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Formazione ECM: una bufala che prosegue da 17 anni

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La Commissione nazionale ECM chiede il riconoscimento dei crediti anche per le ostetriche e le altre professioni sanitarie
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Proprio in questi giorni ricade il diciassettesimo compleanno del progetto ECM. Con l’articolo 16-ter, comma 2, del decreto legislativo 19 giugno 1999 si parlava per la prima volta di educazione continua in medicina.

Nel 2016 si esaurisce l’ultimo Piano sanitario nazionale per la formazione continua in Medicina (2014-2016), che prevede nel triennio un obbligo formativo, per ciascun operatore sanitario, sia libero professionista che dipendente (o parasubordinato), pari a 150 crediti.

Secondo l’articolo 16-quater del Dlgs 229/1999 «la partecipazione alle attività formative costituisce un requisito “indispensabile” per svolgere l’attività professionale in qualità di dipendente o di libero professionista, per conto delle aziende ospedaliere, delle università, delle unità sanitarie locali e delle strutture sanitarie private».

Passando al capitolo penalizzazioni, e non sanzioni, è importante sottolineare che «i contratti collettivi nazionali di lavoro del personale dipendente e convenzionato individuavano specifici elementi di penalizzazione, anche di natura economica, per il personale che nel triennio non avesse conseguito il minimo (150) di crediti formativi stabilito dalla Commissione nazionale», mentre «relativamente alle strutture sanitarie private l’adempimento, da parte del personale sanitario dipendente o convenzionato, che operasse nella struttura, l’obbligo di partecipazione alla formazione continua ed il conseguimento dei crediti nel triennio avrebbero costituito un requisito essenziale per ottenere e mantenere l’accreditamento da parte del Servizio sanitario nazionale»

Così come accaduto precedente per l’articolo 26 del Dlgs 81/2008, riguardante gli «obblighi connessi ai contratti d’appalto, d’opera o di somministrazione», anche questa volta l’incapacità del sistema pubblico di presidiare il territorio, scarica sul privato le responsabilità e gli oneri.

Spinte dall’obbligatorietà del debito formativo le aziende provider nacquero come funghi grazie all’enorme domanda di crediti ECM. Successivamente, i professionisti sanitari si resero conto che, i controlli da parte di qualche fantomatico team di verifica regionale erano talmente blandi da accettare semplici autocertificazioni ed il più delle volte completamente inesistenti. L’assenteismo da parte degli organi di controllo determinò il crollo della domanda di crediti ECM.

Per porre rimedio a questa fuga di cervelli che rifiutavano di seguire i corsi ECM a partire dal 1° gennaio 2010 sono entrate in vigore nuove regole che prevedono l’obbligo del provider di trasmettere al Co.Ge.Aps l’elenco dei professionisti che hanno raccolto i crediti al termine di un determinato corso. Il Co.Ge.Aps si assumeva l’onere di trasmettere i dati ai rispettivi Ordini professionali in modo che questi ultimi avessero a disposizioni tutti i dati per punire i trasgressori nel triennio 2011-2013.

L’obbligo dell’aggiornamento permanente, al nuovo articolo 33 della legge n. 214, sottolineava come, entro il 13 agosto 2012, gli Ordini professionali avrebbero dovuto stabilire le sanzioni da applicare a chi non avesse acquisito ogni anno i crediti Ecm necessari per soddisfare gli obblighi formativi. Le sanzioni prevedevano non soltanto arresti nella progressione di carriera per i professionisti inseriti in organici, ma anche multe pecuniarie. La scarsità di corsi di vero interesse e l’onerosità del programma, soprattutto per i lavoratori economicamente più deboli, quali i fisioterapisti e gli infermieri indusse il sistema ad un ulteriore aggiornamento del regolamento per il triennio 2014-2016, prevedendo per gli iscritti nell’elenco nazionale per la formazione continua, l’obbligo di certificare entro il 15 gennaio 2015 di aver maturato i 150 crediti previsti dal ciclo di aggiornamento Ecm relativo al precedente triennio, 2011-2013, invitando i ritardatari, che non volessero incorrere nella sanzione, a integrare nell’anno seguente i crediti eventualmente mancanti all’appello.

Il caos totale fu generato in seguito a quest’ultimo aggiornamento. Giunsero presso gli uffici degli Ordini numerosissime richieste di ulteriori chiarimenti sulle eventuali sanzioni da applicare a chi non avesse acquisito ogni anno i crediti Ecm necessari per soddisfare gli obblighi formativi, si generò una certa confusione con riguardo alle sanzioni, le quali non potevano essere, in alcun caso, di natura economica. In un caos del genere, infatti, alcuni iscritti all’Ordine avevano ricevuto una e-mail, con la richiesta di un versamento di denaro, come sanzione per non aver espletato regolarmente la formazione Ecm.

