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Gli infermieri nel nuovo modello di assistenza: le indicazioni del documento finale del tavolo ministeriale

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Le indicazioni del documento finale del tavolo al ministero della Salute è stato inviato dal sottosegretario alla Salute Vito De Filippo alle direzioni generali del ministero competenti (Risorse umane, Programmazione sanitaria, Ricerca scientifica e Prevenzione) e al Gabinetto del ministro per essere successivamente condiviso con le Regioni

Il primo riferimento all’evoluzione della professione infermieristica è al Dlgs 15/2016 che ha recepito le indicazioni europee indicando che l’infermiere è responsabile dell’assistenza generale e ha competenza di:

  1. individuare autonomamente le cure infermieristiche necessarie utilizzando le conoscenze teoriche e cliniche attuali nonché di pianificare, organizzare e prestare le cure infermieristiche nel trattamento dei pazienti, sulla base delle conoscenze e delle abilità acquisite, in un’ottica di miglioramento della pratica professionale;
  2. lavorare efficacemente con altri operatori del settore sanitario, anche per quanto concerne la partecipazione alla formazione pratica del personale sanitario sulla base delle conoscenze e delle abilità acquisite;
  3. orientare individui, famiglie e gruppi verso stili di vita sani e l’autoterapia, sulla base delle conoscenze e delle abilità acquisite;
  4. avviare autonomamente misure immediate per il mantenimento in vita e di intervenire in situazioni di crisi e catastrofi;
  5. fornire autonomamente consigli, indicazioni e supporto alle persone bisognose di cure e alle loro figure di appoggio;
  6. garantire autonomamente la qualità delle cure infermieristiche e di valutarle;
  7. comunicare in modo esaustivo e professionale e di cooperare con gli esponenti di altre professioni del settore sanitario;
  8. analizzare la qualità dell’assistenza in un’ottica di miglioramento della propria pratica professionale come infermiere responsabile dell’assistenza generale”.

Queste anche le premesse del documento finale del Tavolo tecnico per la professione infermieristica (in allegato), voluto e insediato al ministero della Salute a inizio estate e che ha concluso la sua prima fase di lavoro con l’elaborazione di un documento di sintesi inviato ufficialmente dal sottosegretario alla Salute Vito De Filippo alle direzioni generali del ministero competenti (Risorse umane, Programmazione sanitaria, Ricerca scientifica e Prevenzione)  e al Gabinetto del ministro e che dopo il ministero sarà condiviso con le Regioni.

E in questo quadro, come ha anche sottolineato la Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi, è necessario  un approccio più “solido” e “ambizioso” nella ridefinizione dei modelli organizzativi e assistenziali e, soprattutto, nell’innovazione e ridefinizione dell’assistenza primaria, ancora prevalentemente orientata a servizi “tradizionali” anziché “di iniziativa”, ossia impostati sulla logica “dell’andare verso il cittadino”, sulle reti multiprofessionali di presa in carico e di continuità assistenziale, ampliando l’assistenza nel domicilio, attivando gli ospedali di comunità, le case della salute e i servizi ambulatoriali di prossimità.

Anche le indicazioni e gli obiettivi contenuti nel Patto per la salute 2014-2016 prendono atto del contesto demografico ed epidemiologico e pongono specifica attenzione all’efficacia, all’appropriatezza, alla sostenibilità del Sistema e alla necessità di valorizzare, rafforzandolo, il patrimonio professionale operante nel Sistema stesso. E la legge 190/2015 – comma 566 – richiama a sua volta gli orientamenti del Patto per la salute e pone le basi per intervenire su ruoli, funzioni e modalità operative dei professionisti sanitari, sostenendo l’evoluzione delle loro competenze – anche attraverso percorsi di formazione complementare – e privilegiando i sistemi a rete e il lavoro in squadra.

Il documento propone di riprogettare o cambiare l’organizzazione sanitaria che, soprattutto in un’ottica di scarsità di risorse, significa ricercare e trovare l’ equilibrio tra efficienza ed efficacia del sistema e la sua equità: l’equilibrio si ottiene definendo nuove regole organizzative e delineando attitudini professionali, competenze trasversali degli attori del sistema.  Significa mettere in campo una “sanità di iniziativa”, come delinea il documento.

Confermati i quattro i nuovi ambiti per i professionisti infermieri proposti dall’Ipasvi, nel nuovo modello dei percorsi di cura integrati tra ospedale e territorio e tra territorio e ospedale, senza dimenticare, evitandolo,  l’isolamento sociale che può essere causa di frequenti riospedalizzazioni: infermieristica di famiglia-comunità; assistenza infermieristica domiciliare; assistenza infermieristica ambulatoriale; ospedali di comunità (testo allegato).

“La presa in carico degli assistiti, territoriale e ospedaliera – spiega Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi – deve prevedere un modello che si caratterizzi per la capacità di porre il paziente al centro del percorso di cura, puntando all’integrazione e alla personalizzazione dell’assistenza. E’, infatti, particolarmente funzionale allo sviluppo e all’utilizzo dei percorsi clinico assistenziali integrati, la traduzione locale delle linee guida nella pratica clinica, cosa che pare rispondere meglio non solo ai bisogni assistenziali di pazienti sempre più anziani e affetti da complesse polipatologie, ma anche alla necessaria integrazione multidisciplinare e multiprofessionale”.

Il riorientamento dell’intera offerta assistenziale per garantire efficaci strategie preventive e pro-attive deve, secondo la presidente Ipasvi, realmente garantire la “continuità assistenziale”.

“L’attivazione cioè – spiega – di percorsi di cura attraverso l’adozione di opportuni strumenti di raccordo e di professionalità appropriate, come ad esempio quella infermieristica, per rispondere ai nuovi bisogni. Anche nel recente Piano nazionale per la cronicità la professione infermieristica è indicata come la professione in grado di perseguire positivi risultati nell’esercizio della funzione di “care management” e quindi nella gestione della continuità assistenziale e del lavoro in rete”.

 “L’organizzazione di un tale modello – prosegue Mangiacavallirichiede l’attivazione di team che includano vari professionisti, ognuno con il proprio ruolo all’interno di un percorso integrato, in grado di prendere in carico il paziente. Secondo le esperienze regionali un sistema di questo tipo potrebbe anche garantire iniziative di prevenzione e promozione della salute e dei corretti stili di vita per incidere precocemente sui determinanti di salute, per ridurre sia l’incidenza delle malattie croniche, sia la progressione della malattia già esistente, per potenziare a livello territoriale la presa in carico delle dimissioni difficili, attraverso l’impegno di tutti i professionisti coinvolti”.

Allegati

Documento finale del Tavolo tecnico ministeriale

Fonte: Ipasvi

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