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Forum Pa 2019: Aceti (Fnopi) denuncia “il buco nero della long term care”

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Infezioni correlate all'assistenza e malattie infiammatorie croniche intestinali. I dati dell'indagine
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Tonino Aceti, portavoce della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni Infermieristiche, ha tracciato il percorso necessario a far decollare il nuovo modello di assistenza che la mutata epidemiologia e le nuove esigenze degli assistiti richiedono.

Misurare e definire meglio i bisogni di salute delle comunità superando il metodo del solo “storico”, rivedere i sistemi di finanziamento perché siano meglio allineati ai bisogni di salute reali dei cittadini sui territori, mettere in campo politiche sanitarie pubbliche e politiche professionali coerenti con le vecchie e nuove esigenze della popolazione, a partire dalle fragilità. Per farlo servono innovazione, coraggio e responsabilità da parte di tutti.

Tonino Aceti, portavoce della Federazione nazionale degli Ordini delle professioni Infermieristiche, ha tracciato il percorso necessario a far decollare il nuovo modello di assistenza che la mutata epidemiologia e le nuove esigenze degli assistiti richiedono.

In questo senso Aceti ha sottolineato “il buco nero della long term care”, rispetto alla quale la stessa Corte dei Conti ha parlato di una forte scopertura pubblica: quasi un quarto della spesa necessaria è sostenuta dalle famiglie. “C’è bisogno di riallocare le risorse – ha detto Aceti –  metterne di più e spendere meglio quelle che abbiamo”.

Attualmente – ha proseguito il portavoce FNOPI – abbiamo carenze certificate di almeno 50mila infermieri di cui 30mila sul territorio dove,  applicando il modello dell’infermieristica di famiglia, si sono ottenuti ottimi risultati, ridotti gli accessi impropri al pronto soccorso, ridotte le complicanze e anche aumentata la sostenibilità dal punto di vista economico”.

Secondo Aceti, è necessario impostare un percorso per una riflessione sul mondo delle professioni “che sfocerà – ha detto – nella conferenza nazionale sulla salute dove istituzioni e professioni analizzeranno lo sviluppo a sostegno della salute dei pazienti e del sistema di welfare”.

“L’infermiere di famiglia – ha spiegato Aceti – è a fianco del medico di famiglia, nel rispetto delle specifiche autonomie, competenze  e peculiarità, entrambi insieme e coordinati per i diritti dei pazienti”.

Aceti ha anche ricordato che si sta ragionando molto sull’innovazione delle politiche professionali, non solo dell’infermiere.

“La riflessione sulla propria professione – ha detto – la stanno facendo tutti. Tutti ci stanno osservando: cittadini e istituzioni si aspettano da parte di tutte le professioni un’innovazione delle politiche professionali attraverso un percorso condiviso, al fine di aumentare la capacità di risposta del sistema ai bisogni delle comunità“.

“I professionisti – ha proseguito – dovrebbero sciogliere alcune questioni che la politica in questo momento non è in grado di sciogliere e tracciare il futuro delle politiche professionali a sostegno della salute dei cittadini e del Ssn. A questo si aggiunge il problema della misurazione degli esiti di salute del territorio. Abbiamo il Piano nazionale esiti per l’ospedale, ma non per il territorio e quindi non lo conosciamo come dovremmo: questa forbice va ridotta velocemente. Anzi, ci sarebbe da fare un ragionamento non solo sugli esiti del territorio, ma anche del singolo professionista”.

“Noi – ha affermato Aceti – stiamo sollevando il problema di tracciare le prestazioni infermieristiche perché siano chiare e non occulte: gli infermieri esistono e vogliono esistere pretendendo la tracciatura di ciò che fanno, perché fanno e fanno molto, in altre parole il loro “valore” deve essere visibile a tutti”.

A margine dei lavori di Forum Pa, Aceti ha poi risposto alle domande circa l’impegno degli infermieri nello sviluppo della tecnologia.

E lo ha fatto ricordando il protocollo sottoscritto dalla FNOPI e dall’Associazione Ingegneri clinici per aiutare i cittadini e i professionisti a trovare le app di salute più affidabili tra le tante oggi disponibili.

Secondo i dati dell’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità del Politecnico di Milano, oggi 4 italiani su 10 utilizzano un’applicazione per tablet o smartphone relativa alla salute o per il monitoraggio dello stile di vita. Tuttavia, solo il 25% di loro comunica al proprio medico i dati raccolti, che rimangono quindi spesso inutilizzati. Ma, a volte, tali dati possono essere inutilizzabili dal punto di vista clinico per motivi legati alla progettazione stessa della app.

All’interno del nuovo portale della FNOPI, ha detto Aceti,  che debutterà online nel 2020 “ci sarà un’apposita sezione dedicata a riconoscere le app di salute più affidabili sulla base di criteri oggettivi, una sorta di bussola per aiutare il cittadino a orientarsi in un mondo sempre più ampio e complesso. Riteniamo che il compito degli infermieri sia anche quello di aiutare il cittadino-paziente a utilizzare i nuovi strumenti tecnologici a servizio della salute”.

Applicazioni a parte, ha sottolineato Aceti, l’e-Health è già realtà nella vita quotidiana di quasi tutti i 450.000 infermieri italiani, che la utilizzano nella trasmissione di dati a distanza o nei dispositivi di monitoraggio utilizzati a bordo delle ambulanze. E, in un futuro non lontano, lo stesso carrello dei farmaci utilizzato in reparto, sarà direttamente collegato a un computer. “Il che significa – conclude – che non vi sarà più nessun rischio di errata somministrazione”.

Il video integrale dell’intervento di Tonino Aceti

Redazione Nurse Times

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