Successivamente il presidente dell’Ordine dei medici diffuse immediatamente una nota con la quale veniva smentito categoricamente quanto affermato nelle e-mail inviate, evidenziando come la nota in questione fosse da correggere. L’Ordine pertanto, nel ribadire quanto dichiarato dal presidente, ha invitato i propri iscritti a disattendere ogni eventuale richiesta del genere ed a condividere queste informazioni con tutti i colleghi, in modo tale da evitare il più possibile che la notizia errata si diffondesse e che la classe medica subisse truffe di natura pecuniaria. Relativamente alle sanzioni in capo sia al singolo operatore sia alle Aziende pubbliche e alle strutture private accreditate, si affermò come esse fossero ancora indefinite, avendo assunto più le caratteristiche di requisiti e titoli, ad esempio concorsuali, che non di motore di sviluppo di percorsi professionali. Dunque la netta prevalenza delle motivazioni professionali su quelle economiche o di carriera, di premio o sanzione (praticamente inesistenti), costituisca ulteriore argomentazione per quanti ritengono che la “compliance” dei professionisti al sistema formazione si realizza, soprattutto, attraverso il loro pieno coinvolgimento nelle decisioni e nella gestione. Considerata la complessità e la delicatezza del tema, la Commissione nazionale Ecm si impegnò a promuovere un confronto con i soggetti interessati al fine di definire proposte in ordine ad un sistema di incentivi e sanzioni per sviluppare l’impegno dei professionisti in ordine ai processi formativi Ecm, in coerenza con l’ordinamento e con i Ccnl e Acn vigenti.

Quali saranno i prossimi aggiornamenti previsti?
L’orientamento è quello di bandire ogni forma di sanzione, fermo restando l’obbligo dell’Ecm, e di preferire il premio rivolgendosi a professionisti maturi che capiscano il dovere etico, deontologico e professionale di dedicare il giusto tempo al proprio sviluppo professionale. La sanzione può semplicemente essere la valorizzazione di chi si forma costantemente e ne dà evidenza al cittadino rispetto a chi non lo fa. In prospettiva si può pensare, ad un sistema rodato, alla ricertificazione del titolo abilitante all’esercizio professionale quale elemento premiante e discriminante.

La manovra finanziaria dello scorso agosto ha come obbiettivo colmare questa lacuna; l’articolo 3, comma 5 recita:

Gli ordinamenti professionali dovranno essere riformati entro 12 mesi dalla data di entrata in vigore dell’apposito decreto per recepire i seguenti principi: previsione dell’obbligo per il professionista di seguire percorsi di formazione continua permanente predisposti sulla base di appositi regolamenti emanati dai consigli nazionali, fermo restando quanto previsto dalla normativa vigente in materia di educazione continua in medicina.
La violazione dell’obbligo di formazione continua determina un illecito disciplinare e come tale è sanzionato sulla base di quanto stabilito dall’ordinamento professionale che dovrà integrare tale previsione.”

Pertanto gli Ordini ai quali afferiscono i professionisti del settore sanitario avranno l’onere di registrare i crediti formativi ai fini ECM e di sanzionare chi non adempie agli obblighi formativi.

Analizzando la situazione dei professionisti inadempienti agli obblighi di formazione della sola regione Emilia Romagna si può notare come oltre 460.000 operatori del pubblico siano coinvolti, così ripartiti:
circa 41.000 dipendenti delle Aziende sanitarie e degli Istituti ortopedici Rizzoli,
circa 3.370 medici di medicina generale,
circa 520 pediatri di libera scelta,
circa 430 medici di continuità assistenziale,
circa 780 specialisti ambulatoriali convenzionati;
cui vanno aggiunti secondo l’Aiop, 5.600 operatori degli Ospedali privati accreditati, tra cui:
circa 1.090 medici,
circa 2.056 infermieri,
circa 405 tecnici,
circa 632 operatori socio sanitari,
circa 320 addetti all’assistenza.
Oltre a 5.000 farmacisti e 3.600 dentisti, che esercitano prevalentemente in libera professione.

In conclusione sono trascorsi 17 anni dall’emanazione delle prima normative riguardanti la formazione continua in medicina, nessuna sanzione è mai stata comminata e centinaia di migliaia di professionisti sanitari non ha adempiuto agli obblighi.

Considerando la crisi occupazionale e l’impossibilità ad ottenere un ricambio generazionale in un breve periodo ha veramente senso essere costretti ad investire tempo e denaro in un corso di formazione?

La nascita dei nuovi ordini professionali, compreso quello degli infermieri, genererà sicuramente nuovi sviluppi a questa vicenda infinita. I medici si sono prontamente uniti quando il loro ordine professionale ha provato a richiedere un compenso in denaro illecito e immotivato. Gli infermieri saranno in grado di essere altrettanto uniti qualora dovesse accadere qualcosa di simile?

Simone Gussoni

Fonti: Il Sole 24 Ore

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