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I 40 anni del nostro SSN: è tempo di costruire l’alleanza tra cittadini e infermieri

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Manovra finanziaria: le possibili misure in tema di sanità
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Il 2018 segna i 40 anni del Sistema Sanitario Nazionale dalla sua istituzione

Un Sistema che ha già avuto la sua prima grande crisi negli anni ’90, in seguito alla quale abbiamo assistito alle riforme epocali che hanno dato luogo ai cambiamenti quali l’aziendalizzazione e le nuove riforme di gestione e dirigenza, escludendo la politica dalla gestione diretta delle strutture sanitarie (come era stato fino a quel momento; vedi gestione dei comuni degli ospedali).

Allo stato attuale si può ormai tranquillamente affermare che una nuova crisi del SSN sia ormai in atto e che l’orlo del caos, con successivo necessario cambiamento, sia di nuovo giunto. Concetto che non uso a caso, e di cui ringrazio uno dei miei Professori (per avermelo trasmesso).

“L’orlo del caos, lontano dall’equilibrio, è un luogo di creazione, ma può essere anche un luogo di distruzione. Rischia di precipitare da due lati. Da una parte si ritrova un ordine troppo statico per tenere il passo della vita e dell’evoluzione. Dall’altra parte si ritrova un disordine frenetico e incontrollabile, potenzialmente distruttivo, un’instabilità di fondo che non si sa dove porta.” (Cit. Luca Comello).

La complessità della materia “salute” rende quantomeno difficoltoso il raggiungimento dell’eccellenza, anche se si tratta di un continuo tendere ad essa.

Dopo questa mia disquisizione di natura filosofico-manageriale, vorrei tornare all’aspetto più scottante nel panorama storico attuale: quello economico.

Il finanziamento del SSN è fortemente compromesso, in molte realtà insufficiente per fornire un’assistenza sanitaria adeguata, fermi restando i LEA. In Italia abbiamo 21 Sistemi Sanitari differenti, vista l’autonomia delle regioni in ambito di organizzazione e gestione dei fondi stanziati e ripartiti, così risulta facile comprendere come l’assistenza sanitaria risulti assolutamente sperequata.

Dando per scontata la centralità della salute della persona e del suo benessere, guardiamo agli attori chiamati a dire la propria nella gestione e determinazione di questo sistema. Di certo la classe politica, sia a livello centrale che locale, la dirigenza tecnica istituzionalizzata ed i gruppi di professionisti. Mi sento legittimata, perché è un dato oggettivo, nell’affermare che i Professionisti sanitari sono quasi esclusivamente individuati nella classe medica anche se, negli ultimi anni, cosa che si evince anche dal panorama legislativo, si comincia a parlare di “esercenti le professioni sanitarie” e non solo di Medici. Fermo restando l’apertura di canali comunicativi ed i tavoli di confronto tra le classi di professioni sanitarie.

Perché sottolineo questo aspetto? Ovviamente per lo stesso concetto di cui sopra: la centralità del benessere della persona, preso come obiettivo tout-court per il quale deve senz’altro realizzarsi un approccio multidimensionale. Come più volte ribadito in svariati contesti, anche e soprattutto dalla nostra Federazione degli Ordini delle Professioni Infermieristiche e dallo stesso Ministero della Salute, la cronicità e la gestione della popolazione che invecchia sempre più, disegnando nuovi scenari di gestione, rappresentano nuove sfide a cui siamo chiamati a rispondere.

Gli operatori delle professioni sanitarie dell’area delle scienze infermieristiche svolgono attività dirette alla prevenzione, alla cura e salvaguardia della salute individuale e collettiva, espletando le funzioni individuate dalle norme istitutive dei relativi profili professionali nonché dagli specifici codici deontologici, con autonomia professionale, utilizzando metodologie di pianificazione per obiettivi dell’assistenza” (Legge 251/2000).

Senza ripercorrere l’excursus legislativo, possiamo tranquillamente affermare che l’Infermiere debba perseguire e collaborare alla realizzazione di un contesto organizzativo in cui si produce un’assistenza d’eccellenza e deve essere responsabile della definizione, del mantenimento e del monitoraggio dei livelli ottimali dell’assistenza.

Il Professionista Infermiere, quindi, è colui che, non solo prende in carico e cura la persona (non la malattia), ma che possiede anche la capacità di costruire strumenti atti a misurare le proprie performance valutando gli esiti delle cure.

Ampiamente documentata è la relazione tra la mortalità, l’insorgere di complicanze, le riammissioni ospedaliere e l’assistenza prestata dagli infermieri.

Alla luce di questa analisi mi preme sottolineare come le nostre performance non siano pesabili e misurabili in maniera istituzionalizzata ed in maniera adeguata. Numerose sono le esperienze ed i progetti il cui obiettivo è quello di misurare le performance, ma a livello centrale non è ancora avvenuta questa codificazione. In buona sostanza, il peso dell’assistenza sanitaria viene quantificato con i DRG quindi di esclusiva pertinenza medica, se non per una minima quota forfettaria. Si evince benissimo come questa visione, l’ennesima medicocentrica, sia assolutamente anacronistica e non rispondente ai bisogni di una popolazione le cui caratteristiche si delineano come complesse dal punto di vista della salute.

Risulta necessario, quindi, continuare a perseguire la strada della costruzione di strumenti atti a rendere obiettivabile, misurabile e pesabile la nostra opera. Il fine ultimo è quello di tendere all’eccellenza, un processo dinamico e costante di miglioramento per il quale, però, occorre avere delle menti “illuminate” e non porsi meri esecutori di compiti. Cosa non assolutamente proponibile né auspicabile e che ci fa costantemente perdere di credibilità.

 

Anna Di Martino

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