FIALS, NUOVO “PATTO PER IL LAVORO IN SANITÀ”, SFIDA ED OPPORTUNITÀ. SBLOCCO DELLE ASSUNZIONI E RINNOVO CONTRATTUALE
La mancanza di lavoro in un Paese dove vi è tanta forza lavoro in attesa di primo lavoro, risorse umane con competenze elevate, acquisite con laurea specifica, spesse volte con difficoltà economiche e sacrifici, rimane una dimensione politica INACCETTABILE. Parliamo, in particolare, delle professioni sanitarie in sanità.
Così Giuseppe Carbone, Segretario Generale della FIALS, in una lettera inviata al Ministro dello Sviluppo Economico e del Lavoro On. Luigi Di Maio, al Ministro della Salute
On. Giulia Grillo, al Ministro della Funzione Pubblica, Sen. Giulia Bongiorno e al Presidente della Conferenza delle Regioni e Province Autonome, Dott. Stefano Bonaccini.
Non è pensabile, afferma Carbone, che vi siano professionalità della sanità che non riescano durante la loro vita professionale ad avere un lavoro stabile e costrette, spesse volte, ad emigrare all’estero o a moltitudini di viaggi di speranza per la partecipazione a concorsi o avvisi pubblici per un posto di lavoro che deve essere un DIRITTO inalienabile come afferma l’art. 1 della Costituzione ma che oggi viene negato.
La sfida del lavoro è creare il futuro generazionale che nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale rimane solo possibile con lo sblocco al 100% del turn over, con un piano straordinario ed immediato di assunzioni ed intervenendo strutturalmente sull’attuale disciplina che impone il contenimento delle spese per il personale entro l’ammontare del 2004 diminuito dell’1,4%.
A nostro parere, Il LAVORO rimane il vero diritto di reddito di cittadinanza, il LAVORO è libertà.
Riteniamo che necessita porre al centro della proposta e agenda del governo la questione della disoccupazione giovanile e specie quella delle professioni sanitarie, un “Nuovo Patto per la professionalizzazione”.
Non sfuggirà a nessuno come la carenza di personale nell’ambito dei diversi servizi sanitari regionali è diventata elefantiaca e le dichiarazioni recenti dell’Oms ne danno la giusta dimensione: gli infermieri impiegati nel SSN sono carenti in tutta Italia, dove il rapporto con i medici invece di essere di uno a tre come indicato a livello internazionale, crolla a volte fino a sfiorare la parità (1:1), non garantendo un adeguato impegno assistenziale: in questo senso ne mancano oltre 60mila di infermieri solo nella sanità pubblica.
Non di meno per gli altri profili professionali tecnici sanitari, della riabilitazione come della prevenzione, Operatori Socio Sanitari e da ultimo, non per meno importanza, il personale amministrativo che non si assume da oltre un ventennio.
Si assiste nelle diverse Aziende ed Enti del SSN ad un vuoto spaventoso di personale delle professioni sanitarie, specie infermieri, e le prestazioni assistenziali vengono quotidianamente tamponate con soluzioni che non dovrebbero essere considerate lecite, come quella di non assumere personale, ma di utilizzare, per risparmiare il lavoro straordinario, lo strumento delle pronte disponibilità, quello messo a disposizione da cooperative o col lavoro interinale, cosa che non aiuta né la professionalità del singolo, stressato e sottopagato né il professionista numericamente insufficiente a erogare un’assistenza di qualità né un’assistenza specializzata che i professionisti potrebbero erogare ma che le organizzazioni con scarso organico non riescono a riconoscere e valorizzare adeguatamente.
Sono convinto che mai nessun Direttore Generale analizzi i report dei turni degli infermieri, come dei medici, migliaia di ore di straordinario non pagate e né recuperate, dei turni di riposo non rispettati.
