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Ferie non godute, tre recenti sentenze riconoscono il diritto dei professionisti sanitari

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Gli infermieri vanno in ferie: interi reparti costretti a chiudere per mancanza di personale
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Intervistato da Sanità Informazione, Marco Croce, avvocato della rete di studi legali di Consulcesi & Partners, spiega come sia piossibile chiedere la monetizzazione degli ultimi dieci anni.

Tre sentenze in pochi mesi riguardanti somme che vanno dai 30 ai 50mila euro per singolo medico o operatore sanitario. È quanto ottenuto dall’avvocato Marco Croce, della rete di studi legali di Consulcesi & Partners, per medici e operatori sanitari che non erano stati messi in condizione dalla propria azienda di usufruire delle legittime ferie.

Un problema, quello delle ferie non godute dal personale sanitario, diffusissimo in tutta Italia sia prima dell’emergenza Covid che, a maggior ragione, durante i due anni di pandemia. «Questa situazione – spiega l’avvocato Croce a Sanità Informazione – è correlata alla carenza d’organico delle nostre strutture, che pure compongono un Ssn di tutto rispetto nello scenario internazionale. Si rivolgono a Consulcesi & Partners sia i medici che gli altri professionisti sanitari. Lo fanno, in genere, all’avvicinarsi della pensione o successivamente al pensionamento. Altri lo fanno invece in occasione della cessazione del rapporto di lavoro con una determinata struttura. Questi professionisti lamentano il fatto di aver accumulato numerosi giorni di ferie non godute, maturati non soltanto nell’arco dell’ultimo anno, ma anche nell’ultimo decennio».

Continua Croce: «In genere le amministrazioni riferiscono al dipendente che si trova in questa situazione di non poter concedere le ferie in quanto il rapporto si è esaurito, ma anche di non poterle monetizzare a causa di una norma generale di legge che lo vieterebbe. Sta di fatto che la giurisprudenza, nei casi che ho seguito negli ultimi mesi in qualità di avvocato presso i Tribunali di Macerata, Modena e Roma, ha riconosciuto invece che sussiste il diritto del medico o altro professionista sanitario che non abbia goduto delle ferie a ottenere l’indennità sostitutiva, e quindi una somma di denaro».

E ancora: «In tutti questi giudizi le amministrazioni sanitarie convenute hanno per lo più eccepito sia la non monetizzabilità delle ferie che l’avvenuta prescrizione. Con motivazioni sostanzialmente convergenti i tribunali hanno rigettato l’eccezione di prescrizione in quanto l’indennità sostitutiva delle ferie ha natura mista, ovvero sia risarcitoria che retributiva, e con l’assunto che prevale il carattere risarcitorio, volto a compensare il danno della perdita del diritto al riposo. Per questo si applica, dunque, il termine ordinario decennale della prescrizione. La natura retributiva dell’attività lavorativa attiene invece al periodo in cui avrebbe dovuto essere concesso il risposo, ma questo assume rilievo per l’incidenza sul trattamento di fine rapporto e anche sull’assoggettamento alla contribuzione. In buona sostanza, prevale la tesi della prescrizione decennale. Esiste poi la tematica per cui il diritto alle ferie retribuite del dipendente o dirigente pubblico corrisponde all’effettivo diritto al godimento di un periodo di riposo e svago rispetto all’attività lavorativa, e quindi è irrinunciabile. Da ciò l’insostenibilità della tesi della non monetizzabilità del diritto alle ferie e invece la sussistenza del diritto all’indennità sostitutiva».

Rimane un punto però da affrontare, ovvero quello dell’onere della prova. Tra il lavoratore e l’Asl chi deve provare che l’amministrazione abbia effettivamente messo in condizione il proprio dipendente di godere delle ferie? «Le sentenze – spiega l’avvocato –, in coerenza con la giurisprudenza della Corte di giustizia europea, affermano che questo onere incombe sul datore di lavoro. Pertanto, se l’Asl non riesce a provare concretamente di avere invitato il dipendente a fruire delle ferie e di averlo messo in condizione di farlo, cosa molto difficile in quanto vi è una generale carenza d’organico, si ha per provato che il dipendente ha incolpevolmente patito la privazione delle ferie. Da questo insieme di considerazion deriva che il lavoratore che non abbia potuto fruire delle ferie annuali retribuite a cui aveva diritto è nella condizione di poter chiedere l’indennità sostitutiva monetaria per tutte le ferie annuali non godute, con tutte le ricadute contributive e previdenziali». Se invece l’Asl riesce a dimostrare di aver invitato il lavoratore ad andare in ferie e lui, per un motivo qualsiasi, non ne ha usufruito, lo stesso non ha diritto all’indennità.

«Per ottenere l’indennità sostitutiva – conclude l’avvocato Croce – i medici o i professionisti sanitari devono acquisire i cedolini e i prospetti del datore di lavoro, dai quali si può constatare se c’è un residuo ferie non godute. Devono poi, se possibile, produrre comunicazioni scritte con le quali possano dimostrare di avere chiesto, anche ripetutamente, di fruire delle ferie, senza però ricevere idoneo riscontro. Eventualmente, in giudizio si possono anche indicare dei testimoni».

Redazione Nurse Times

Fonte: Sanità Informazione

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