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Encefalopatia epilettica ipsaritmica: la sindrome di West

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La Sindrome di West è una ipsaritmia, cioè è una attività elettrica cerebrale anormale, caratterizzata da una disorganizzazione d’insieme

L’ipsaritmia si osserva anche in alcune sindromi dismetaboliche, come la fenilchetonuria e la gangliosidosi, e in alcune anomalie congenite, come quella in questione.

La sindrome di West ha età di esordio nell’infanzia clinicamente sotto forma di spasmi infantili e la sua prevalenza è di 9 casi su 100.000 dal punto di vista genetico la sua trasmissione è legata al cromosoma “X”.

È l’encefalopatia epilettica più frequente associata a ritardo psicomotorio. L’esordio è molto precoce, ovverosia intorno ai 7 mesi di vita.

È bene segnalare che gli spasmi possono limitarsi a deviazioni oculari verso l’alto o comparire in serie, separati da intervalli di 5 – 30 secondi, e possono durare più di 10 minuti. Gli spasmi diventano più intensi man mano che le serie progrediscono.

La diagnosi si basa sul quadro clinico e sul tracciato EEG.

La diagnosi differenziale può essere problematica e si pone con la sindrome di Sandifer, con le mioclonie benigne, con la iperekplexia, con il reflusso gastro-esofageo e con periodi di trattenimento del respiro.

La triade che in definitiva inquadra la malattia è:

  1. contrazioni muscolari assiali improvvise;
  2. ritardo o deterioramento psicomotorio;
  3. attivita all’elettroencefalogramma definita ipsaritmia.

Il trattamento è farmacologico. I due trattamenti più efficaci sono la vigabatrina (spesso usata come terapia di prima scelta) e i corticoidi (usati in caso di insuccesso della vigabatrina).

L’intervento chirurgico è utile solo nel caso di lesioni cerebrali localizzate.

La prognosi dipende dall’eziologia e dalla prontezza con la quale viene avviato il trattamento. Anche dopo una prima risposta al trattamento, la ricorrenza si presenta entro 6 mesi nel 30% dei casi.

Gli spasmi tendono a risolversi dopo i 5 anni di vita anche se sono state riportate delle recidive.

Nel 75% dei neonati sono presenti sequele motorie, sensitive o mentali e, nel 50-60% dei casi l’epilessia è resistente alle cure.

 

CALABRESE Michele

Fonte:

www.orpha.net

 

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