E’ il nuovo studio pubblicato il 2 Giugno c.a. su Journal of American Medical Association
Lo stesso ha enfatizzato come l’impiego repentino di terapia in pazienti con ictus ischemico sia il gold standard per evitare reliquati e riacutizzazioni future della malattia.
L’ictus ischemico è l’improvvisa comparsa di deficit neurologici che derivano da un’ischemia cerebrale focale associata ad infarto cerebrale.
La diagnosi è prevalentemente clinica e con supporto di Radiodiagnostica.
Le cause più comuni sono:
- l’occlusione aterotrombotica delle grandi arterie;
- l’embolia cerebrale;
- l’occlusione non trombotica di piccole arterie cerebrali profonde;
- stenosi arteriosa prossimale.
I fattori di rischio sono numerosi e ricordiamo Ipertensione, Fumo di sigaretta, alcolismo, carenza attività fisica, Vasculiti, gammopatie monoclonali, iperviscosità ematica.
Nello studio sono stati osservati circa 61.400 pazienti.
Tutti trattati con terapia trombolitica in un lasso di tempo di circa 60 minuti.
Lo studio è stato di tipo coorte retrospettivo.
Ha coinvolto 61426 pazienti con ictus ischemico acuto.
Tutti sono stati candidati ad attivatore plasminogeno somministrato per via endovenosa.
I pazienti di età maggiore/uguale a 65 anni sono stati trattati in un tempo max di 4.5 ore; con una prevalenza di soggetti di sesso femminile (56.5%).
Il 79,2% dei pazienti (48.666) ha avuto il trattamento a 45 min dall’insorgenza del sintomo/segno della malattia.
I risultati sorprendenti e degni di nota hanno evidenziato che i pazienti ai quali era stato somministrato il farmaco entro i primi 45 minuti dall’episodio ischemico testimoniato, hanno presentato una mortalità inferiore rispetto a coloro i quali sono stati trattati in tempi maggiori.
Questi risultati supportano gli sforzi per abbreviare il tempo alla terapia trombolitica.
CALABRESE MICHELE
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