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Farmaci diuretici: conosciamoli meglio

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Farmaci diuretici: conosciamoli meglio
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Proponiamo un interessante contributo del nostro collaboratore Pasquale Fava.

Una categoria di farmaci caratterizzata da largo uso nel contesto clinico assistenziale è quella dei farmaci diuretici. Questi ultimi possono essere usati per svariati contesti patologici: dal trattamento delle patologie renali all’uso combinato con farmaci antipertensivi per il trattamento delle patologie cardiovascolari, passando per l’uso di in contesti d’emergenza.

Innanzitutto i farmaci diuretici sono una categoria di sostanze utilizzate per riportare alla norma il volume e la composizione dei fluidi corporei, e risolvere (o evitare) la formazione di edemi. Tutto ciò avviene sulla base di un’azione diretta dei meccanismi di produzione delle urine a livello renale. Di seguito una distinzione iniziale.

Diuretici dell’ansa (furosemide, piretanide, bumetanide, acido etacrinico)
Sono farmaci che inibiscono il simporto NA+/K+/2Cl-, legandosi al sito del Cl- (il segmento ascendente dell’ansa di Henle svolge un ruolo fondamentale nella composizione delle urine). Garantiscono un riassorbimento notevole, pari al 25%. L’aumentata escrezione dello ione K+ si ritiene invece dovuta al maggiore rilascio di Na+ dal tubulo distale. In acuto i diuretici dell’ansa aumentano l’escrezione dell’acido urico, mentre la somministrazione cronica ne riduce l’escrezione. Questo effetto si ritiene dovuto all’aumentato trasporto nel tubulo prossimale, conseguente alla deplezione di liquidi con un maggiore riassorbimento di acido urico e alla competizione fra acido urico e diuretico per il meccanismo di trasporto degli acidi organici nel tubulo prossimale, con minore escrezione di acido urico. Questa categoria di farmaci vede il suo uso principale per: edema polmonare acuto, scompenso cardiaco cronico, ipertensione arteriosa, forme varie di edema, diuresi forzata per sovradosaggio di farmaci. Possono causare però come reazioni avverse: iponatremia, ipotensione, collasso, tromboembolie, encefalopatia epatica, ipocalemia, ipomagnesia, ipocalcemia, ototossicità per inibizione trasportatore orecchio interno e alterazione composizione ionica endolinfa, rush cutanei, rischio di alterazioni lipidiche e altro.

Inibitori dell’anidrasi carbonica (metazolamide, diclorofenamide, acetazolamide)
Sono farmaci che causano un’escrezione urinaria di HCO3 con innalzamento del pH urinario (acidosi metabolica). Garantiscono un aumento del rilascio di Na+ e Cl- nell’ansa di Henle. Entrambi i processi, però, causano una maggior filtrazione di HCO3. Data la limitata natriuresi, sono considerati diuretici deboli. Infatti sono usati poco per il loro effetto di refrattarizzazione. Vedono il loro utilizzo per l’edema da insufficienza cardiaca, per il glaucoma e per l’epilessia. Sono descritti effetti tossici legati alla struttura sulfonamidica come allergie, depressione midollare, tossicità renale e cutanea, ridotta escrezione di ioni ammonio con iperammoniemia, precipitazione di sali di calcio fosfato nelle urine alcaline con formazione di calcoli, peggioramento di una acidosi metabolica o respiratoria, ridotta escrezione di basi organiche deboli.

Diuretici osmotici (mannitolo, glicerina, isosorbide, urea)
Sono farmaci filtrati spontaneamente e non riassorbiti a livello tubulare. Possono innalzare, se somministrati a dosi abbastanza elevate, l’osmolarità plasmatica e tubulare. L’effetto dei diuretici osmotici si ritiene dovuto principalmente alla riduzione dell’ipertonia midollare. L’uso clinico più frequente dei diuretici osmotici è legato alla rapida riduzione della pressione endocranica e oculare. Sono anche comunemente utilizzati in caso di insufficienza renale acuta: la diluizione delle sostanze tossiche presenti nel lume tubulare e la rimozione del materiale ostruente i tubuli incrementano la filtrazione glomerulare, con miglioramento della funzionalità renale. Un’altra indicazione è quella del trattamento della sindrome da squilibrio dialitico che si manifesta nel paziente emodializzato. Tale sindrome è causata dall’ipertono tessutale che si manifesta durante la veloce rimozione dialitici dei soluti. La ipertonicità del sangue causata dai diuretici osmotici può controbilanciare la situazione. Come effetti collaterali, possono comportare edema polmonare nei pazienti con insufficienza cardiaca e congestione polmonare, aggravamento di emorragia celebrale, iponatriemia.

Diuretici tiazidici (clorotiazide, idroclorotiazide)
Sono farmaci a media intensità d’azione: inibiscono il controtrasportatore Na+/Cl- a livello del tubulo contorto distale, con aumento delle perdite di sodio e acqua, e concomitante aumento dell’escrezione di potassio. Gli effetti diuretici e ipotensivi di questi farmaci aumentano notevolmente se somministrati in associazione, quindi è opportuno iniziare a bassi dosaggi. Sono farmaci con un’efficacia moderata, poiché circa il 90% del carico filtrato è riassorbito prima di raggiungere il tubulo contorto distale. Sono usati per il trattamento dell’ipertensione, edema, calcolosi e osteoporosi, per il diabete renale e per l’intossicazione da alogeni. Questa tipologia di diuretici può comportare impotenza sessuale (effetto fastidioso e frequente), iperuricemia, alterazioni del bilancio idrosalino, manifestazione di gotta, innalzamento dell’Hb glicosilata.

Diuretici risparmiatori di potassio (triamterene, amiloride)
Il loro meccanismo d’azione è quello di bloccare il canale del sodio voltaggio-indipendente, dissipando il gradiente elettrico per l’eliminazione del K+. Infatti, garantiscono un antagonismo del legame dell’aldosterone al suo recettore. Sono farmaci con emivita lunga, ma sono somministrati in associazione con altri diuretici. Inoltre sono farmaci ad attività antikaliuretica. Nel tubulo distale finale e nel dotto collettore le cellule principali presentano sulla membrana luminale un canale per il Na+ che ne permette l’ingresso nella cellula, secondo il gradiente elettrochimico creato dalla pompa per il Na+ nella membrana basolaterale. Possono essere causa di iperkaliemia, riduzione della tolleranza al glucosio, fotosensibilità, megaloblastosi da deficienza di acido folico (rischio più alto per i pazienti cirrotici).

Pasquale Fava

 

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