Spesso tra gli infermieri di reparto e quelli di sala operatoria non c’è comunicazione. il dato è emerso in occasione della seconda giornata del 18esimo congresso Aico in corso di svolgimento a Lecce
LECCE – Lavorano nella stessa struttura, ma rischiano di non comunicare tra di loro. O, per meglio dire, di comunicare male. Un difetto, un errore che spesso si traduce nell’errore sanitario.
Situazione non rara nelle sale operatorie italiane come emerso durante i lavori del 18esimo congresso nazionale dell’Aico, l’associazione che raggruppa gli infermieri di camera operatoria. La comunicazione (e tutte le sue implicazioni) è stato uno dei temi della seconda giornata dell’appuntamento ospitato a Lecce e che in questa edizione ha proposto anche la novità dello spazio Aico Giovani (riservato agli studenti universitari di infermieristica di sala operatoria).
La poca comunicazione o la mancanza di comunicazione, non solo tra gli infermieri dei reparti con quelli di sala operatoria, ma anche all’interno stesso del team che lavora nelle camere operatorie, è stato oggetto di un progetto illustrato dal dottor Carlo Buttarelli. Cosa emerge da questa esperienza sul campo? Che spesso c’è una gestione inefficace della comunicazione tra reparto e sala operatoria. Buttarelli all’affollata platea di congressisti offre anche un’altra chiave di lettura, prendendo a riferimento l’ambito militare e rapportandolo con quello sanitario: “Nel primo caso c’è gerarchia, come nel secondo; ma tra i militari c’è confronto, tra i professionisti sanitari, soprattutto in sala operatoria, no“.
Sul tema della poca comunicazione nel gruppo di lavoro punta l’attenzione anche la dottoressa Piera Poletti, del Ceref di Padova: “Un gruppo esiste perché discute i suoi risultati e non solo per fissare gli obiettivi. A volte basterebbe fermarsi anche solo tre punti, dopo un intervento, per confrontarsi sul lavoro svolto” sottolinea la Poletti.
Che torna anche sul tema centrale di questo congresso: la tecnologia rischia di soppiantare l’umanizzazione del lavoro infermieristico? “Sono favorevole alla tecnologia – spiega la Poletti – ma la stessa deve essere governata dagli infermieri“. E sull’informatizzazione dei sistemi la Poletti è chiara: “Non si può dedicare alla parte informatica il 65 per cento del lavoro degli infermieri. Se tutto quel tempo lo passi al computer per l’inserimento dei dati, si rischia che siano gli operatori socio sanitari ad occuparsi del paziente“.
Salvatore Petrarolo
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