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Farmaci e scadenze: un principio attivo perde realmente di efficacia oltre la data riportata sulla confezione?

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Quale significato ha realmente la data di scadenza riportata sulle confezioni dei farmaci che ogni infermiere quotidianamente manipola?

L’obbligo di inserire tale data sulle confezioni di qualsiasi medicamento è stato richiesto dalla Food and Drug Administration (FDA) nel 1979. Questa scadenza rappresenta il limite per ottenere la piena efficacia farmacologica e per garantire la sicurezza del principio attivo.

Tipicamente, tale periodo è compreso tra i 12 ed i 60 mesi dal momento in cui viene prodotto il medicamento. Nel caso di alcuni prodotti dispensati singolarmente dal farmacista, che preleva la dose da confezioni multiple, in 17 stati del mondo è richiesta la certificazione riguardante la data di cessione del prodotto.

Il requisito imposto dalla FDA è una data entro la quale l’efficacia del principio attivo possa essere garantita. Nella maggior parte dei casi pero, nessun test specifico è mai stato condotto per verificare la potenziale tossicità o mancanza di efficacia di un farmaco sul paziente dopo la scadenza. Inoltre, non è mai stato offerto alcun incentivo alle case farmaceutiche per ricercare nuove tecnologie che permettano di posticipare tale data.

L’esercito degli Stati Uniti d’America, che conserva grandi quantitativi di farmaci sia per uso militare che civile (in caso di emergenze sanitarie) si è dimostrato estremamente interessato a tale problematica in seguito agli attacchi all’antrace del 2001. L’interesse economico è apparso evidente, considerando che periodicamente enormi quantitativi di farmaci devono essere eliminati a causa della sopraggiunta data di scadenza. Qualora venisse determinata l’efficacia del farmaco oltre la scadenza, questa enorme spesa potrebbe essere evitata.

Per fornire tale dato, la FDA ha analizzato la stabilità e l’efficacia di 122 principi attivi di uso comune attraverso il Shelf-Life Extension Program (SLEP), finanziato dal Dipartimento della Difesa statunitense.

Dai dati emersi dall’analisi di oltre 3.000 lotti di farmaci è stato evidenziato come 9 confezioni su 10 presentassero una potenza del farmaco superiore al 90% un anno dopo la data di scadenza riportata sulla confezione. Il periodo medio per osservare un decremento della potenza del farmaco è risultato essere superiore a 5 anni.


Che cos’è la potenza di un farmaco?

In farmacologia la potenza di un farmaco è un indicatore della sua attività, definito come la concentrazione richiesta per provocare una risposta di una certa intensità. Un farmaco molto potente (es. morfina, alprazolam, clorpromazina) induce una risposta elevata anche a basse concentrazioni, mentre farmaci meno potenti (ibuprofene, acido acetilsalicilico) danno risposte minori a basse concentrazioni.


Gli autori dello studio hanno enfatizzato come i lotti di farmaci siano stati conservati in condizioni ottimali, specificando come il tempo di stabilità addizionale, successivo alla data di scadenza del farmaco, sia risultato estremamente variabile.

In uno studio più recente è stata analizzata la stabilità del principio attivo nei farmaci scaduti. Sono stati esaminati 8 differenti farmaci, contenti 15 diversi composizioni chimiche, scaduti da un periodo variabile compreso tra i 28 ed i 40 anni.

Le confezioni furono rinvenute e sequestrate in seguito ad un’ispezione effettuata presso una farmacia al dettaglio. Tutti i farmaci risultavano ancora essere nella loro confezione originale, la quale si presentava perfettamente sigillata.
Tali medicine contenevano principi attivi quali butalbital, caffeina, codeina fosfato e acido acetilsalicilico.

Ogni farmaco è stato sottoposto ad una rigorosa analisi chimica. La maggior parte di essi (86%) è risultato avere una potenza superiore al 90%; 12 lotti sui 14 scaduti da oltre 336 mesi (28 anni) hanno presentato una completa potenza farmacologica: 8 di questi erano scaduto da oltre 480 mesi (40 anni).

Due eccezioni rilevanti hanno riguardato l’acetaminophen (potenza del farmaco inferiore del 38% nelle capsule analizzate) e l’aspirina (presenza di principio attivo compresa tra il 4% ed il 10%).

Dott. Simone Gussoni

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