Riceviamo e pubblichiamo lo sfogo di uno di loro, che preferisce rimanere anonimo.
A casa dal 1° gennaio: bel modo di ringraziare gli eroi del Covid, i sanitari che hanno operato durante l’intero periodo emergenziale. Nel dicembre del 2020, durante il culmine dell’ attacco pandemico, non avendo la possibilità di ricoverare tutti gli utenti positivi al Covid-19, si optò per curarli nei propri domicili. Tra questi, ovviamente, rientravano anche i reclusi delle case circondariali della provincia di Foggia.
Alcune decine di infermieri si sono resi disponibili presso l’Asl Foggia, dopo aver partecipato ad apposito avviso pubblico di reclutamento, al fine di sostenere l’Azienda in questa nuova iniziativa, ovvero l’assistenza casa per casa, nelle case circondariali, e l’assistenza a distanza, con l’ausilio della telemedicina e delle COT. Così facendo, gli infermieri di famiglia hanno garantito le cure necessarie a tutta la popolazione, indistintamente, ma hanno anche acquisito competenze e conoscenze necessarie per ricoprire questo ruolo.
Nel periodo emergenziale l’Asl Foggia decise di utilizzare la forma di contratto Co.Co.Co o partita Iva. Solo in un secondo momento il contratto fu trasformato a tempo determinato. Questa operazione ha comportato l’interruzione del servizio per 30 giorni circa (luglio 2021). Evidentemente prestare servizio per circa due anni presso L’Asl Foggia non è stato sufficiente per avere la proroga del contratto di lavoro.
Infine la cosa che incuriosisce è quella dei 54 infermieri che, come si ricorderà, erano stati esclusi dalle procedure di stabilizzazione perché non venivano considerati nel computo complessivo i mesi di servizio di pronta disponibilità. A questi ultimi il contratto è stato prorogato di 12 mesi. Così potranno trascorrere un Natale all’insegna della serenità. Questo non vale per gli infermieri di famiglia, i quali si stanno chiedendo: “Cosa abbiamo sbagliato, se abbiamo lavorato durante lo stesso periodo?”.
Redazione Nurse Times
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