La tragedia è avvenuta nel reparto di Chirurgia Vascolare dell’ospedale Cattinara (Trieste). Elena Peschier, infermiera di 37 anni, si è suicidata iniettandosi una dose letale di insulina e barbiturici.
Chissà per quanto tempo, cara Elena, sei rimasta lì, in bilico sull’orlo della disperazione. Da sola, in punta di piedi ed in silenzio, quasi a non voler disturbare nessuno. Mentre provavi a capire, ad una spanna dalla soglia della morte e con lo sguardo impantanato in una disinteressata apatia, se quella era davvero una vita che valeva la pena di essere vissuta. E poi hai deciso. Alla fine di un turno di notte come tanti, nel ‘tuo’ reparto di Chirurgia Vascolare all’ospedale Cattinara (Trieste).
Erano circa le sei di mattina quando hai chiuso a chiave, alle tue spalle, la porta che si trova esattamente a metà del corridoio del tuo reparto. Eri sola, nessuno ti ha vista entrare lì e nessuno ha notato nulla di strano. Anche perché c’è veramente poco di strano, nel vedere un’infermiera che a fine turno se ne va in bagno. I pazienti dormivano. Le colleghe del turno di mattina non erano ancora arrivate. L’altra collega della notte era in medicheria a scrivere le consegne. In una quiete quasi surreale, ti sei seduta in terra, in un angolo. Hai frugato nella tasca del tuo camice azzurro e hai preso quelle fiale… barbiturici e insulina. Le hai aspirate con cura tramite una siringa, come facevi sempre quando preparavi la terapia per i 15 pazienti del tuo reparto. Chissà se poi ti sei fermata un po’ a pensare ai tuoi affetti, alla tua vita e ai tuoi 37 anni. Chissà se nel momento di pungere quella vena hai avuto qualche attimo di esitazione… chissà se hai pianto, infermiera, mentre lo stantuffo ti spingeva in corpo quel cocktail letale.
L’allarme è scattato attorno alle 6:30 quando le tue colleghe, non vedendoti ormai da parecchio tempo, hanno iniziato a cercarti un po’ ovunque: nelle stanze di degenza dove riposano i pazienti, nei magazzini e negli altri piani. Eri sparita. Poi qualcuno è andato sospettoso verso il bagno e ha trovato la porta chiusa. Ha bussato energicamente, chiamandoti ad alta voce. Niente. Ha quindi avvisato gli altri e tutti sono accorsi, finché un collega con un passepartout ha aperto la porta.
Tu eri lì, esanime. Riversa sul pavimento e con la siringa ancora in mano. In pochi istanti, purtroppo, è stato tutto chiaro. I tuoi colleghi hanno subito allertato i soccorsi, hanno provato a rianimarti, ma il tuo cuore aveva ormai cessato di battere da tanto, troppo tempo.
Queste sono state le parole del direttore generale dell’Azienda sanitaria e ospedaliera Nicola Delli Quadri, diffuse in una nota: “La ricordiamo con stima, affetto e apprezzamento per le sue doti umane e professionali – ha aggiunto -. Esprimiamo sentita e profonda vicinanza e condivisione per il dolore dei familiari e dei colleghi che hanno avuto con lei un’ importante esperienza di vita e di lavoro in comune”.
Un gesto estremo, difficilmente prevedibile, che ha lasciato tutti senza parole. I vertici sanitari, rimasti attoniti e quasi scioccati. E i tuoi colleghi, disperati, in lacrime davanti a quel bagno e totalmente ignari del dramma interiore che ti stava consumando l’anima; chissà da quanto tempo. Dramma che purtroppo ti ha spinta ad imboccare l’unica strada che ti è sembrata percorribile, nel tuo insopportabile dolore. Una strada buia, triste e senza ritorno.
Addio, Elena. Infermiera.
Fonte: Il Piccolo
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