Rivelazione shock del primario di Ortopedia Norberto Confalonieri dell’ospedale Gaetano Pini, centro specializzato di Milano, secondo alcune intercettazioni telefoniche
Le tecniche adoperate dagli studenti chirurghi o neo-chirurghi per imparare ed allenarsi sono molteplici; libri, videolezioni, tirocini…in questa storia però si va oltre l’immaginabile.
Il primario in questione, Norberto Confalonieri, operava pazienti fragili per puro allenamento o per far alimentare gli incassi di alcune multinazionali al fine di avere un resoconto personale.
“Allenarsi sui pazienti”
Precisamente verrebbe da dire “allenarsi sulle persone bisognose” già perché a pagarne le spese sono sempre i più poveri e i più bisognosi.
La gente si fida ciecamente dei medici e del personale sanitario, ancor di più dei chirurghi, i quali sono gli unici a fare la vera differenza, avendo la decisione sulla vita o sulla morte di una persona sul tavolo operatorio.
Non è uno scherzo, è la triste realtà accaduta nei banchi operatori nei quali operava il primario Confalonieri.
La tecnica d’Accesso anteriore BIKINI
La tecnica d’Accesso anteriore BIKINI, adoperata dal medico Norberto Confalonieri, da oggi sarà ricordata come una tecnica da film horror che ha causato solo danni alla povera paziente in questione e non solo ad essa.
Secondo la procura di Milano ed il gip, tra il 2012 e il 2015, il direttore dell’ospedale Pini, avrebbe favorito gli interessi di vendita delle società multinazionali fornitrici di “Protesi ortopediche”.
I nomi delle aziende sono Johsson&Johnson Medical e B.Braun di Milano, in cambio di fornire a Confalonieri consulenze e altri fini personali come viaggi all’estero per lui e la sua famiglia, visibilità in programmi televisivi, soldi, convegni e sponsor.
Secondo gli inquirenti della polizia tributaria ed il gip Teresa Di Pascale, che ha disposto gli arresti domiciliari dell’ortopedico accusato di corruzione e turbativa d’asta, Confalonieri è indagato anche su altri interventi con i soli risultati di danni fisici per i pazienti che non ne hanno tratto giovamento.
La rottura del femore alla settantottenne.
Tutto ciò ovviamente è partito dalle intercettazioni telefoniche, avute con la coordinatrice infermieristica del reparto nel marzo del 2016, nelle quali il famoso primario dichiarava la “rottura del femore” di una signora anziana di 78 anni operata secondo la tecnica “d’accesso anteriore BIKINI” riguardo l’intervento chirurgico al solo fine di allenarsi, chiedendole se ci fosse un posto letto libero per poi effettuare nuovamente l’intervento in modalità del tutto privata.
Tutto ciò però non ha provocato bene alla povera paziente anzi, tutto il contrario.
I pazienti operati dal chirurgo risultano infatti “disperati” dopo gli interventi.
“Non voglio aspettare 9 mesi per non rischiare che l’infezione sarebbe peggiorata, ho deciso quindi di pagare di tasca mia. Sono senza lavoro, senza casa, con 35 mila euro di debiti, io mi suicido”
A dirlo è un paziente operato di protesi al ginocchio nell’aprile del 2016, secondo la tecnica “Navigazione Chirurgica Computerizzata” alla casa di cura di San Camillo di Milano, creando delle complicazioni appositamente per poi essere rioperato in modalità privata, quindi a pagamento del diretto interessato, in regime pubblico dentro l’ospedale Pini.
Disperato, il paziente, si è espresso così durante l’intervista: “Per evitare di aspettare nove mesi perché altrimenti l’infezione sarebbe andata avanti ho dovuto pagare di tasca mia”.
Ha dichiarato al medico per via telefonica il suo sfogo: “Sono senza lavoro, senza casa, con trentacinquemila euro di debiti, io mi suicidio”.
Il paziente dopo aver sofferto per mesi le complicanze dell’intervento, ha poi deciso di chiamare il chirurgo disperatamente.
Il medico ha replicato dicendo: “Mi scusi, bastava che venisse da me e glielo facevo con la mutua”.
In una telefonata successiva, Confalonieri, sembra rendersi conto del suo errore di valutazione su questo paziente:
“Ho rischiato, ho rischiato perché lui aveva una subanchilosi al ginocchio e voleva… in esiti di pregressa infezione, da trauma… metti dieci anni fa. È chiaro che abbiamo rischiato perché là magari c’era un focolaio di osteomielite, eh però abbiamo rischiato in due cioè no è che… comunque un bel casino va beh amen, cosa devo fare, verrà mollato dall’assicurazione prima o poi…”.
Altri 62 casi, altre 62 cartelle cliniche.
Secondo la procura di Milano con il gip, dopo aver disposto gli arresti domiciliari, per “mancanza di sussistenza degli indizi di colpevolezza”, questi casi non sembrerebbero essere sporadici, per questo hanno effettuato il sequestro di altre 62 cartelle cliniche attinenti ai pazienti operati da Confalonieri per assicurarsi che non siano state impiantate protesi senza che esistesse la necessità clinica, ma solo per favorire le multinazionali di protesi che lo stesso Confalonieri sponsorizzava.
Dubbi da parte dei colleghi.
I molteplici interventi effettuati dal chirurgo hanno creato anche dei dubbi da parte di colleghi.
La quantità degli interventi effettuati da Confalonieri ha suscitato parecchi dubbi e commenti del tipo: “Non gli rimane che operare le renne di Babbo Natale poi ha operato tutti in questo periodo”.
Operazioni che, secondo il medico Confalonieri, sembravano presentare, stando alle intercettazioni, degli elementi di grave rischio per i pazienti.
I pazienti erano davvero in gravi condizioni?
Di fronte a ulteriori approfondimenti medici chiesti da una cardiologa nei confronti prima di un’operazione, la dura reazione di Confalonieri è stata questa:
“Andiamo avanti… andiamo avanti… non mi f… un c… a me della cardiologa”, mentre alquanto stizzita risulta la risposta della collega: “Andiamo avanti… però se ci succede qualcosa andiamo in galera tutti e due!”.
In un altro caso, Confalonieri, pur essendo a conoscenza che un membro della sua equipe sia altamente infettivo per avere contratto la varicella, lo invita ugualmente a recarsi in sala operatoria per eseguire un intervento protesico, glissando nei seguenti termini:
“Vai, vai tranquillo!”.
Nel gennaio 2016, il chirurgo, «dopo avere appena saputo dal collega che ha dovuto amputare una gamba a un paziente a causa di gravi complicanze seguite all’impianto di una protesi al ginocchio, gli suggerisce seccamente:
“Hai fatto la protesi immediata? e vabbè, comunque facevi scena… tanto non vi cambiava niente… comunque quando c’hai qualche caso…magari ti do qualche dritta per fare un po’ di scena”.
Si attendono ulteriori accertamenti dalla procura di Milano e dal gip riguardo ulteriori casi e si spera che queste siano solo pecore nere della sanità di fronte a tanti professionisti in gamba e preparati.
Fatti come questo è bene che non accadano mai più.
Giuseppe Piazza
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