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Dislessia, identificate 42 varianti genetiche

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Dislessia fonologica e superficiale: individuati i correlati anatomici
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Uno studio coordinato dall’Università di Edimburgo, al quale hanno preso parte anche ricercatori italiani, aiuterà a capire meglio perché alcuni bambini hanno difficoltà a leggere o scrivere.

Per la prima volta sono stati identificati in modo affidabile i geni legati alla dislessia, disturbo dell’apprendimento che incide sulla capacità di leggere, e a volte di scrivere, in modo corretto e fluente. Sono 42 varianti genetiche, alcune già in precedenza collegate alle capacità cognitive, ma per la maggior parte del tutto nuove e mai associate a questo disturbo.

Il risultato, pubblicato sulla rivista Nature Genetics, si deve alla ricerca coordinata dall’Università di Edimburgo (Scozia), alla quale hanno preso parte anche ricercatori italiani che lavorano all’estero. Lo studio, finora il più vasto sulla dislessia, aiuterà a capire meglio perché alcuni bambini hanno difficoltà a leggere o scrivere.

I ricercatori, guidati da Catherine Doust, hanno esaminato il Dna di 50mila adulti dislessici e di oltre un milione di persone che non presentano questo disturbo. All’interno di milioni di varianti genetiche sono state rintracciate associazioni con la dislessia e sono state così identificate le 42 varianti. Di queste, molte risultano collegate anche alla sindrome da deficit di attenzione e iperattività (Adhd), e tante erano presenti anche nei partecipanti di lingua cinese, cosa che suggerisce che i processi cognitivi alla base dell’imparare a leggere non dipendono dal tipo di linguaggio utilizzato.

“I nostri risultati mostrano che le varianti genetiche hanno effetti molto simili sia nei ragazzi che nelle ragazze, e che esiste un legame genetico tra dislessia e ambidestrismo (la capacità di usare indistintamente entrambe le mani) – spiega Michelle Luciano, co-autrice dello studio –. Lavori precedenti suggerivano che alcune strutture cerebrali potessero essere alterate nelle persone con dislessia, ma non abbiamo trovato prove di questo nei geni identificati”.

Redazione Nurse Times

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