Riprendiamo un interessante articolo pubblicato sul Sole 24 Ore.
«E adesso ce la giochiamo ad armi pari». È soddisfatto Massimiliano Del Frate, amministratore delegato della comasca Lispharma, che produce farmaci iniettabili a uso oncologico e cortisonici. «Finalmente – aggiunge – potremo cominciare a produrre qui farmaci con brevetto scaduto, ma “prorogato” nella Ue tramite “certificati supplementari”, e venderli nei Paesi extraeuropei, dove non esistono o sono decaduti. Almeno non andremo a perdere quote di mercato in Asia, Usa e Nord Africa. Del nostro fatturato di 20 milioni, il 90% proviene dall’estero. Con le nuove regole, in 10 anni pensiamo di crescere dal 30 al 45%».
Martedì il Consiglio europeo ha adottato il regolamento che introduce un’eccezione, a fini di esportazione e/o di stoccaggio, alla protezione conferita a un medicinale originale dal cosiddetto “certificato protettivo complementare (Spc)”. In pratica, scaduto un brevetto, nei tre anni in cui viene “prolungato” con un “certificato supplementare” (per recuperare i tempi lunghi della messa in commercio), le case farmaceutiche europee potranno iniziare a produrre, nella Ue, il suo generico. A patto, però, di venderlo solo ed esclusivamente nei Paesi terzi, spesso gli emergenti, in cui l’estensione della tutela non è riconosciuta. Il regolamento, previa pubblicazione m Gazzetta Ufficiale comunitaria, entrerà in vigore dal 1° luglio.
Secondo le stime della Commissione Ue, l’attuazione delle nuove regole dovrebbe generare, nei prossimi 10 anni, un fatturato annuo netto aggiuntivo, per il settore, superiore a 1 miliardo di euro, che potrebbe tradursi, nello stesso arco di tempo, in 20-25mila nuovi posti di lavoro. Meno precise le stime sul “made in Italy”.
«L’industria farmaceutica nazionale biosimilari – ha commentato Enrique Häusermann, presidente di Assogenerici – è ai primi posti in Europa per valore della produzione: in media il 40-45% del fatturato deriva dall’export anche peri il comparto degli equivalenti e dei biosimilari. In questo quadro la norma sull’esenzione dall’Spc a fini produttivi rende plausibile aumentare fino al 70% la quota di fatturato, soprattutto verso l’Europa e il Nord America, e in quota minore verso il Far East».
Le nuove norme consentiranno anche di attrarre investimenti esteri verso la farmaceutica italiana. «Pensiamo a una multinazionale che non ha siti produttivi in Europa, ma voglia far produrre qui un generico per il Sud America o l’Asia – ha spiegato Paolo Angeletti, titolare della bergamasca Salf, che produce farmaci liquidi iniettabili per patologie cardiovascolari e antidolorifici –. Ora potrà venire a investire nelle nostre aziende, la cui eccellenza è riconosciuta nel mondo, per farmaci che poi saranno commercializzati all’estero».
La Salf arriva a un fatturato di 26 milioni e 200 addetti. E vede roseo. «Nei prossimi tre anni – ha aggiunto Angeletti –, solo grazie a questa misura puntiamo a 10 milioni di investimenti tra linee produttive e personale qualificato. Con l’obiettivo di accrescere il fatturato, nello stesso periodo, del 50-60% e di aumentare del 10-15% le nuove assunzioni».
L’introduzione della possibilità di esonero dagli Spc varrà sia per produzioni destinate all’export extra-Ue, nel periodo di validità del certificato, sia ai fini di stoccaggio (negli ultimi 6 mesi di validità dell’Spc), finalizzato al lancio nel mercato europeo. Nei primi tre anni la deroga potrà essere richiesta solo per i nuovi Spc, ovvero quelli richiesti a partire dalla data di entrata in vigore del regolamento. Dunque, operativamente, dal luglio 2022. Solo dopo potrà essere estesa anche a quelli di più vecchia data.
Redazione Nurse Times
Fonte: Il Sole 24 Ore
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