Le cellule staminali passerebbero da uno stato di inattività ad uno di funzionalità attiva a seguito di fasi programmate di digiuno programmato
Ebbene si, digiunare, secondo un criterio indicato da uno specialista e senza improvvisarsi d’emblée “dietologi” comporterebbe un vantaggioso elemento salutare per il nostro organismo.
È quanto è emerso da un eccellente studio pubblicato su “cell Stem Cell”.
La rivista sulla quale è possibile documentarsi dello studio e che brevemente è riportato nel presente articolo, narra che una dieta calorica restrittiva (cioè qualche giorno di digiuno) è una potente terapia per contrastare o alleviare l’invecchiamento o la distruzione del sistema immunitario nonché “l’eliminazione di cellule anomale, precursori di cellule cancerogene.”
Analiticamente, descritto in modo breve, il digiuno attiva l’ossidazione degli acidi grassi migliorando la funzione delle cellule staminali intestinali nelle fasi omeostatiche e di invecchiamento. Il digiuno induce l’ossidazione degli acidi grassi (FAO) nelle cellule staminali e progenitrici intestinali.
La dieta caratterizzata da un basso tenore calorico ha, in definitiva, un profondo effetto sulla rigenerazione dei tessuti.
Il ruolo delle cellule staminali e progenitrici adulte nel rispondere al digiuno a breve termine (seguito da uno specialista) migliorano la rigenerazione.
I padri della ricerca (University of Southern California) confermano dunque che il digiuno innesca un meccanismo rigenerativo che spinge le staminali a creare nuovissime cellule del sangue, nuovissimi globuli bianchi in particolare, essenziali per ripristinare l’intero sistema immunitario, promuovere la rigenerazione di cellule staminali del sistema ematopoietico.
A ben vedere la qualità dello studio oltre a significare un notevole aiuto che offrirebbe un regime alimentare sano, e nel contesto ipocalorico, aprirebbe la via alla presa in carico con nuova strategia di approccio, a pazienti con patologie del sistema immunitario, patologie autoimmuni e condizioni in cui si ha soppressione del medesimo (cicli di chemioterapia ad esempio).
Il digiuno prolungato costringe il corpo a utilizzare depositi di glucosio, grassi e chetoni, ma attinge anche ad una parte significativa di globuli bianchi, che inizialmente diminuiscono: successivamente, alla ripresa dell’alimentazione, essi vengono rigenerati
In particolare, il digiuno prolungato riduce una protein-chinasi A (PKA), abbassa i livelli del fattore di crescita insulino simile (IGF–1 insuline-like growth factor). Quest’ultimo è un ormone collegato a invecchiamento, progressione dei tumori e rischio di cancro. Infatti per questo è fortemente sconsigliato ai malati di cancro di assumere latticini che invece stimolano l’IGF-1.
CALABRESE Michele
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