- Questo studio stima l’efficacia dei vaccini BNT162b2 e ChAdOx1 nCoV-19 rispetto alla variante delta SARS-CoV-2 utilizzando i dati provenienti dall’Inghilterra.
- L’efficacia di entrambi i vaccini era inferiore del 10-15% rispetto alla variante delta SARS-CoV-2 rispetto alla variante alfa.
- Le politiche che ritardano una seconda dose vaccinale dovrebbero essere riesaminate alla luce di questi nuovi dati.
Oggetto di studio:
Qual è l’efficacia dei vaccini BNT162b2 (Pfizer-BioNTech) e ChAdOx1 nCoV-19 (AstraZeneca) contro la malattia sintomatica causata dalla grave sindrome respiratoria acuta coronavirus 2 (SARS-CoV-2) variante delta (B.1.617.2)?
Metodi:
Utilizzando i dati su tutte le persone in Inghilterra che sono state vaccinate contro il coronavirus 2019 (COVID-19) fino al 16 maggio 2021, i ricercatori hanno cercato di stimare l’efficacia della vaccinazione contro la malattia sintomatica causata dalla variante delta o dal ceppo predominante (B.1.1.7, o variante alfa) utilizzando due approcci.
Dapprima hanno confrontato lo stato vaccinale nelle persone con COVID-19 sintomatico con lo stato vaccinale nelle persone che hanno riportato sintomi ma hanno avuto un test negativo. In secondo luogo, hanno stimato la percentuale di persone con casi causati dalla variante delta rispetto al principale virus circolante (la variante alfa) in base allo stato vaccinale.
Questa analisi presuppone che una proporzione simile di casi di entrambe le varianti sia prevista negli individui vaccinati e non vaccinati se il vaccino fosse ugualmente efficace contro entrambe le varianti. Sono state escluse le persone che in precedenza erano risultate positive prima del periodo di analisi. L’efficacia del vaccino è stata stimata tra le persone con una data di insorgenza dei sintomi che era di 21 giorni dopo la prima dose di vaccino e 14 giorni dopo la seconda dose di vaccino.
Risultati:
I casi di COVID-19 in individui vaccinati di almeno 16 anni erano 19.109; con la variante alfa rilevata in 14.837 campioni e la variante delta in 4.272 campioni. L’efficacia dopo una dose di vaccino (BNT162b2 o ChAdOx1 nCoV-19) è stata inferiore tra le persone con la variante delta (30,7%; intervallo di confidenza del 95% [CI], 25,2-35,7) rispetto a quelle con variante alfa (48,7%; IC 95%, IC 45,5-51,7); senza differenze significative tra i vaccini.
Una piccola differenza è stata osservata nell’efficacia dopo la seconda dose: il BNT162b2 aveva un’efficacia del 93,7% (95% CI, 91,6-95,3) tra le persone con la variante alfa e dell’88,0% (95% CI, 85,3-90,1) tra quelle con la variante delta. Il vaccino ChAdOx1 nCoV-19 aveva un’efficacia di due dosi del 74,5% (IC 95%, 68,4-79,4) tra le persone con la variante alfa e del 67,0% (IC 95%, 61,3-71,8) tra quelle con la variante delta.
Conclusioni:
L’efficacia complessiva dei vaccini dopo una singola dose è stata inferiore per la variante delta rispetto alla variante alfa. Il vaccino BNT162b2 ha mostrato un’efficacia leggermente migliore dopo la seconda dose rispetto a ChAdOx1 nCoV-19.
La variante B.1.617.2 (delta) della SARS-CoV-2, che è stata il colpevole di una massiccia impennata in India, è ora rilevata in tutto il mondo e ha minacciato il successo dei recenti progressi contro covid-19. Mentre ci sono stati dati precedenti sulla ridotta neutralizzazione dei vaccini con altre varianti (in particolare la variante beta B.1.351), questo studio mostra chiare differenze nell’efficacia dei vaccini tra la variante alfa e delta, in particolare per quanto riguarda il numero di dosi.
L’efficacia degli attuali vaccini dopo la prima dose è apparsa inferiore rispetto alla variante delta, che ha importanti implicazioni di politica sanitaria per quanto riguarda il programma di somministrazione del vaccino. Diverse nazioni hanno adottato un programma di somministrazione ritardata per massimizzare la proporzione della popolazione con almeno una singola dose.
L’accorciamento dell’intervallo tra le dosi può essere considerato, poiché la variante delta sta diventando dilagante e i casi aumentano in tutto il mondo. Per fortuna, un regime di vaccinazione a due dosi sembra essere efficace contro la variante delta. L’attuazione di politiche volte a incoraggiare la vaccinazione è più importante che mai.
Il prof. Bruno Cacopardo, Direttore Malattie Infettive Università Di Catania e membro del Consiglio Direttivo Nazionale della Società Di Malattie Infettive e Tropicali, scrive in merito allo studio :
“Poche ore fa è stato pubblicato questo lavoro assolutamente decisivo, concentrato a valutare il subset dei soggetti che si infettano con la variante Delta: lo studio confronta gli esiti clinici e virologici tra vaccinati e non vaccinati. Quello che emerge con drammatica evidenza è che, oltre alla ben nota protezione clinica (nessuno dei vaccinati muore e nessuno va in ospedale) , nei vaccinati il tempo di declino della carica virale (pur partendo dalla stessa concentrazione virale dei non vaccinati) risulta, alla fine, circa 5 volte più rapido. La fase di eliminazione virale nasofaringea nel gruppo dei vaccinati è tanto breve da apparire quasi impercettibile. Ergo…i vaccinati albergano il virus variante per molto meno tempo e a chiunque si intenda , anche da amatore, di virologia, comprenderà che i vaccinati hanno una probabilità esponenzialmente più bassa dei non vaccinati sia di contagiare che di elaborare una mutazione. Si chiude qui (almeno per me) definitivamente, la questione vaccinale: di fronte alle evidenze incontrovertibili il silenzio è d’oro. Da oggi in poi ogni discussione sulla contagiosità e sulla patogenicità dei vaccinati (percorribile finchè si vuole in un regime libertario e in un paese in cui davanti ad un boccale di birra si può sostenere qualsiasi tesi) avrà la stessa valenza anticopernicana della ipotesi che sia il Sole a girare attorno alla Terra.”
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