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Vaccino per l’Aids: la prossima sfida di Moderna

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Coronavirus, Moderna rilancia: "Nostro vaccino efficace al 94,1%. Fino al 100% per le forme gravi"
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L’azienda statunitense, tra le prime a produrre un siero anti-Covid, lavora a un altro progetto che potrebbe fare la storia della medicina.

Con l’entrata in commercio dei vaccini a mRna si apre un nuovo capitolo della medicina. Erano più o meno vent’anni che enti di ricerca, compagnie biotecnologiche e industrie farmaceutiche tentavano di sviluppare terapie basate sull’acido ribonucleico. Ora questa possibilità è diventata realtà e sono in molti a crederci, come dimostra l’interesse dei colossi farmaceutici ad avviare collaborazioni o acquisizioni per assicurarsi questa tecnologia.

Lo scorso marzo Gsk ha annunciato una nuova alleanza strategica con Isis Pharmaceuticals per sviluppare insieme nuove terapie per malattie rare e malattie infettive, utilizzando la piattaforma di farmaci antisenso (la piattaforma Isis sviluppa terapie che si legano all’Rna messaggero e inibiscono la produzione di proteine che causano malattie). Subito dopo Sanofi ha anticipato 160 milioni di dollari (e potrebbe aggiungerne altri 310 milioni) per acquistare la biotecnologia della startup Tidal Therapeutics, che utilizza l’mRna per riprogrammare le cellule immunitarie all’interno del corpo umano.

In pratica, una terapia cellulare “pronta all’uso”, in cui i pazienti potrebbero produrre le proprie cellule Car-T, eliminando la complessa filiera che caratterizza questa terapia cellulare, migliorando sicurezza e dosaggio. Un’applicazione che, oltre che per i tumori, potrebbe funzionare anche nelle malattie infettive. E mentre sta perseguendo, in collaborazione con Translate Bio, la ricerca di un vaccino a mRna per il coronavirus, Sanofi ha firmato ieri anche un accordo fill and finish per produrre fino a 200 milioni di dosi del vaccino Moderna.

E proprio Moderna, nei dieci anni trascorsi dalla sua nascita, si è trasformata da startup di ricerca che promuove programmi nel campo dell’Rna messaggero (mRna) in impresa con un portafoglio clinico diversificato di vaccini e terapie, con in pipeline 24 programmi in cinque aree terapeutiche, 14 dei quali già in fase clinica: malattie infettive, immuno-oncologia, malattie rare, malattie cardiovascolari e malattie autoimmuni.

“Con il vaccino abbiamo dimostrato che si possiamo tagliare i tempi e adattare la tecnologia molto rapidamente, come facciamo con le varianti di Sars Cov-2. Si tratta di una piattaforma. Quello che cambia è la sequenza dell’Rna – racconta in una video-intervsita Andrea Carfì, responsabile della ricerca sui vaccini e sulle malattie infettive di Moderna –. Questo dovrebbe nel tempo facilitare anche l’autorizzazione da parte delle agenzie regolatorie, in quanto la tecnologia è ormai collaudata”.

Riuscire a prevenire il Covid-19, ha incoraggiato la società, che nell’ultimo anno è passata da 820 a 1.300 dipendenti, a perseguire programmi di sviluppo più ambiziosi. Oltre a provare la sua piattaforma per contrastare il Citomegalovirus (Cmv), il virus respiratorio sinciziale (Vrs), c’è anche il vaccino contro l’influenza, con studi clinici già avviati. “Utilizzando la stessa tecnologia impiegata per il Covid, stiamo lavorando a un nuovo vaccino che potrebbe essere efficace al 90% o più contro l’influenza (quelli attuali arrivano al 60%, ndr) – precisa Carfì –. Inoltre possiamo modificarlo rapidamente per adattarlo alle mutazione annuali del virus”.

Ma tra i progetti di Moderna ce n’è uno particolarmente ambizioso, ovvero quello di ottenere un vaccino per l’Aids. Se alla fine dovesse risultare vincente, sarebbe il primo vaccino approvato per l’Hiv, che colpisce ancora 38 milioni di persone in tutto il mondo. Un traguardo che, come per il vaccino per il Covid, farebbe la storia della medicina.

Così, quando gli chiediamo come ci si sente a essere uno dei protagonisti di una rivoluzione scientifica, Carfì timidamente ci tiene a sottolineare che si tratta di un risultato frutto di un team: “Ho lavorato molto fin dall’inizio a questo vaccino, ed eravamo in 18. Ora siamo in 50 e arriveremo a 80. Quando si lavora in team, riuscire a portare le persone in una certa direzione è un altro aspetto gratificante. Certo, se penso all’innovazione che da un lato ha permesso di aiutare a salvare il mondo e dall’altro a cambiare il settore della medicina, fa un certo effetto, ma davanti abbiamo un futuro che offre ancora molte opportunità. AQuando deciderò di fermarmi, potrò guardarmi indietro ed essere soddisfatto di quello che ho fatto”.

Redazione Nurse Times

Fonte: Il Sole 24 Ore

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