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Il business dei medici a gettone: tra lauti compensi e scarse garanzie di qualità

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Capita spesso che gli ospedali, per far fronte alla carenza di personale, affidino a cooperative esterne il compito di reclutare dottori a ore, anche via social, scegliendoli magari tra i neolaureati non specializzati. Si guadagna tanto, ma si lavora anche per 48 ore consecutive.

Sette medici sono indagati per il decesso della 37enne Asumau Bara, avvenuto nel marzo scorso all’ospedale di Gavardo (Brescia) dopo che la donna aveva messo al mondo il suo terzo figlio. Tra loro figura anche un dottore gettonista che, come riferisce Il Corriere della Sera, sarebbe rimasto in servizio per 36 ore consecutive. Anche per lui, come per gli altri sei, l’accusa è di omicidio colposo.

Certo, le responsabilità sono tutte da dimostrare, ma la vicenda alimenta le polemiche sui dottori a gettone, che possono assumere più incarichi in serie, ciascuno della durata di 12 ore, incassando cifre consistenti per questo super lavoro (fino a 1.200 euro a turno). Il loro impiego – sono ingaggiati da cooperative esterne su affidamento delle aziende sanitarie – è giustificato dalla necessità di far fronte alle carenze di personale negli ospedali, ma solleva non pochi dubbi sulla qualità delle prestazioni e sull’esborso sostenuto dal Governo.

A monte di questa situazione, diverse problematiche. A cominciare da quella del turnover, rimasto bloccato per 14 anni e incrementato soltanto del 10% dal primo Governo Conte. Quindi una programmazione che non ha permesso il turnover necessario tra pensionabili e specializzandi, pronti per essere immessi in ruolo nelle strutture sanitarie. Infine l’effetto Covid sulle dimissioni dei medici dagli ospedali per le difficili condizioni di lavoro (+39% nel 2021 nel 2021 rispetto all’anno precedente).

A fronte di questa fuga dalle strutture pubbliche le cooperative trovano facilmente professionisti arruolabili. Nella maggior parte dei casi si tratta di neolaureati, non ancora specializzati o rimasti fuori dalle scuole di specializzazione, ma anche di medici stranieri, chiamati a coprire soprattutto turni serali, fine settimana o festivi. Per il loro lavoro gli ospedali, messi alle strette dalla necessità di coprire la turnazione interna, sono disposti a pagare lauti compensi, anche se spesso ad aggiudicarsi i bandi sono società esterne, che presentano un prezzo più basso. Non esattamente una garanzia di qualità.

Così come non è garanzia di qualità la nuova frontiera del reclutamento, rappresentata per i gettonisti dai canali social, specialmente Telegram, dove esistono gruppi appositi: chi si iscrive può valutare le offerte più convenienti, accollandosi turni consecutivi anche di 48 ore o accorpando diversi servizi. Un impegno che frutta bene, certo, ma estremamente duro dal punto di vista fisico e mentale.

Il punto è che che le cooperative operano in un mercato fuori controllo. Nessuna norma del ministero della Salute, infatti, detta le regole da seguire nella stesura dei bandi di gara per esternalizzare. Va da sè che a valutare le capacità dei gettonisti sono le stesse cooperative che li arruolano a ore, senza criteri fissi e senza alcuna garanzia sulla qualità del loro operato. Insomma, il solito paradosso all’italiana: non ci sono soldi per la sanità, ma se ne spendono in abbondanza per foraggiare le cooperative; non si trovano professionisti, ma si mantiene ancora il numero chiuso nelle università, per poi assumere a gettone medici non specializzati, pagandoli il quadruplo di quelli specializzati, assunti direttamente dagli ospedali.

Redazione Nurse Times

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