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Heart Valve Center: un centro di alta specialità per le patologie delle valvole cardiache

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Heart Valve Center: un centro di alta specialità per le patologie delle valvole cardiache
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L’intervento, su un paziente fragile, è stato eseguito con l’innovativa tecnica Valve-In-Valve, nel centro pugliese specializzato per il trattamento mininvasivo delle patologie valvolari

Bari, dicembre 2020 – La stenosi valvolare aortica è una delle patologie cardiache più frequenti nella popolazione di età avanzata in Occidente; con un’incidenza di oltre il 3% negli over 75, percentuale che sale al 4% nei soggetti ultra 85enni. In assenza di intervento l’aspettativa di vita è in media di 2-3 anni, in persone con angina o sincope; o addirittura di 1-2 anni in pazienti con scompenso cardiaco (Linee Guida Internazionali).

Anthea Hospital di Bari, Ospedale di Alta Specialità accreditato con il Servizio Sanitario Nazionale; è punto di riferimento per il territorio per il trattamento mininvasivo delle patologie valvolari con l’Heart Valve Reference Center, centro ad alto volume di interventi con tecnica TAVI (Transcatheter Aortic Valve Implantation).

Nell’ultimo anno, infatti, sono stati eseguiti oltre 100 interventi di sostituzione valvolare aortica mediante tecnica percutanea grazie all’Heart Team composto da cardiochirurghi, cardiologi interventisti e clinici e anestesisti guidati dal prof. Giuseppe Speziale, Coordinatore delle Cardiochirurgie GVM Care & Research, e dal dott. Gaetano Contegiacomo, specialista in Cardiologia Interventistica e responsabile dell’Unità di Emodinamica di Anthea Hospital.  

La TAVI consente di applicare, con un approccio mininvasivo, protesi in sostituzione delle valvole aortiche compromesse senza fermare l’attività del cuore: “L’elevato volume di interventi eseguiti ad Anthea Hospital con questa tecnica si traduce in una sempre maggiore qualità e precisione del risultato operatorio – spiega il prof. Giuseppe Speziale –. Il tasso di complicanze vascolari a 30 giorni dall’intervento è inferiore all’1%, un valore decisamente sotto la media nazionale, compresa tra il 4 e l’8%”.

Inizialmente la TAVI veniva impiegata per i pazienti fragili, anziani o in presenza di patologie aggiuntive; situazioni definite ad alto rischio che precludevano la chirurgia classica. Negli ultimi anni le indicazioni si sono estese progressivamente ad una casistica più ampia fino ad includere anche i pazienti a basso rischio.

“La peculiarità della tecnica TAVI è di consentire l’impianto di una protesi artificiale aortica, o la sostituzione di una vecchia protesi degenerata; per via percutanea ovvero attraverso l’arteria femorale o l’apice del ventricolo sinistro, senza l’ausilio della circolazione extracorporea. I pazienti sottoposti a TAVI non affrontano un’anestesia totale, non vengono intubati né sottoposti a tagli chirurgici e l’impianto può essere fatto a cuore battente. Questo comporta una migliore risposta post-operatoria del paziente, con minori rischi di complicanze e tempi di recupero più veloci; e dunque un ritorno alla quotidianità più agevole”, commenta il dott. Contegiacomo.

Come nel caso di un paziente di 76 anni, già operato in passato per una sostituzione valvolare aortica con una protesi biologica che; con il passare degli anni, è andata incontro a disfunzione, a causa del naturale processo di usura. L’Heart Team di Anthea Hospital, guidato dal dott. Contegiacomo, ha eseguito un delicato e innovativo intervento chiamato “Valve-In-Valve”, che prevede il posizionamento della nuova protesi aortica all’interno di quella precedentemente impiantata.

“L’intervento ha richiesto una procedura e dei materiali particolari: è stato necessario usare un ‘pallone percutaneo’ per rompere letteralmente l’anello della vecchia protesi biologica, comprimerla contro le pareti della valvola aortica e permettere così alla nuova protesi di adattarsi – spiega il dott. Contegiacomo –.

 Per supportare il passaggio del catetere è stato necessario utilizzare uno snare, ossia una sorta di ‘cappio’ percutaneo. Per evitare complicanze ischemiche, inoltre, abbiamo protetto l’ostio dell’arteria coronaria destra (una sorta di passaggio dove sono poste le tre valvole cardiache) con delle guide specifiche”.  

L’intervento è stato portato a termine senza complicanze e oggi il paziente è tornato alle sue abitudini, con una migliore qualità ed aspettativa di vita. La procedura, se eseguita in un centro ad alto volume e da operatori esperti; si può considerare a basso rischio e il paziente viene dimesso dopo soli 2 o 3 giorni di degenza post-operatoria.

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