Assistiamo quotidianamente ad una incapacità cronica della politica ad affrontare i veri problemi della sanità che vengono sottostimati: tagli ai posti letto, blocco turn over, con riduzione personale sanitario e chiusura dei reparti ad essi collegati, con conseguente allungamento delle liste d’attesa, invecchiamento della popolazione, aumento delle patologie croniche, riduzione risorse economiche, aumento delle richieste sanitarie.
Sono questi i veri problemi!
Problemi che non si affrontano con l’accorpamento/integrazione delle aziende sanitarie che rappresentano solo una scorciatoia per risolvere i deficit organizzativi.
Razionalizzare, accorpare, tagliare sul personale, è quello che in questi ultimi anni abbiamo sempre sentito pronunciare dai diversi governi e che equivale inesorabilmente ad un taglio dei servizi, peggiorando la qualità delle prestazioni sanitarie.
L’intasamento nei pronto soccorso dei cittadini è solo una conseguenza di una politica che ha permesso accorpamenti di Aziende Sanitarie che sono diventati elefanti ingestibili; dove ci vogliono mesi e solleciti infiniti, per la sostituzione di apparecchiature obsolete o dove chiedi farmaci e li danno con il contagocce e ti dicono pure di risparmiare nell’uso.
Unità operative complesse ridotte oltre il 30% per il blocco del turn over e dove i Responsabili di Struttura Complessa si vedono attribuire più frequentemente incarichi ad interim in altre strutture sparse su ospedali del territorio della medesima azienda sanitaria.
La forte carenza di infermieri nelle diverse aziende sanitarie porta ad un aumento di rischi per i pazienti e per gli stessi operatori: ogni infermiere dovrebbe assistere al massimo 6 pazienti per ridurre del 20% la mortalità. Attualmente ne assiste in media 11 e nelle Regioni dove la carenza è maggiore si arriva anche a 17.
Tagliare i costi del personale è molto semplice per le Regioni e i Direttori Generali, richiede invece più impegno individuare ed eliminare gli sprechi in sanità che sommano non meno di 10miliardi annui.
La carenza di personale riguarda tutto il Servizio sanitario in tutta Italia ma diventa particolarmente complessa nelle Regioni in piano di rientro. È un problema serio che doveva essere affrontato e risolto nell’ambito degli adempimenti ed obiettivi del Patto della Salute 2014-2016 visto che riguardava un problema di risorse e che si doveva definire, in modo razionale, senza far esplodere la spesa.
Ma è rimasto, come al solito, un obiettivo, che ha trovato una piccolissima valvola di sfogo solo con le stabilizzazioni che non hanno certo aumentato il numero di personale ma solo aver dato dignità ad un lavoro stabile dopo tantissimi anni di precariato.
Gli infermieri attualmente in servizio sono pochi e sottopagati (tra i più bassi in tutta Europa) e lavorano in situazioni di mancata sicurezza e per un tempo prolungato nel corso della stessa giornata e capita sovente di dover cominciare un turno dopo aver staccato dal precedente per mancanza di personale.
A tutto ciò si aggiunge la problematica del demansionamento a causa della forte carenza di Operatori Socio Sanitari.
Rimane lecito chiedersi fino a quando medici, infermieri, le altre professioni sanitarie, gli Operatori Socio Sanitari, saranno disposti a sopportare questo sfacelo che ci circonda?
Chi siede in parlamento è a conoscenza che il personale del SSN che svolge competenze elevate ha una retribuzione notevolmente bassa rispetto alle medesime figure professionali dei Paesi Europei?
Citiamo i recenti dati dell’ OCSE sugli stipendi degli infermieri in Europa, secondo i quali in Italia si guadagna NOTEVOLMENTE molto meno rispetto agli altri Paesi:
Ci troviamo in una scala a dire poco “vergognosa” economicamente dove non si comprende alcuna dignità del lavoro dell’infermiere come delle altre professioni sanitarie come del restante personale della sanità.
Come FIALS riteniamo che il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità, qualità e COMPETENZE professionali del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.
