Lo sostiene Annalisa Noce, professore associato di Nefrologia all’Università degli Studi di Roma Tor Vergata.
Intestino e cervello non solo si “parlano”, ma si influenzano a vicenda, e quello che mangiamo può infiammare il nostro cervello e portarci verso malattie neurodegenerative quali Parkinson e Alzheimer.
Ne è convinta Annalisa Noce, professore associato di Nefrologia all’Università degli Studi di Roma Tor Vergata, secondo la quale “attraverso il microbiota intestinale, ossia l’insieme dei microrganismi che colonizzano il sistema gastrointestinale, si instaura una comunicazione con il sistema nervoso centrale che in alcuni casi può danneggiarlo”. In che modo e quando è l’esperta stessa a chiarirlo: “Se si seguono le diete di tipo occidentale ricche di grassi saturi, sale e zuccheri semplici, nonché povere di fibre alimentari”.
Il ruolo della dieta nello sviluppo delle disfunzioni correlate all’insorgenza delle malattie infiammatorie croniche, tra cui quelle neuro-infiammatorie, “sta diventando sempre più chiaro”, spiega Noce ad Adnkronos Salute. E aggiunge: “Non a caso la comunità scientifica si sta concentrando sullo studio dei meccanismi alla base delle risposte infiammatorie croniche di basso grado e dello stress ossidativo, fattori coinvolti nell’insorgenza delle patologie neurologiche, tra cui Alzheimer e Parkinson. Tra i numerosi meccanismi messi in luce, le sostanze nutritive (macro e micro-nutrienti) e i composti naturali bioattivi, presenti negli alimenti, sembrano giocare un ruolo fondamentale”.
La dieta mediterranea, ricca di frutta e verdura, legumi e cereali integrali e povera di zuccheri semplici, grassi saturi e carni rosse, è stata associata a un ridotto rischio di sviluppare le patologie neurodegenerative con base infiammatoria – riporta una nota – grazie alla modulazione del microbiota intestinale.
Al contrario, una dieta di stampo occidentale genera uno stato infiammatorio cronico di basso grado che si correla con un aumento del rischio di sviluppare le patologie neuro-infiammatorie, nonché con una loro progressione più repentina, oltre a favorire “la proliferazione di batteri gram-negativi – rimarca Noce – come l’Escherichia coli che producono endotossine, le quali contribuiscono allo sviluppo di uno stato infiammatorio sistemico che si correla all’insorgenza delle patologie neuro-infiammatorie”.
“Il microbiota intestinale rappresenta un componente essenziale del metabolismo sistemico – sottolinea l’esperta -. I batteri che lo costituiscono svolgono numerose funzioni per l’ospite (uomo) e sono coinvolti nell’assorbimento dei nutrienti e nella sintesi di numerosi metaboliti, indispensabili per la salute umana”.
Sempre Noce: “Il microbiota intestinale svolge, inoltre, un ruolo fondamentale nella modulazione delle funzioni del sistema immunitario e del sistema nervoso, sia attraverso la produzione diretta di molecole bioattive, che influenzano il rilascio di ormoni e neurotrasmettitori, sia attraverso la regolazione delle funzioni delle cellule immunitarie, come la produzione di citochine pro-infiammatorie. Pertanto il microbiota intestinale è in grado di comunicare attraverso un asse bidirezionale che integra il sistema gastrointestinale con quello nervoso, il cui funzionamento è fondamentale per il mantenimento della salute umana”.
Conclude Noce: “La dieta mediterranea è ricca di molecole bioattive, soprattutto di origine vegetale, in grado di esercitare importanti azioni benefiche per l’organismo umano, tra cui un’azione antinfiammatoria. Tra tutte le molecole bioattive, i polifenoli, presenti soprattutto in frutta e verdura, sembrano rivestire un ruolo fondamentale. Al livello dell’intestino, i polifenoli subiscono delle trasformazioni da parte dai batteri del microbiota intestinale per produrre metaboliti in grado di esercitare un’azione antinfiammatoria”.
Dunque via libera agli alimenti ricchi in polifenoli, in grado di contrastare la neuro-infiammazione, tra questi “l’olio extravergine d’oliva, i mirtilli, il cioccolato fondente e il tè verde”.
Redazione Nurse Times
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