Riceviamo e pubblichiamo un comunicato stampa a cura della Federazione.
I fatti accaduti il 24 ottobre a Chiavenna, dove una 14enne non ce l’ha fatta a raggiungere l’ospedale dopo una crisi sopraggiunta e nonostante i soccorsi immediati, si sono trasformati in un manifesto di categorie professionali che, scavalcando l’organizzazione dei servizi dell’emergenza urgenza riconosciuta a livello internazionale (in Italia ancora non del tutto sviluppata come in altri Paesi), genera tensione nei cittadini, insicurezza verso altre professioni e non risolve i problemi dell’emergenza.
In questo caso, ciò che stupisce è che la Fnomceo, famosa per le sue campagne, a cui anche la Fnopi spesso aderisce, e per la promozione di un’immagine positiva del Ssn, sia stata la prima a utilizzare una sciagura come quella di Chiavenna per dichiarazioni che sicuramente mettono tensione nella popolazione e gettano sospetto sull’attuale organizzazione dei servizi di emergenza.
Un’ansia mediatica smentita dall’assessore al Welfare lombardo, Giulia Gallera, con una dichiarazione all’agenzia Ansa: “Il caso è stato esaminato accuratamente da Areu, con l’ascolto delle registrazioni e il monitoraggio dell’operato delle equipe. Abbiamo proceduto con puntuali controlli interni sulle tempistiche e sulla qualità dell’intervento. Per quanto riguarda la qualità dell’intervento, l’infermiere si è comportato in modo ineccepibile, mettendo in atto tutte le manovre rianimatorie e somministrando i farmaci adeguati sotto il vigile controllo e la responsabilità del medico presente nella sala operativa di competenza. Le terapie sono le stesse che avrebbe praticato un medico di emergenza esperto”.
Ciò che è avvenuto, poi, nulla ha a che fare con il task shifting, nominato come uno spauracchio per i servizi sanitari, ma qui inteso come una sostituzione tout court di una figura professionale con un’altra. In realtà ha il vero significato di una ridistribuzione razionale dei compiti all’interno di un gruppo di lavoro sanitario, grazie alla quale competenze tecniche specifiche sono spostate da operatori sanitari a qualificazione formale, più elevata, ad altri di qualificazione formale meno elevata, ma specificamente formati e certificati con l’obiettivo di raggiungere un utilizzo più efficiente delle risorse disponibili .
Anzi, proprio per questo, l’Unione Europea ha finanziato un progetto per un’ambulanza equipaggiata con tecnologie digitali per la comunicazione, affinché l’equipaggio possa collaborare in modo ancora più proattivo con i medici specialisti dell’ospedale.
Quello di Chiavenna è un fatto che si ricollega alla diatriba ormai in corso tra l’Ordine dei medici di Bologna e i suoi iscritti, sospesi per aver realizzato – ormai da anni – un protocollo che consente alle ambulanze di intervenire senza medico a bordo, ma con infermieri formati e specializzati nell’emergenza. Un protocollo che ha portato negli ultimi giorni all’avvio di un procedimento disciplinare da parte dell’Omceo nei confronti dell’assessore regionale alla Sanità, in quanto medico, per aver approvato con la Giunta una delibera che consente il soccorso avanzato anche senza medici a bordo.
Nel caso specifico – chiarisce la Fnopi – l’assessore ha agito come tale e pertanto non si può certamente dubitare del fatto che abbia svolto funzioni rivolte alla cura di un interesse generale, che nulla hanno a che vedere con l’esercizio della professione medica. Né può dirsi che, in quanto medico, egli non avrebbe dovuto proporre e concorrere (con gli altri componenti della Giunta) ad adottare un atto che si vorrebbe contrario alla categoria medica.
Gli Ordini delle professioni sanitarie sono chiamati – ultima dalla legge 3/2018 – ad “alzare l’asticella” delle loro azioni, abbandonando la logica meramente corporativistica per assumere finalmente quel ruolo di enti pubblici fondamentali per garantire la tutela della salute e la corretta organizzazione e gestione del Servizio sanitario nazionale. Per questo – conclude la Federazione – è compito di un Ordine sanitario confrontarsi con una Regione rispetto al contenuto di una delibera, facendone oggetto di discussione e pure di critica, ma non attaccare disciplinarmente chi ha concorso ad adottarla, così privilegiando quell’approccio personalistico, ormai dilagante, che va solo a danno delle istituzioni pubbliche.
Redazione Nurse Times
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