La cronicità e la demografia in genere con l’incremento dell’età e della vita media, aumenteranno i bisogni di assistenza e gli infermieri, come le altre figure professionali, non solo possono, ma devono essere messi in grado di esprimere il massimo delle loro potenzialità sia in termini quantitativi che qualitativi. Un mancato intervento oggi non avrà possibilità di essere riparato domani.
Il timore per la carenza di personale sanitario non nasce oggi ma con la riforma delle pensioni e il varo della recente normativa legislativa “quota 100”, il servizio sanitario nazionale rischia davvero di precipitare nel baratro: saranno ben oltre 50mila infermieri, a parte gli altri profili professionali, come oltre 25mila medici in uscita nel giro di meno di un anno e non ci sarà la possibilità di sostituirli.
Già da anni denunciamo la carenza di personale nella sanità pubblica. Questa ultima decisione della “quota 100” aggrava il problema, che ora assume dimensioni davvero preoccupanti. Se poi colleghiamo questo provvedimento al fatto che nella manovra non sono previste risorse aggiuntive al Fondo sanitario nazionale per il 2019, come avevano chiesto le Regioni, finalizzate anche ad un minimo di 20mila nuove assunzioni e 1 miliardo di euro per il nuovo contratto, la situazione per la sanità pubblica nei prossimi anni si prospetta drammatica.
Senza un piano straordinario ed immediato di assunzioni, tenuto conto del sistema riformatore pensionistico con la quota 100, nell’arco temporale di un triennio, oltre il 40% delle strutture sanitarie ospedaliere e territoriali chiuderanno per mancanza di personale specializzato.
La FIALS chiede, a chi ha responsabilità di governo e delle regioni, di spiegare come intendono affrontare il fenomeno descritto anche per dare risposte certe ai tanti professionisti che rimarranno al lavoro in condizioni organizzative sempre più precarie e con maggior rischio professionale e sia ai cittadini che hanno diritto a cure tempestive, di qualità e sicure.
Questo Governo, la Conferenza delle Regioni, deve fronteggiare la questione delle risorse umane nel settore sanitario, la scarsità di infermieri come delle altre professionalità sanitarie, è un problema da risolvere al più presto.
Riteniamo quindi indispensabile che si apra un confronto sul “Patto per il lavoro in Sanità” che deve essere una sfida ed opportunità e che si articoli su un programma di ampio respiro che nel risolvere le problematiche attuali (integrare gli organici, ridare sicurezza ai luoghi di lavoro, restituire dignità alla professione), sappia investire sul futuro del Servizio Sanitario.
Le nostre proposte si situano in una cornice di riferimento che contiene alcuni presupposti fondamentali:
- definizione degli standard di fabbisogno di personale specifici per ciascun profilo professionale;
- superamento del vincolo dell’1,4% per la spesa del personale imposto alle regioni dal patto della salute del 2001, ed avvio di un piano straordinario di assunzioni di personale a tempo indeterminato ed in parallelo si estenda al 31.12.2018 la data del personale in servizio per il completamento dei percorsi di stabilizzazione;
- utilizzo delle graduatorie concorsuali in essere al 31.12.2018 per assunzioni di personale dipendente a tempo indeterminato nella cornice contrattuale del CCNL del comparto;
- utilizzo a livello regionale/nazionale di tutte le graduatorie aziendali utili e vigenti per mezzo di una banca dati centralizzata e costantemente aggiornata presso il Ministero della Salute.
In conclusione, Carbone, ribadisce l’importanza dell’apertura di un tavolo di confronto, urgente e serrato, per un nuovo “ Patto per il lavoro in Sanità” che individui soluzioni alle problematiche che la FIALS denuncia da anni e che ponga le basi per un “dignitoso” rinnovo contrattuale 2019-2021 in considerazione delle già definite risultanze dell’Aran sulla rappresentatività sindacale per lo stesso triennio.
Redazione NurseTimes
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