto dalla contrattazione collettiva.

ATTENZIONE alla formula del congedo parentale nel caso di figli con disabilità. Già prima del decreto legislativo era prevista (articolo 33, d. lgs. 151/2001) la possibilità di estendere fino a tre anni di durata il congedo parentale e fino al dodicesimo anno di età. Il nuovo decreto riformula, per evitare gli equivoci e i fraintendimenti di questi anni, l’aspetto che riguarda l’indennità e quindi afferma esplicitamente: «Per tutto il periodo di prolungamento del congedo, di cui all’articolo 33, è dovuta alle lavoratrici e ai lavoratori un’indennità pari al 30 per cento della retribuzione.


In alternativa a questo prolungamento – lo ricordiamo – i genitori possono chiedere due ore di permesso giornaliero retribuito fino al compimento del terzo anno di vita del bambino.

Congedi straordinari (due anni)

Il nuovo decreto 105/2022 interviene anche sull’articolo 42 del decreto legislativo 151/2001,quello che prevede, a determinate condizioni, la concessione del congedo straordinario (fino a due anni), indennizzato, per l’assistenza di familiari con grave disabilità.

Le precisazioni e le novità dunque sono:

  • l’equiparazione, ai fini della concessione del congedo, del convivente di fatto (di cui all’articolo 1, comma 36, della L. 20 maggio 2016, n. 76) al coniuge ed alla parte di un’unione civile; fino ad oggi l’equiparazione del trattamento riservato al coniuge era solo con le unioni civili; con la modifica il congedo viene esteso anche alle “coppie di fatto” fino ad oggi non previsto;
  • viene ridotto da sessanta a trenta giorni il termine dilatorio – decorrente dalla richiesta – per l’inizio della fruizione del congedo; è il tempo massimo oltre il quale l’azienda o l’amministrazione non possono posporre l’inizio del congedo.
  • il diritto al congedo spetta (agli aventi diritto) anche nel caso in cui la convivenza sia stata instaurata successivamente alla richiesta di congedo. Anche questo è un adeguamento formale ad una indicazione della Corte costituzionale

Il decreto quindi ribadisce quali sono i titolari del beneficio come sempre in ordine decrescente:

– coniuge convivente o della parte di un’unione civile o del convivente di fatto;
– padre o la madre anche adottivi; (notare che non è richiesta la convivenza in questo caso);
– in caso di decesso, mancanza o in presenza di patologie invalidanti del padre e della madre, anche adottivi, ha diritto a fruire del congedo uno dei figli conviventi;
– in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti dei figli conviventi, ha diritto a fruire del congedo uno dei fratelli o delle sorelle conviventi;
– in caso di mancanza, decesso o in presenza di patologie invalidanti di uno dei fratelli o delle sorelle conviventi, ha diritto a fruire del congedo il parente o l’affine entro il terzo grado convivente.

Sugli aspetti applicativi sono ora da attendere le indicazioni operative ed applicative di INPS e della Pubblica amministrazione.

Modifiche antidiscriminatorie alla legge 104/1992

Lo schema di decreto prevede l’introduzione di un nuovo articolo nella legge 104/1992. Si tratta dell’articolo 2 bis che reca “Divieto di discriminazione”.

Esso è volto alla tutela contro le discriminazioni – incluse le ipotesi di trattamento meno favorevole – a danno dei lavoratori che fruiscano dei benefici (o ne facciano domanda) previsti in relazione alla condizione di disabilità propria o di coloro ai quali vengano prestati assistenza e cura. Ad esempio i permessi o i congedi.
I procedimenti in giudizio previsti sono più efficaci per  chi ritiene di avere subito discriminazioni o trattamenti meno favorevoli.

Modifiche all’articolo 33 della legge 104/1992

L’articolo 33 della legge 104/1992 è forse il passaggio più noto e usato di quella norma. Riguarda infatti permessi e altre agevolazione lavorative. Lo schema di decreto introduce due modificazioni.

  • si esplicita che fra i beneficiari vi sono anche le parti dell’unione civile e delle convivenze di fatto;
  • i tre giorni di permesso possono essere suddivisi fra più aventi diritto (fino ad oggi era ammesso solo per i genitori) in riferimento alla stessa persona da assistere.

Lavoro agile

Viene inserito, sempre nell’articolo 33 della legge 104, un nuovo comma, il 6 bis che riguarda la priorità nella concessione del lavoro agile.

La priorità era già disciplinata dalla normativa vigente (l’articolo 18, comma 3 bis, della legge 22 maggio 2017, n. 81). Questo finora prevedeva che: “I datori di lavoro pubblici e privati che stipulano accordi per l’esecuzione della prestazione di lavoro in modalità agile sono tenuti in ogni caso a riconoscere priorità alle richieste di esecuzione del rapporto di lavoro in modalità agile formulate dalle lavoratrici nei tre anni successivi alla conclusione del periodo di congedo di maternità (…), ovvero dai lavoratori con figli in condizioni di disabilità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.”

La modifica introdotta estende questa priorità a:

– i dipendenti che fruiscano delle due ore di permesso giornaliero fino al terzo anno di vita del figlio con disabilità grave oppure dei permessi mensili per l’assistenza ad una persona che non sia necessariamente il figlio;
– i lavoratori con grave disabilità accertata (art. 3 comma 3, legge 104/1992);
– i dipendenti che rientrano nella nozione di caregiver familiare di cui all’articolo 1, comma 255, della legge 27 dicembre 2017, n. 205.

Viene anche precisata una indicazione antidiscriminatoria: la lavoratrice o il lavoratore che richieda di ricorrere al lavoro agile non può essere sanzionato, demansionato, licenziato, trasferito o sottoposto ad altra modalità organizzativa avente effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro e che ogni misura adottata in violazione della suddetta norma viene considerata nulla

Quasi superfluo rilevare che il lavoro agile non diviene comunque un diritto soggettivo.

Priorità al part-time

Anche in questo caso le modificazioni introdotte sono di adeguamento formale. Attualmente è già previsto un criterio di priorità nella trasformazione del contratto di lavoro dipendente da tempo pieno a tempo parziale (articolo 8, decreto legislativo 81/2015).

La priorità nella trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale è oggi prevista in due casi:

  • in caso di “patologie oncologiche o gravi patologie cronico-degenerative ingravescenti riguardanti il coniuge, i figli o i genitori del lavoratore o della lavoratrice, nonché nel caso in cui il lavoratore o la lavoratrice assista una persona convivente con totale e permanente inabilità lavorativa con connotazione di gravità ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5  febbraio 1992, n. 104, che abbia necessità di assistenza continua in quanto non in grado di compiere gli atti quotidiani della vita (…)”;
  • oppure in caso di richiesta del lavoratore o della lavoratrice, con figlio convivente di età non superiore a tredici anni o con figlio convivente con grave disabilità (legge 104/1992 art. 3, comma 3).

Anche per queste novità il decreto formalizza l’estensione dell’opportunità alle unioni civili e alle convivenze di fatto. 

Redazione Nurse Times

Fonte: Fials.it

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