Il presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco fa il punto della situazione riguardante la misteriosa malattia che colpisce i bambini. Intanto scatta l’allarme anche negli Stati Uniti.
Non esiste alcun collegamento tra le epatiti acute nei bambini e il vaccino anti-Covid. Lo ha confermato il virologo Giorgio Palù, presidente dell’Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa), in un’intervista rilasciata al Corriere della Sera.
“Sì, è un’ipotesi definitivamente abbandonata dopo l’attenta indagine condotta dalla Agenzia britannica per la sicurezza sanitaria”, ha detto l’esperto, a poco meno di un mese da quando, il 5 aprile scorso, il Regno Unito ha segnalato all’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) l’aumento di epatiti acute in bambini sani sotto i dieci anni, senza riuscire a individuarne bene le cause e spiegando come, tra queste, possa esserci anche quella di un nuovo virus.
“Dal 20 aprile sono stati segnalati 166 casi di epatite acuta, 111 nel Regno Unito, i primi descritti a livello internazionale – ha riferito Palù, ripercorrendo le tappe della vicenda –. Per la maggior parte si tratta di bambini sotto i cinque anni, dunque non vaccinati. Lo stesso fenomeno è stato segnalato negli Stati Uniti (12 casi), in Israele (12) e in Giappone (1). In Europa i casi confermati sono stati 55. In Italia gli episodi di epatite acuta sospetti sono 17, nessuno confermato ufficialmente”.
Con il coronavirus praticamente escluso dalle possibili cause. La sua correlazione, infatti, è definita “molto improbabile” dal presidente di Aifa: “La sintomatologia non è riconducibile direttamente al Covid, anche se il 16% dei casi erano positivi a Sars-CoV-2. Una percentuale molto vicina a quella che si riscontra nella popolazione pediatrica, considerando che molti bimbi hanno avuto l’infezione in assenza assoluta di sintomi”.
Tra le cause più accreditate si era parlato anche dell’adenovirus, agente patogeno più comune, rilevato nel 75% dei casi confermati di epatiti acute nei bimbi in Gran Bretagna e, in particolare, del ceppo di adenovirus chiamato F41. Infatti, come confermato da Palù, “su 53 episodi esaminati dall’Agenzia britannica, 40 erano positivi all’adenovirus, e questo sembra ora il maggiore imputato, dato che è un microrganismo noto come causa di infezioni respiratorie e gastroenteriche in bambini e negli adolescenti”. Attualmente, ha aggiunto, “sono in corso approfondimenti di genetica e su campioni di fegato per capire se si tratti di un ceppo diverso da quelli conosciuti”.
C’è, in conclusione, la possibilità che la vera causa di questo anomalo aumento di casi di epatite acuta tra i piccoli pazienti sia un nuovo virus? “Non si può escludere del tutto – ha concluso Palù –. Bisognerebbe però dimostrarlo e i dati sono ancora troppo pochi e recenti. Ricordo che nell’89 i futuri premi Nobel per la medicina, Houghton, Alter e Rice, identificarono il virus C come causa di un’epatite allora definita non A-non B”.
Inttanto l’allarme è scattato anche negli Usa, dove i casi sono arrivati a 109 in 25 Stati dell’Unione. Cinque bimbi sono morti e il 14% dei piccoli malati ha dovuto subire un trapianto di fegato. Tutti erano sani prima di manifestare l’epatite. I Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie (Cdc) stanno pertanto studiando la misteriosa nuova sindrome epatica.
Jay Butler, vicedirettore del dipartimento malattie infettive dei Cdc, ha fatto presente che non c’è una spiegazione apparente alla comparsa della malattia in forma così grave trai più piccoli. E’ molto raro che i bambini manifestino la malattia in forma così acuta da portare a insufficienza epatica. Cause virali comuni ai vari tipi di epatite sinora conosciute sono state escluse e la presenza di un adenovirus è stata riscontrata nel 50% dei piccoli malati Usa. Ma il suo ruolo non è chiaro. “Bisogna capire che è una situazione in evoluzione e non è detto che tutti casi di epatite pediatrica acuta che stiamo studiando dipendano dalle stesse ragioni”, ha spiegato Butler.
Redazione Nurse Times
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