Un paziente su due ha difficoltà di inserimento lavorativo o mantenimento dell’occupazione. Al via un’iniziativa per ridurre lo stato di ansia e insicurezza e favorire la buona riuscita dei colloqui lavorativi.
Oltre un paziente su due, il 60% delle persone con epilessia, non è occupato e riporta difficoltà di inserimento lavorativo o mantenimento dell’occupazione. Uno scenario già descritto dai risultati dalla ricerca “ERE – gli epilettologi raccontano le epilessie”, presentata in occasione dell’ultimo Congresso della Lega italiana contro l’epilessia (Lice), insieme dalla Fondazione Istud, secondo cui il 31% delle persone con epilessia non lavora per disoccupazione, il resto per ragioni di età (studenti o pensionati), per attività domestica o per dichiarata inabilità al lavoro. Quasi un paziente su due, il 44%, si vede negato un impiego a causa della malattia.
Il binomio epilessia-lavoro è ora al centro di una nuova indagine rivolta alle persone con epilessia avviata da Lice e Fondazione Istud (Area Sanità e Salute) con lo scopo di raccoglierne le esperienze di inserimento lavorativo e occupazione. Una raccolta sistematica delle narrazioni promossa con il duplice obiettivo di evidenziare un tema ancora taciuto e soggetto a stigma, nonché di contribuire a sensibilizzare gli stakeholders del mondo occupazionale, quindi dalle istituzioni alle agenzie per il lavoro fino ai referenti delle risorse umane.
L’iniziativa è rivolta a tutte le persone con epilessia maggiorenni sul territorio nazionale, che potranno accedere allo strumento di indagine attraverso un apposito sito. In maniera autonoma, immediata e nel totale rispetto dell’anonimato sarà possibile raccontare sia le esperienze di buone pratiche che quelle, al contrario, di criticità vissute durante la ricerca dell’occupazione e sul lavoro.
“Il proposito di questa raccolta sistematica delle narrazioni – ha spiegato il professor Oriano Mecarelli, Past President Lice – è quello di contribuire a migliorare l’accoglienza e l’integrazione delle persone con epilessia nel mondo del lavoro, riducendo lo stigma e valorizzando le potenzialità e le risorse a disposizione sia di chi soffre di epilessia, sia dei datori di lavoro e dei colleghi. L’occupazione delle persone con epilessia è una questione complessa per la molteplicità di fattori che concorrono, dalla condizione clinica al contesto familiare e sociale di riferimento, alla tipologia di azienda e rischio lavorativo correlato. Non esiste una soluzione univoca. La carenza di direttive di comportamento uniformi tra medici curanti, istituzioni, aziende e medici del lavoro, unitamente al forte stigma sociale ancora radicato e riscontrato tra i datori di lavoro, rendono necessario affrontare in maniera sistematica e integrata la questione dell’occupazione della persona con epilessia”.
La scelta di comunicare o meno la condizione di epilessia nella fase di ingresso nel lavoro è una questione centrale per la quale si rendono necessarie rassicurazioni, autostima, responsabilità, ma soprattutto un adeguato piano di welfare aziendale, affinché la persona con epilessia possa comunicare liberamente la propria condizione, senza temere ripercussioni in sede di selezione e nel suo percorso lavorativo. La comunicazione della propria diagnosi potrebbe ridurre lo stato di ansia e insicurezza della persona con epilessia e favorire la buona riuscita dei colloqui lavorativi.
“L’indagine – commenta Laura Tassi, presidente Lice – rappresenta la nuova tappa di un percorso già avviato da Lice e Fondazione Istud, che nei mesi scorsi avevano annunciato la formazione di un tavolo di consenso coinvolgendo per la prima volta gli stakeholder più rappresentativi del mondo clinico, giuridico, istituzionale, socio-sanitario e associazionistico, per finalizzare direttive di comportamento uniformi tra medici curanti, Istituzioni, aziende e medici del lavoro”.
Redazione Nurse Times
Fonte: PharmaStar
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