Ancora una vittima dell’uso improprio delle misure di contenzione. Stavolta è accaduto a Ponte di Brenta (Padova), presso una casa di riposo. Infermiera e operatrice sono accusate di omicidio colposo.
Una morte strana, che non ha mai convinto i familiari di G.Z., ex infermiere 61enne di Dolo. Ed è proprio grazie alla loro denuncia, che è partita l’inchiesta… un’inchiesta che, dopo il recente caso Mastrogiovanni (VEDI) mette di nuovo sotto accusa i mezzi di contenzione ed il loro improprio utilizzo.
Ma cosa è accaduto, di preciso, in data 12 febbraio 2014, presso la casa di riposo Breda nel padovano?
Dalle indagini sembra chiaro come la professionista sanitaria M.R.P., insieme ad un’operatrice, abbia applicato dei mezzi di contenzione al paziente, degente presso la casa di riposo. Assumendosi, di fatto, una responsabilità che non gli competeva, perché non c’era stata nessuna prescrizione medica a riguardo.
Una volta legato al letto, il paziente non è poi più stato controllato per verificare il suo stato di salute ed il corretto posizionamento di quello strumento contenitivo. E di lì a poco, purtroppo, si è consumata la tragedia: l’ex infermiere, nel tentativo di liberarsi, ha infatti assunto una posizione anomala che non gli ha consentito più di respirare adeguatamente. Ed è morto, stretto contro la spondina del letto, per una un’insufficienza cardio-respiratoria acuta.
Era stato dimesso dal reparto di Psichiatria dell’ospedale di Dolo solo tre giorni prima, con un “parziale ma soddisfacente miglioramento del quadro di ingresso, con tranquillizzazione del paziente e sostanziale docilità e facile gestibilità comportamentale”.
Forse, però, in quella nottata maledetta, era stato irrequieto e le due donne, senza avvisare il medico di turno e in piena autonomia, hanno pensato di ricorrere alle cinghie contenitive.
Le due donne, finite a processo davanti al giudice di Padova, sono accusate di “cooperazione in omicidio colposo”, in quanto secondo gli inquirenti avevano legato al letto il 61enne in assenza di una prescrizione medica e delle condizioni eccezionali e di urgenza che giustificano il ricorso alle cinghie contenitive.
Per di più, il pm Roberto D’Angelo (titolare dell’inchiesta), ha contestato loro la mancata sorveglianza e la mancata assistenza indispensabili per interrompere quello stato di “prostrazione fisica e psichica del paziente”.
Stato in cui un altra persona è morta. Tra le 2.30 e le 4.30 del mattino. Da sola.
Fonte: Il Mattino di Padova
Immagini: https://www.confbasaglia.org
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