La Procura della Repubblica di Udine ha inviato avvisi di garanzia a tre vigili del fuoco della sala operativa e a un infermiere del Numero unico di emergenza 112. I quattro risultano indagati in relazione alla morte di Patrizia Cormos, Bianca Doros e Cristian Molnar, i tre giovani che lo scorso 31 maggio furono travolti dalla piena del torrente Natisone, in Firuli Venezia Giulia. Si ipotizza il reato di omicidio colposo.
Le indagini si sono concentrate su coloro che hanno gestito il protocollo di emergenza, e non sul personale che è materialmente intervenuto sul posto. Nessuno dei vigili del fuoco che hanno cercato di salvare i ragazzi è infatti coinvolto nell’inchiesta. I primi interrogatori delle persone che hanno ricevuto l’invito a comparire sono fissati per oggi.
In questi sei mesi gli investigatori hanno analizzato i tabulati e le registrazioni delle telefonate effettuate da Patrizia Cormos, che a più riprese chiamò il 112 per ricevere soccorsi, dopo essere rimasta bloccata con i due amici per l’improvvisa piena del torrente. Analizzate anche le comunicazioni tra la sala operativa di Sores Friuli Venezia Giulia, a cui appartiene l’infermiere indagato, e quella dei vigili del fuoco. L’aspetto da chiarire sarebbe proprio quello delle chiamate tra il sanitario e i pompieri.
La struttura sanitaria pone l’accento sul fatto che l’accertamento di eventuali responsabilità su un addetto che è impossibilitato ad accertare da remoto le effettive condizioni di emergenza del richiedente farebbe nascere un pericoloso precedente, se non si configurasse un’effettiva omissione.
Il commento del Coordinamento regionale degli Ordini degli infermieri del Friuli Venezia Giulia
Sugli sviluppi delle indagini è intervenuto Luciano Clarizia, presidente, presidente di Opi Pordenone e del Coordinamento regionale degli Ordini degli infermieri del Friuli Venezia Giulia, intervistato dal TgR: “Portare in giudizio tre vigili del fuoco e un infermiere, operatori che hanno eseguito tecnicamente in modo corretto il loro lavoro, seguendo protocolli e procedure, è drammatico per loro e anche per le conseguenze che questo può portare”.
Clarizia difende l’operato del collega: “Questo infermiere avrà il peso dell’indagine sulle spalle. Rischia di lasciare la professione o l’emergenza sanitaria. E il rischio più grande è che si entrerà in un sistema di difesa per cui gli infermieri manderanno richieste di invio di ambulanza, elicottero e automedica anche per le cose più banali, lasciando scoperti i casi di reale necessità”.
E poi c’è il rischio concreto di fuga in massa dei professionisti dall’emergenza: “Cosa che già sta avvenendo. E’ un’area molto complessa con tante responsabilità, basso ritorno economico e di immagine. Facciamo già fatica a trovare personale, adesso saremo ancora più in difficoltà e, come sempre, a pagare sono i cittadini”.
Redazione Nurse Times
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